“La mia patria si è trasformata in un laboratorio sperimentale di austerità, ma l’esperimento non ha avuto successo”. A dichiararlo è stato il presidente del Consiglio greco, Alexis Tsipras, intervenendo di fronte al Parlamento europeo. “I soldi dati alla Grecia non hanno mai raggiunto il popolo, i soldi sono stati dati per salvare le banche europee e greche”, ha aggiunto Tsipras. «Come dimostrano i casi di Grecia e Italia – commenta Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – l’applicazione di politiche rigide e di breve periodo sui vincoli del bilancio pubblico finiscono sempre per portarsi dietro recessione e conseguenze economiche e sociali di lungo termine».
Ieri Tsipras ha rivendicato che la Grecia è stata il “laboratorio” dell’austerità, le cui ricette però non hanno funzionato. Che cosa ne pensa di questa affermazione?
Quanto afferma Tsipras è la pura e semplice verità. La Grecia ha fatto tutto o gran parte di quello che la Troika le aveva ordinato di fare, eppure tutto ciò non ha consentito una crescita dell’economia e quindi una capacità autentica di ripagare i debiti. La conseguenza è quindi che bisognerebbe cambiare o comunque migliorare politica economica.
L’Europa ha imparato la lezione?
No. Quello che sta avvenendo è esattamente l’opposto: si ribadisce che la ricetta è quella giusta, ma che evidentemente quanto è stato fatto dalla Grecia non è abbastanza. Tutto ciò mentre abbiamo un’ampia maggioranza di greci che in condizioni tali che più in basso di così non riescono ad andare.
Tsipras ieri ha presentato una richiesta di aiuti al Fondo Salva Stati. Secondo lei può essere accolta?
Un’interpretazione estensiva del ruolo della Bce, che sta “dietro” al Fondo Salva Stati, consentirebbe di compiere quest’operazione. In realtà arriverà la luce verde soltanto se ci sarà un input politico, come è giusto che sia.
Chiedere gli aiuti al Fondo Salva Stati è una mossa giusta sul piano strategico o una strada chiusa?
Il nodo centrale è sempre che l’applicazione di politiche rigide e di breve periodo sui vincoli del bilancio pubblico hanno dimostrato di portarsi dietro recessione come in Grecia e Italia, con conseguenze economiche e sociali di lungo termine. A sette anni dall’inizio della crisi, l’Italia non sta facendo grandi progressi e la Grecia è di nuovo tornata in recessione.
Tutto ciò quale situazione sociale produce?
Le conseguenze sociali sono veramente enormi e arrivano addirittura alla diminuzione del tasso di natalità. In Grecia Pil e natalità si sono ridotti entrambi di circa il 20%. I giovani non hanno né un lavoro né un reddito e non possono guardare al futuro.
Fino a domenica non sono previsti altri vertici. Non sarebbe meglio scegliere un ritmo di incontri più ravvicinati?
E’ una decisione presa con lo scopo di dare tempo e spazio alle diverse nazioni per prepararsi, riunirsi e decidere. Di certo però prolungare i tempi non aiuta la ricerca di una soluzione.
Al vertice di domenica parteciperanno tutti e 28 i Paesi Ue. Significa che le conseguenze della crisi greca non saranno limitate all’area euro?
Un vertice esteso ai 28 Paesi significa che anche gli Stati al di fuori dall’area euro seguono in modo diretto o indiretto le indicazioni dell’Eurozona, e quindi è come se ne facessero parte. Convocare tutti e 28 i Paesi è una decisione da questo punto di vista corretta. D’altra parte c’è chi pensa che l’uscita dall’area euro della Grecia non significhi necessariamente la sua esclusione dall’Ue.
Quali conseguenze in Italia e nel mondo può avere la crisi greca?
E’ un dato di fatto che ci sia stato un impatto rilevante sui mercati italiani e mondiali, come pure che la crisi greca si intrecci con la caduta violenta della Borsa di Shanghai. Tutto ciò comporta rimbalzi in Cina e di conseguenza in Germania e in tutti i Paesi che lavorano con Pechino e Berlino. La mia impressione è che rischiamo di infilarci in una tempesta.
(Pietro Vernizzi)