Il Premier Renzi ha parlato in questi minuti dal G20 in Cina e sul referendum costituzionale ha confermato che entro il 13 ottobre verrà decisa la data, e dunque entro fine novembre, massimo inizio dicembre. Ma il problema per Renzi non è in Cina, bensì in Italia, anzi più precisamente in “casa propria”: il premier giustamente lamenta di non discutere mai dei contenuti – un po’ per colpa sua all’inizio della campagna decisamente personalizzante – e nel frattempo il suo partito si spacca. In periodi di Feste dell’Unità, arriva un segnale che va decisamente contro l’unione del Partito Democratico e arriva da Massimo D’Alema. L’attacco dell’ex premier all’attuale segretario del suo partito è deciso e sfrontato: tanto che oggi viene lanciato “I dem per il No” a Roma, al Cinema Farnese. La riforma costituzionale non funziona secondo D’Alema e arriva così non solo un movimento interno che lavorerà per la campagna del No alla legge Boschi ma anche un’indiscrezione clamorosa del Corriere della Sera, “sarebbe vicino all’idea di uscire dal Pd se vincesse il Sì al referendum”. Ora il Pd è una polveriera a cielo aperto: Renzi avrà il delicato ruolo di riunire il partito, ma sarà difficile visto che lui viene visto come l’oggetto della divisione.
Il referendum costituzionale arriva forse alla sua definizione in quanto data del voto: “probabilmente il voto sarà a fine novembre”, afferma a sorpresa il Ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, titolare del ddl sotto il giudizio degli italiani nel referendum confermativo di fine 2016. L’annuncio atteso da settimane arriva alla Festa dell’Unità di Torino dove il ministro è stato anche contestato da alcuni sostenitori del No, in un clima di non perfetta luna di miele tra la bella ministra e la platea democratica. «Sarà il Consiglio dei Ministri a stabilire la data del referendum, C’è tempo fino a 13 ottobre per fissare data che si terrà dopo 50 giorni. Credo sia più probabile a fine novembre a questo punto. In questi giorni causa del terremoto abbiamo sospeso la campagna referendaria», un’occasione unica per immaginare l’Italia dei prossimi 30 anni, ha voluto riaffermare ancora la Boschi, per provare a convincere gli italiani divisi sostanzialmente a metà, stando agli ultimi sondaggi. Ma le ragioni per il Sì? Ci sono, ci sono, a Cernobbio anche ieri il Ministro per le Riforme ha provato a scaldare la platea, risultati alterni: «maggiore stabilità di governo, maggiore efficienza e rapidità del processo legislativo, maggiore certezza del quadro normativo in cui muoversi tra Stato e Regioni per avviare un’attività economica: ecco tre buone ragioni per votare Sì al referendum costituzionale di novembre sulla riforma del Senato e del Titolo V per chi ha a cuore lo sviluppo economico del nostro Paese». Il problema prima di tutto è convincere quelli del suo stesso partito, il Pd, che continua nello scontro all’interno della campagna referendaria: «Un grande partito come il nostro non può trasformarsi in un mega comitato elettorale per il sì, né in una mega caserma in cui si ha cittadinanza solo se si vota sì», ha detto Roberto Speranza sempre alla Festa dell’Unità di Torino. (Niccolò Magnani).