Le notizie che arrivano dal Fondo monetario internazionale non sembrano affatto buone per l’Italia. Ma anche dalla lettura di questi dati, nonostante la durezza dei numeri e il momento di grave disagio che si vive, si può leggere la ricerca di un nuovo equilibrio della politica economica europea. Non ci si vuole arrampicare sui vetri, ma solamente fare delle considerazioni il più possibile precise e calzanti. Ilsussidiario.net ha interrogato al proposito il professor Luigi Campiglio, docente di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, che osserva sempre con attenzione i dati forniti dagli organismi internazionali e le valutazioni complessive che vengono espresse.
Dal Fmi è arrivata una sorta di “doccia fredda” dal Fmi: l’Italia non raggiunge il pareggio di bilancio. Nel 2012 il deficit si attesterà al 2,8% del Pil e scenderà nel 2013 al 2,3%. Il debito invece salirà al 125,3% quest’anno e al 126,6% nel 2013.
Direi che, presi in sé, i dati non sono gravissimi. Ma certo la fotografia esatta, determinata anche da queste cifre, è quella di un Paese che sconta una crisi economica molto grave. Che non è solo sua. È un Paese che resterà ancora in una fase di grande austerità. Vedo che c’è il riconoscimento dell’avanzo primario, quasi tre punti, ma la verità dei fatti è che con questa manovra noi abbiamo fatto sostanzialmente una cosa: abbiamo pagato i creditori esteri. Peraltro in un periodo in cui i tassi sono aumentati. Non c’è nulla da fare. Se gli interessi sul nostro debito con i creditori esteri erano di circa 40 miliardi, non è difficile prevedere che ormai ne occorreranno 5 in più. Non bisogna mai abbandonare la speranza, soprattutto in un momento come questo, ma è bene rendersi conto che la crescita è una cosa più complicata, non è un fatto semplice. Per l’Italia quindi il periodo di austerità è destinato ad aumentare.
È possibile che tutti abbiano preso coscienza di questo fatto, anche della speranza che non deve mancare mai. Ma il Paese comincia a dare segnali di insofferenza. Questo “pacchetto” di liberalizzazioni non viene “digerito” da tutti. Anche se il Fmi riconosce all’Italia di aver imboccato la strada giusta sul risanamento del bilancio e sulle riforme, con le prime liberalizzazioni. Che ne pensa?
Credo che questo “pacchetto” di liberalizzazioni dipenda anche dalla cultura e dall’esperienza che il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha fatto in Europa come Commissario alla concorrenza. Ma mi permetto di dire che in questo caso, per l’Italia, il problema è un po’ diverso. Io non riesco a comprendere bene come si possa dire che il Paese con questi provvedimenti possa riprendere a crescere, possa aumentare il suo Pil. Ma non vorrei levare speranze e ci tengo a prendere il meglio che mi suggeriscono queste liberalizzazioni. Possono essere dei provvedimenti preliminari, sulla carta rappresentano dei fatti che consentono di contrastare una determinata situazione. Ma, a mio avviso, con questo “pacchetto” è possibile che si stia guardando ad altro, in sede europea.
In che senso?
In questi giorni si sta giocando una grande partita in Europa: quella delle nuove regole europee. Questo riguarda il calcolo del disavanzo. E qui bisognerebbe fare delle distinzioni sul disavanzo contabile e quello sul pieno impiego delle risorse, che non è semplicissimo calcolare. In tutti i casi, l’Italia potrebbe anche porre la domanda: se non ci fosse la crisi quale sarebbe il disavanzo? Poi c’è questo “pacchetto” di liberalizzazioni, c’è questo schema sulla carta, che viene anche valorizzato dal Fmi. Io in tutto questo penso di vedere un indirizzo politico, in pratica uno strumento di contrattazione al tavolo europeo delle nuove regole. In sintesi, vedo un’interpretazione politica, ma non in senso negativo. Monti può a questo punto giocare le sue carte con chi pretende sempre rigore. Gli argomenti per una trattativa non dovrebbero mancargli in una situazione come questa.
In tutti i casi, anche di fronte a questo “pacchetto”, liberalizzare il Paese è un’altra cosa. O no?
Le liberalizzazioni non sono una cosa facile. E occorre stare attenti a non ricadere in errori di qualche hanno fa, quando si fecero delle privatizzazioni che poi non portarono a nessuna vera liberalizzazione.
C’è una “stoccata” finale sull’Italia del Fmi. Carlo Cottarelli, direttore del dipartimento degli Affari di bilancio del Fondo avrebbe detto (il condizionale dipende dal fatto che la dichiarazione è stata poi smentita) che l’Italia, da sola, non ce la può fare. Contro la crisi del debito sovrano in Europa occorre “un firewall forte e strutturato in modo convincente”. Il Fmi sembra quindi smentire la Germania, che invece aveva detto che l’Italia ce la può fare da sola.
Io leggo tra le righe del report del Fmi alcune cose che possono essere interessanti. È importante quello che dice il Fmi. Si potrebbero ricordare solo gli ultimi mesi di speculazione fatta contro le banche italiane. La realtà è che l’attacco è rivolto non solo ai singoli paesi, ma complessivamente all’euro, all’eurozona. Questo non dovrebbe dimenticarlo neppure la signora Merkel, che a volte è eccessivamente zelante nel sottolineare che ogni Paese deve cavarsela da solo. In realtà, l’attacco all’euro deve essere preso in considerazione da tutta l’Europa con risposte adeguate. In sintesi, il Fmi dice che se non ce la fa l’Italia da sola, non ce la fa nessun Paese da solo. E questa è la realtà.
(Gianluigi Da Rold)