“Negli ultimi sei mesi l’area euro ha mostrato progressi straordinari”. Lo ha affermato Mario Draghi, presidente della Bce, parlando alla Global Investment Conference di Londra. Quindi ha aggiunto: “Siamo pronti a fare tutto quello che serve per l’euro. E, credetemi, sarà sufficiente”. Per Draghi, “non è possibile immaginare l’eventualità che un Paese esca dall’Eurozona”. Dopo l’intervento del numero uno della Bce, il differenziale Btp/Bund che aveva iniziato la giornata a quota 520 è sceso ampiamente sotto i 480. Ilsussidiario.net ha intervistato Simona Beretta, professoressa di Politica economica all’Università Cattolica.
Professoressa, condivide la posizione di Draghi?
Draghi si conferma una delle menti più ragionevoli ai vertici europei. Una banca centrale è l’istituzione più adatta a gestire questa situazione. Il problema è che l’Unione europea ha una banca centrale cui non corrisponde un governo, e quindi la Bce può agire solo sulla base del consenso intergovernativo. Il mio auspicio è che i Paesi membri dell’Ue lascino che Draghi faccia ciò che deve fare, perché se non lo fa lui non può farlo nessun altro.
Che cosa dovrebbe fare Draghi nello specifico?
Va bene qualunque forma di supporto in cui si attenua la pressione sulla collocazione immediata dei titoli pubblici sul mercato, cioè in altre parole qualsiasi soluzione in grado di temporeggiare. Nel momento in cui tutti si abbandonano al panico, occorre dimostrare che c’è un’istituzione, la Banca centrale europea, capace di farvi fronte. Tecnicamente le soluzioni possibili sono diverse, e io non sono così presuntuosa da pensare di sapere meglio di Draghi che cosa vada bene fare. Ci sono sei o sette cose che andrebbero fatte, il punto non è stampare nuova moneta, ma farla arrivare nelle sedi opportune e cioè sul mercato.
Nel frattempo il ministro delle Finanze francese, Pierre Moscovici, ha dato manforte a Madrid affermando che “gli elevati rendimenti dei titoli di Stato spagnoli non riflettono i fondamentali dell’economia spagnola”
Questo è un momento di intensa crisi, e le dichiarazioni vanno lette nel quadro di un processo che ha un negoziato sottostante, e un appoggio delle posizioni negoziali attraverso delle dichiarazioni pubbliche. Queste ultime affermano che lo spread non riflette le variabili fondamentali che dovrebbe riflettere in tempi di calma. In realtà, non ci troviamo in tempi di calma, e quindi lo spread è influenzato sia dai fondamentali, sia dai sentimenti del mercato. Dobbiamo prendere atto del fatto che c’è una strana forma di infatuazione per un’idea collettiva, da cui diventa difficile uscire.
A che cosa si riferisce?
Che l’area dell’euro sia caratterizzata da una profonda e insanabile instabilità, fa parte dell’immaginario collettivo di questi tempi. Credere nei propri incubi è il modo migliore per realizzarli. Se tutti ci convinciamo del fatto che la situazione è drammaticamente insostenibile, certamente lo diventerà sempre di più. Le aspettative dei mercati tendono ad andare fuori controllo proprio perché tendono ad autoalimentarsi e soprattutto hanno la forza di realizzare i risultati che temono. L’alleanza tattica tra Francia e Spagna serve per il negoziato, ma chiaramente è il lato superficiale della vicenda.
Per l’economista tedesco Wolfgang Franz, “la cancelliera Merkel deve sbrigarsi a prendere la situazione sotto controllo, a rassicurare i mercati”
In questa dichiarazione c’è una parola che sottolineerei, ed è “sbrigarsi”. Proprio perché i fondamentali tutto sommato stanno tenendo, ma il sentimento collettivo è sempre più cupo, dobbiamo assolutamente evitare di perdere tempo. Occorre dimostrare il prima possibile che realmente abbiamo a cuore le sorti dell’area dell’euro. Se lasciamo che i “cattivi sentimenti” costruiscano sulla propria immaginazione, si rafforzino e arrivino al punto di essere capaci di trasformare in realtà l’incubo che stanno sognando, i costi da ripartire saranno più elevati rispetto a quello che avverrebbe se ci svegliassimo per tempo. Spero che la dimensione sovranazionale della nostra convivenza economica europea, cioè la Bce, continui in modo dimesso e prudente a fare ciò che ha fatto finora, e cioè a preservare la qualità dei fondamentali per quanto era in suo potere.
Monti intanto ha promesso che ad agosto non ci sarà nessuna nuova manovra “lacrime e sangue”
Se siamo convinti che per quanto riguarda i fondamentali ci stiamo muovendo nella direzione giusta, quello di cui abbiamo bisogno non è alzare ancora le tasse, ma sbrigarsi a dare segnali per fare capire che chi si sta immaginando lo scenario da incubo non ha i piedi per terra. Non c’è quindi bisogno di inasprire ulteriormente il rigore, ma di fare capire che i brutti sogni sono una cosa e la realtà è un’altra. Quello che non si può non fare ad agosto è chiarire una volta per tutte che l’area dell’euro deve e vuole stare insieme perché è conveniente per tutti. Non c’è nessun motivo per cui dobbiamo sprecare un’occasione di interdipendenza, interconnessione, interscambio, unità, preludio a un’unione politica. Ma alcuni tabù andrebbero sfatati.
A che cosa si riferisce?
Al default, che non è una tragedia greca, ma una specie di colpo di mano in cui i costi sono ripartiti, anche se in modo diverso da quello che sarebbe messo in atto dal fondo Salva-Stati.
(Pietro Vernizzi)