Tra poche ore sapremo se avremo il governo giallo-verde. Luigi Di Maio e Matteo Salvini saranno infatti ricevuti al Quirinale e dopo l’incontro col Presidente della Repubblica conosceremo i dettagli di questa intesa politica, novità assoluta per il nostro Paese. Sul nome del Primo Ministro è trapelato pochissimo, è circolata invece la suggestiva ipotesi di un Di Maio ministro del Lavoro e del Welfare. Posto che il leader a cinque stelle non ha una grande formazione in materia, è chiaro che questa è un’area che incontra la sua sensibilità politica. Questo per dire che la notizia non ha dell’incredibile.
L’Italia ha storicamente un grosso deficit sul piano del lavoro, se non sulla carta, certamente sul piano attuativo. Le economie avanzate, parallelamente ai cambiamenti che si sono registrati in questi ultimi venti anni, hanno rafforzato gli strumenti di protezione sociale, in particolare investendo sulle politiche attive, ovvero sulla capacità di intercettare i flussi occupazionali in uscita dal mercato e, anche, il raccordo scuola-lavoro.
Per quanto riguarda le politiche attive, il nostro Paese – dopo la riforma del Titolo V (2001) – si è trovato nella situazione in cui solo poche regioni hanno costruito servizi funzionanti (la spesa invece sì…). Da qui l’ipotesi di un’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro (Anpal). Dentro questa incapacità di governare la trasformazione del lavoro, alcuni macrofenomeni sono diventate delle vere e proprie patologie, tanto che Di Maio e il M5S hanno – proprio sul terreno del welfare – un consenso che non è sottovalutabile e che “supera” quello delle rappresentanze sociali, ovvero del sindacato.
In Italia quasi la metà degli iscritti ai sindacati sono pensionati. Mentre solo il 10% degli iscritti sono giovani, giovani che peraltro sono inquadrati per la maggiore parte con forme di lavoro atipiche e che durante gli anni della crisi economica sono stati lasciati soli. Il fenomeno delle partite Iva, che ormai compie 20 anni, è un vulnus che non solo rappresenta tutta l’incertezza e la precarietà del presente, ma anche un grande enigma per il futuro. Con quale pensione vivranno la loro terza età i “finti autonomi”?
Siamo dentro un momento in cui è molto difficile distinguere la propaganda dalle intenzioni reali. Cosa davvero ne sarà del contratto di governo lo vedremo. Certo è che in prospettiva è arduo pensare che l’egemonia Di Maio-Salvini sarà interrotta. Le intenzioni dei due restano un fattore di rottura che proprio sul terreno del welfare può introdurre delle novità: al di là del reddito di cittadinanza, potrebbe finalmente esplodere il tema del nuovo welfare e del suo riordino. È vero, il welfare costa. Ma la verità è che modernizzare un Paese significa investire per il futuro. E qualche intervento strutturale è necessario: i richiami al bilancio pubblico – “con quali soldi?” si chiedono i Professori – sono relativi, i soldi si possono trovare. Il punto vero è se Di Maio e Salvini li sapranno spendere bene.
Twitter: @sabella_thinkin