Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha annunciato che lascerà il Pdl per entrare nel gruppo misto.
E’ visibilmente scossa, quasi in lacrime mentre comunica la sua uscita dal Pdl. E che, contestualmente, non si spoglierà della carica di ministro. Così è apparsa il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ai cronisti all’uscita da Montecitorio. «Sono amareggiata per come sono andate le cose in Aula, pertanto, non mi riconosco più in questo Pdl, mi dimetto, me ne vado al gruppo misto, ma resto al governo», ha dichirato aggiungendo:«Ovviamente poi chiarirò tutto questo con il presidente Berlusconi». La cosa certa, ha concluso, è che «Fabrizio Cicchitto non può essere più il mio capogruppo». Cos’è accaduto? Poco prima il ministro aveva votato assieme all’opposizione per la sospensione dell’esame del testo sulla libera imprenditorialità ed il sostegno del reddito avanzata dal Pd.
CLICCA >> QUI SOTTO PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO
L’articolo 5 della proposta, in particolare, prevedeva, in via transitoria, che le imprese costituite da disoccupati e cassintegrati fossero esonerate dagli obblighi previsti in materia di comunicazione e catasto dei rifiuti, di registro di carico e scarico dei rifiuti e di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali. La proposta di sospensione è stata bocciata per tre voti, mentre dai banchi del Pdl alcuni deputati urlavano: "dimissioni, dimissioni".
«Il rinvio doveva essere l’unica cosa saggia da fare per approfondire il tutto e verificarlo. Prendo atto che il capogruppo non ha voluto questo, ha voluto esporre il governo a questo tipo di votazione», ha argomentato, in proposito, il ministro dell’Ambiente. Un episodio che, come in molti sostengono, non è che la punta di un iceberg. Da tempo, infatti, il ministro mostra una certa insofferenza nei confronti del proprio partito. Insofferenza ampiamente ricambiata, come mostra la bocciatura del suo capo gabinetto a membro dell’Agenzia per la sicurezza nucleare da parte della Commissione Ambiente di Camera e Senato, bocciatura resa possibile dai voti della sua stessa maggioranza.