“Il vero dato di queste elezioni è l’astensionismo, dietro cui cova una profonda sfiducia nei confronti della democrazia. Le riforme costituzionali di Renzi alimentano questa sfiducia, in quanto assegnano già in anticipo il nominativo di chi deve vincere la partita. Il capo solitario si trova così in compagnia del Diavolo, metafora del potere politico degenerato”. Sono le parole di Rino Formica, ex ministro del Lavoro e delle Finanze negli anni 80 e 90, a proposito del risultato delle elezioni regionali che secondo il politico di lungo corso non è stato letto con adeguata profondità.
Formica, chi esce vincitore e chi sconfitto da queste elezioni?
E’ una questione posta in modo iper-semplificato. La vera riflessione da compiere è perché metà del Paese non abbia votato, pur trovando un’offerta a 360 gradi nel panorama generale delle liste. C’erano europeisti e anti-europeisti, conservatori e ribelli, la piazza e il palazzo. Non è mancata l’offerta politica, ma c’è stata una metà del Paese che l’ha rifiutata perché rifiuta gli offerenti. A ciò si aggiunge un altro dato significativo…
Quale?
Nella metà del Paese che vota, un’altra metà è ostile all’ordinamento che governa. Di fronte a una decomposizione e a una frantumazione tutto diventa illeggibile, e di conseguenza tutto è leggibile a seconda dei propri comodi. Ora si tratta di capire che cosa cova nella metà del Paese che non vota, nonché nella metà dei votanti che sono ostili all’ordinamento che governa.
Secondo lei che cosa sta avvenendo?
Le insoddisfazioni sociali, politiche e civili non hanno trovato ancora una bandiera, una guida e una struttura unificanti. Il materiale grezzo – ma forte – c’è, però, sia nella metà che ha votato sia in quella che non ha votato.
Qual è la vera natura di questo “materiale grezzo”?
Ci sono diversi elementi. Da un lato c’è una componente anarcoide, dall’altro c’è una totale e radicale sfiducia, propria di chi ritiene che anche i movimenti organizzati della protesta non possono cambiare le istituzioni perché sono irrimediabilmente marce. Nell’opinione pubblica si sta formando una convinzione secondo cui la democrazia non è adatta a questo Paese. E’ questo il punto di massimo fallimento dell’ultimo ventennio politico.
Di che cosa è conseguenza?
Il bipolarismo non ha portato a una reale alternanza democratica, né a un pluralismo rappresentativo delle realtà della società italiana, ma a una decomposizione in cui il plurale è diventato atomizzazione della vita democratica. In questo modo però la democrazia non regge.
Perché le riforme istituzionali di Renzi non hanno aumentato i suoi consensi?
Renzi è accusato di fare le riforme a proprio uso e consumo. Non si possono fare le riforme istituzionali assegnando già in anticipo il nominativo di chi deve vincere questa partita. Il capo solitario si trova in compagnia del Diavolo, metafora del potere politico degenerato. La gente ha capito che queste non sono riforme costituzionali nell’interesse del Paese.
Quali obiettivi avrebbero dovuto porsi delle riforme nell’interesse del Paese?
Qualsiasi riforma costituzionale fallisce il suo scopo se non affronta il problema del nuovo equilibrio tra democrazia rappresentativa e diretta. La vera questione è in che modo uno Stato nazionale ridotto nei suoi poteri possa convivere autorevolmente sotto il cappello di una sovranità sovranazionale quale è quella europea. Al cittadino italiano importa di questo problema, mentre non importa nulla del fatto che il Senato abbia o meno la paga, perché poi la riforma di Renzi si riduce a questo.
E’ questo che spiega la parziale sconfitta di Renzi?
Renzi che fa la battaglia per la semplificazione e la riduzione a una sola delle forze politiche di maggioranza poi è a livello regionale il fautore della presentazione di decine di liste di sostegno al suo candidato. Così non si può certo dire che si apra il cuore del Paese alla fiducia.
Lei ritiene che il renzismo sia fallito?
Renzi è un disastro politico per incultura, incapacità, improvvisazione, pressapochismo, al punto che non saprebbe neanche creare un sistema autoritario. Gli mancano infatti le forze di sostegno per una stessa svolta autoritaria, in quanto si appoggia su una decomposizione del Paese che dovrebbe essere suggestionato e rinfrancato dalla sua capacità di chiacchiera.
Che cosa ne pensa del modo in cui il premier ha commentato i risultati?
E’ impressionante che nessuno sia stato in grado di fare un’analisi del perché metà del Paese non sia andato a votare per le elezioni amministrative. Si trattava di un voto dove dovrebbe esserci un maggiore coinvolgimento tra l’elettore e il personale di rappresentanza, perché è legato alla soluzione di problemi che sono più vicini alle persone. Immaginiamoci che cosa accadrà alle elezioni politiche.
(Pietro Vernizzi)