“In un sistema prevedibilmente proporzionale, la nuova formazione sarà una squadra con due punte: Pisapia al nord ed Emiliano al centro-sud” spiega Fabrizio d’Esposito, firma politica del Fatto Quotidiano.
Comincia un’altra giornata di passione per il Pd: oggi si riunisce la direzione nazionale del partito per stabilire tempi e modi del congresso, ma i bersaniani non intendono prendervi parte perché ritengono il congresso anticipato voluto da Renzi (che si è dimesso domenica) l’ennesimo schiaffo alla minoranza del partito e l’atto finale che farebbe del Pd il suo partito personale. Nel frattempo Orlando, Damiano e Cuperlo varano una nuova corrente per scongiurare la scissione, mentre la minoranza serra le fila e Rossi invita Emiliano ad essere “conseguente” con la posizione unitaria espressa insieme a Speranza.
Qual è il ragionamento che si sta facendo nella sinistra Pd alternativa a Renzi?
Il No al referendum del 4 dicembre ha vinto con 20 milioni di voti. Di questi, 9-10 milioni sono voti a 5 Stelle, 5-6 milioni sono attribuibili al centrodestra più altri sovranisti, restano 5 milioni di voti. Questi 5 milioni sono un elettorato di centrosinistra che non voterà mai più Renzi, nemmeno sotto tortura. Ora, se la sinistra anti-Renzi fa una operazione non solo di ceto politico parlamentare ma di respiro più ampio, che faccia figurare D’Alema tra i padri nobili, che metta in prima fila figure come Rossi, Emiliano, Pisapia, Speranza, che recuperi esponenti di comitati del No e si presenti bene, può arrivare benissimo all’8-10 per cento e poi anche superarlo.
Gli strateghi?
D’Alema ripete che non è l’ispiratore di nessuna scissione, di fatto però il primo ad aver capito dove andava il partito a guida Renzi è stato lui. E’ stato anche il primo big a intestarsi con lucidità politica il No al referendum.
D’Alema ha detto che serve innanzitutto un movimento, non un partito.
Oggi è di moda fare un movimento, non un partito e questo per una ragione semplice, che nessuno finora ha capito come fare politica in modo diverso da come si faceva nel secolo scorso.
Cosa sta accedendo nel Pd?
Il fatto è che tutti, da Renzi a Bersani a Boccia e a Rossi, sono consapevoli che alle prossime elezioni con Renzi candidato premier il Pd sarà sconfitto. Il 4 dicembre ha cambiato tutto: non mantenendo fede alla parola di ritirarsi, e in presenza dei risultati della sua gestione, Renzi è destinato alla sconfitta. Ogni discorso sul Pd, sulle regole congressuali, sulla legge elettorale, sui capilista bloccati e chi più ne ha più ne metta nasce da questo punto e da qui le strade divergono.
Renzi non ha la maggioranza nel partito: questa gli è garantita da un accordo con Franceschini e con i giovani turchi di Orlando e Orfini. Perché i maggiorenti del Pd non lo mollano?
Questo in effetti è il vero punto della questione. L’idea di Franceschini e Orlando potrebbe essere quella di far fare a Renzi l’ultimo giro prima di liberarsi di lui e francamente mi pare l’unica risposta possibile. Anche in termini di ceto politico, perché i franceschiniani, da bravi ex Dc, sono i più affamati di posti all’interno del Pd e potrebbero avere chiesto 40-50 posti di capolista bloccati.
Gentiloni è a rischio?
Tutto può ancora succedere, perché Renzi fa solo tattica. E’ chiaro che dopo il 4 dicembre ha sfruttato tutte le debolezze presenti nel suo partito per rimanere in sella. Può darsi che aspetti di liberarsi della minoranza per andare al voto subito dopo il congresso; più passa il tempo e più questo sarà difficile, però l’uomo è spregiudicato.
Non sbaglia i conti?
Sì, perché ci sono 20 milioni di italiani che di Renzi non vogliono più sentir parlare. Il renzismo è ormai l’immagine di una politica cinica, senza scrupoli e dedita solo al potere per il potere.
(Federico Ferraù)