Che cosa porterà il nuovo anno, dopo l’offensiva della sfiducia respinta dal governo? La risposta è secca: niente. Niente, se la domanda è riferita al possibile allargamento all’Udc e all’ingresso di nuovi ministri, magari per rimpiazzare Sandro Bondi dato da molti sull’orlo del crollo, come la mura di Pompei, ma invece destinato a resistere.
Niente di tutto questo all’orizzonte. Gianfranco Rotondi dice efficacemente che a Berlusconi i democristiani piacciono, sì, ma quando arrivano ad uno ad uno, non tutti insieme. E la conferma è il proliferare nel Pdl di ditte individuali tutte più o meno di stampo post-dc, e tutte più o meno finalizzate a fare da pista di atterraggio morbido per la fuga dall’Udc (o dall’Mpa di Lombardo, o dai finiani). Mentre resta in campo un’innaturale divisione, in Italia, di formazioni che siedono insieme e senza imbarazzi nei banchi del Partito popolare europeo, come non si stanca mai di sottolineare il capogruppo a Strasburgo Mario Mauro.
Se la domanda (che cosa porterà il nuovo anno?) è invece riferita a possibili convergenze programmatiche, le novità potrebbero non mancare e anzi essere interessanti. Persino maggiori di quelle che potrebbe comportare l’eventuale ingresso dell’Udc, che invece mi sentirei di escludere. Perché comporterebbe una perdita di credibilità nei confronti dell’opinione pubblica e soprattutto nei confronti dell’elettorato di riferimento che lo ha votato per fare opposizione, intelligente e intransigente al tempo stesso.
Un’operazione, quindi, che Casini non può permettersi, salvo pagare poi un forte tributo elettorale, nonostante le propensioni a riaprire il dialogo con la maggioranza che vengono dalla componente iper-cattolica del partito composta da Binetti, Volonté, Santolini e dallo stesso Buttiglione. Un dialogo che però può persino più proficuamente, come detto, riaprirsi sui singoli temi, a partire dal quoziente familiare.
Lo avevamo provato a sottolineare qualche mese fa, subito smentiti dalle polemiche col Qurinale seguite alla bocciature del lodo Alfano da parte della Consulta: il migliore alleato di Berlusconi non può che essere proprio Giorgio Napolitano, interessato non meno che lui a una normale conclusione della legislatura e alla realizzazione di significative riforme. Ora finalmente, dopo il discorso alle alte cariche di Napolitano, sembra averlo capito anche Berlusconi che dal Colle non può che arrivare un incoraggiamento a che in Parlamento si realizzi una convergenza ampia su importanti obiettivi. A patto che l’agenda delle priorità cambi: dalla giustizia-ossessione alla ripresa economica di un Paese quasi in ginocchio.
Un altro aiuto, indiretto quanto forte, a un sussulto di dignità e di consapevolezza della politica è arrivato dal presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco. Che, intervistato da Radio Vaticana, ha rivolto ai politici cattolici un «incoraggiamento» e un «invito» a essere «sempre di più e sempre meglio una presenza incisiva, efficace, per il bene di tutti. A portare quindi il proprio contributo, chiaro, argomentato, nelle diverse sedi politiche, per poter arricchire – al piu’ presto – il mondo politico, quindi il servizio al bene nazionale, di nuove intelligenze, di nuovi soggetti, di nuove preparazioni».
Più che un invito all’allargamento, contingente e riduttivo, un invito ad allargare il cuore e alzare lo sguardo oltre i miopi calcoli. Qui non si tratta più di fare professione di ortodossia per mero calcolo politico, magari per fare esplodere le contraddizioni dentro la neonata Fli o nel costituendo Terzo Polo.
Si tratta di prendere atto, e conseguentemente lavorare, delle priorità del Paese. Nella piena consapevolezza che, una volta formalizzate le proposte su certi temi, si potrebbe registrare una maggioranza schiacciante a loro sostegno, mentre qui si continua a giocare a rimpiattino sulle colpe per il non fatto, più preoccupati dal mettere in difficoltà l’avversario che dal portare a casa il risultato.
Cito ancora Bagnasco e la sua «grande preoccupazione per quello che riguarda la disoccupazione e il costo della vita per le famiglie». Che cosa è più produttivo, allora, denunciare (come ha fatto Maurizio Gasparri) che Gianfranco Fini non sarebbe cattolico praticante, ricordare che Benedetto Della Vedova è un ex radicale, o mettere nero su bianco una proposta (anche a costo zero, per aggirare i traccheggiamenti di Tremonti) che ridistribuisca la torta riducendo la penalizzazione che grava sulle famiglie numerose?
Chi attacca Fini su questo è davvero convinto che un economista valido come l’ex sottosegretario Mario Baldassarri possa non dare l’ok per conto di Fini all’operazione, alla quale peraltro anche il Presidente della Camera si è detto favorevole? «Ci auguriamo – ha detto ancora Bagnasco – rispetto alla famiglia che è lo zoccolo duro, l’argine che ha tenuto più di ogni altro in questo momento difficile e continua a tenere, che ci sia un riconoscimento culturale ed economico sempre più efficace, sia per sostenere la famiglia, sia per incoraggiare i giovani a non avere timore a progettare una nuova famiglia con il dono straordinario di fare figli con maggiore serenità».
Su temi come questi non è proprio il caso di alzare inutili steccati fra laici e cattolici, e le celebrazioni del 150esimo dell’Unità d’Italia hanno contribuito ulteriormente a eliminare gli ultimi residui: l’ho percepita anche come personale ragione di soddisfazione del Capo dello Stato nel salutarlo in occasione della cerimonia di auguri al Quirinale.
L’unico allargamento possibile, dunque, molto più serio di quello di Scilipoti, va fatto sulla famiglia. Una proposta che il governo farebbe bene a mettere in campo al più presto. Altrimenti, ci si può scommettere, sarà il cosiddetto terzo polo a mettere in calendario una proposta per la riforma del fisco a vantaggio delle famiglie con figli. E a quel punto sarà interessante vedere come si comporterà il Pdl, non avendo più la “scusa” di Fini che si mette di traverso.
È doveroso aprire l’anno con un augurio. E allora, ci auguriamo che da un male (l’estrema lacerazione delle forze politiche in Parlamento) ne possa venire un bene, una sana competizione sulla qualità della proposta politica. Per il bene di tutti.