L’Europa non finisce mai di stupire. La situazione mondiale è quella nota: crisi economica in altalena tra recessione e depressione; caduta del commercio mondiale; reazione da parte delle due maggiori banche centrali mondiali – quella nordamericana e quella giapponese – per usare la leva inflazionistica e di riduzione del costo del denaro per facilitare la ripresa. Tutto senza una chiara visione teorica e un coordinamento internazionale.
I due principali paesi industriali del mondo operano spinti dalla disperazione e tra immense difficoltà. Difficoltà non solo economiche, ma anche geostrategiche. L’Africa del Nord e l’Africa centrale stanno ribollendo e gli Usa, per i legami storici che hanno costruito nel secondo dopoguerra con i sauditi e con le riserve energetiche da essi controllate, non possono certo disinteressarsi di quelle regioni. Israele, del resto, senza gli Usa scomparirebbe e con esso uno dei cuori della civiltà mondiale. Il Giappone è molto preoccupato per quello che sta accadendo in Cina, dove l’instabilità economica creata dall’incrocio tra monopolio burocratico e pseudo capitalismo sbilancia il potere a favore dei militari.
Quindi il mondo sta profondamente cambiando nelle sue cattedrali: non si può più guardare all’interno, ma bisogna sempre stare di vedetta sulla torre più alta e cambiare radicalmente le proprie politiche economiche e militari. L’Europa non fa nulla di tutto questo. La Commissione europea che si è riunita la scorsa settimana a Bruxelles ha continuato a guardare dentro alla cattedrale, come se attorno non succedesse nulla. Non ha capito che questi sono gli ultimi anni di un’Europa introflessa, autistica, che si dilania tra le sue interne contraddizioni senza comprendere che tra un po’ il mondo la invaderà e la costringerà violentemente a cambiare registro. Invece nulla di tutto questo.
Come ha affermato Claudi Pérez su El Pais di sabato 9 febbraio nella sua corrispondenza da Bruxelles, “l’Europa continua a curare una polmonite come se fosse un semplice raffreddore”. Pérez si riferisce naturalmente solo alla questione economica europea e al fatto che il gruppo dominante l’Unione, ossia i paesi tedeschi e alto-tedeschi (ossia nordici) hanno stretto con il Regno Unito in fuga un accordo per accentuare le politiche di austerità e di rigore che hanno condotto ai disastri che ben conosciamo.
Stupefacente la reazione dei governi italiano e spagnolo. Sia Rajoy, sia Monti sono tornati a casa tutte e due rallegrandosi che sia la Spagna, sia l’Italia riceveranno dall’Europa, nonostante i tagli del bilancio europeo, più di quanto essi ogni anno non conferiscano a essa secondo le quote a suo tempo concordate. È incredibile. Non solo l’Europa non guarda al mondo, ma i singoli paesi europei non guardano neppure a se stessi partendo da una visione europea. Non si possono continuare a usare le retoriche del mercato domestico e dell’integrazione europea se poi si crede di poter usare veramente i fondi ricevuti per provocare la crescita nazionale in un continente che tutto insieme regredirà per le scelte di austerità or ora compiute.
Siamo davanti a una sorta di visione schizofrenica che accompagna il declino di un’Europa sempre più accartocciata su se stessa. In questo contesto è ben difficile ipotizzare una ripresa economica che affronti soprattutto il dramma di 25 milioni di disoccupati continentali. Innanzi a tutto ciò la prova decisiva sarà quella della risposta che il Parlamento europeo darà a questa decisione della Commissione. Tutte le famiglie politiche europee disveleranno se stesse. Se accetteranno questo tipo di riduzione drammatica del bilancio europeo segneranno storicamente la loro fine ideale.