«Le politiche di Renzi non hanno generato alcuna crescita. Il taglio di Imu e Tasi sulla prima casa è compensato da inasprimenti di altri tributi tramite recuperi fiscali. Mentre il deficit, superiore dell’1% rispetto a quanto previsto dal Fiscal compact, genera ancora un aumento del debito pubblico da cui conseguono difficoltà nel sistema bancario». Lo evidenzia il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. Ieri durante la conferenza stampa di fine anno il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha rivendicato: “Si diceva che l’Italia era in stagnazione perenne: se guardiamo ai dati vediamo che il segno più torna a crescere: era previsto lo 0,7% e siamo allo 0,8%”.
Professore, davvero “l’Italia è di nuovo in movimento” come dice Renzi?
Il movimento dell’Italia è molto modesto, e non è affatto vero che sia superiore alle previsioni. La crescita del Pil non dipende dalla politica economica del governo, bensì dagli effetti positivi del ribasso del prezzo del petrolio. Quest’ultimo ha determinato un minor costo delle importazioni pari a quasi l’1% del Pil, che si è ripercosso sull’aumento della domanda interna. Le difficoltà del credito bancario sono aumentate perché i crediti deteriorati quest’anno sono cresciuti in modo considerevole.
La crescita del Pil è stata generata dalle politiche del governo?
Le politiche di Renzi non hanno generato alcuna crescita. Il taglio di Imu e Tasi sulla prima casa è pari a 3,8 miliardi, ma ci sono inasprimenti di altri tributi tramite recuperi fiscali. Le entrate sono aumentate anche grazie al rientro dei capitali per via del condono del governo Renzi. Il deficit, superiore dell’1% rispetto a quanto previsto dal Fiscal compact, genera ancora un aumento del debito pubblico da cui conseguono difficoltà nel sistema bancario. La disoccupazione nel frattempo è ancora estremamente elevata.
Come si spiega allora l’incremento dei consumi?
I consumi si sono ampliati solo per effetto del ribasso del prezzo del petrolio. L’effetto delle misure di Renzi del resto è molto limitato, anche perché sono state concepite in deficit e in parte sono poco utili alle imprese come il taglio dell’Imu. Il contratto a tutele crescenti ha creato nuovi posti di lavoro, ma in larga parte si tratta di trasformazione di altri contratti. Lo sgravio contributivo alle imprese che assumono riduce i bilanci dell’Inps, e quindi rende più difficile l’equilibrio dei conti pubblici.
La disoccupazione in calo è merito del Jobs Act?
No. Ciò che occorrerebbe sono i contratti differenziati su base territoriale, e non invece il contratto nazionale. Nei discorsi di Renzi ci sono due parole che non ricorrono mai: merito e produttività. I bonus non sono mai collegati a questi due principi, e quindi per quanto riguarda il lavoro l’Italia è estremamente indietro. A mancare sono gli investimenti, come pure una risoluzione del problema dei crediti deteriorati che sono saliti da 180 a 200 miliardi di euro.
Come valuta il modo in cui il governo ha gestito il crac delle banche?
Il fatto che Renzi per cercare di salvarsi debba ricorrere a Cantone, cioè a un commissario anti-corruzione, documenta il fatto che il governo ha commesso una serie di errori.
Che cos’altro non la convince dei temi del governo Renzi?
Nella politica internazionale l’Italia è assente. E soprattutto mi domando che senso abbia proseguire sulla strada delle unioni civili e omosessuali, mentre nello stesso tempo si dimentica la famiglia sacrificando, per esempio, i risparmiatori delle banche. Lo stesso risparmio delle famiglie investito negli immobili è sovratassato. Nelle parole di Renzi però la parola famiglia non emerge mai.
Intanto Milano e Roma sono ferme per lo smog…
A Milano gli autobus elettrici saranno introdotti alla fine dell’anno prossimo, e d’altra parte il metrò si ferma nelle periferie. È anche per questo che il traffico di automobili è così intenso in una città come Milano, ben più piccola rispetto a Londra e Berlino. Il fatto che governo ed enti locali non abbiano investito in trasporti pubblici fa sì che alla fine ci troviamo con l’emergenza smog.
(Pietro Vernizzi)