Walter Veltroni alla festa del Partito Democratico a Roma sostiene che le stragi di mafia del 1992 e 1993 ebbero come scopo quello di impedire ai progressisti di andare al governo. Per Veltroni non è un caso che “finirono quando nel 1994 si aprì una nuova stagione politica”. “Non voglio stabilire nessuna relazione diretta, non voglio fare alcuna forzatura propagandistica, ma le stragi cominciarono nel ’93 con il governo Ciampi e finirono nel ’94 quando si aprì una nuova stagione politica” ha detto l’ex segretario del PD e oggi membro della commissione parlamentare antimafia. “Sono state stragi dell’antistato, stragi di mafia e di uno Stato deviato per condizionare l’esito della vita pubblica”.
Veltroni fa riferimento senza citarlo al funzionario dei servizi segreti indagato dalla procura di Caltanissetta per concorso nella strage di via d’Amelio, quella in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di polizia. Stragi di mafia contro la sinistra? “Io non voglio fare operazioni di portatura propagandistica né stabilire relazioni dirette” dice Veltroni “ma le stragi cominciarono nel ‘93 con il governo Ciampi e finirono nel ‘94 quando si aprì una nuova stagione politica. Qualcuno ha usato la mafia per creare una nuova stabilizzazione, per evitare che le forze democratiche e progressiste governassero questo Paese”. E’ la tesi che Walter Veltroni ha sostenuto ieri parlando delle stragi di mafia del ‘92 e del ‘93 dal palco della festa del Pd a Roma. “Sono state, come io scrissi in quegli anni, stragi dell’antistato, stragi di mafia e di uno Stato deviato per condizionare l’esito della vita pubblica cioè del nostro Paese. Nel ‘93 io scrissi che quelle stragi non furono solo di mafia ma sono servite a riorganizzare un sistema di relazioni fra la mafia e lo Stato”.
Per Veltroni, non è la prima volta che accada un fatto del genere, cioè usare le stragi per fermare un cambiamento politico. “Arrivare alla verità è un dovere affinché si eviti che questi condizionamenti possano ripetersi nel futuro” ha detto ancora. Secondo Veltroni, infine, “nessuno mi convincerà mai che Provenzano e Riina sono i veri capi della mafia. Sono i bracci operativi, ma un’associazione criminale che ha un giro di affari di 130 miliardi all’anno vuol dire che in essa ci lavorano persone che stanno nell’alta finanza e nella grande industria e non è diretta da chi sta in campagna e manda pizzini”.