Non sappiamo se il Pdl seguirà o meno la via indicata da Violante. Però è piuttosto suggestiva. L’ex presidente della Camera ha fatto presente che Berlusconi dovrà spiegare alla Giunta per le autorizzazioni del Senato (che il 9 settembre si esprimerà sulla sua decadenza da senatore in seguito alla condanna a 4 anni) «perché a suo avviso la legge Severino non si applica. E i membri della Giunta hanno il dovere di ascoltare e valutare la sua difesa» La Giunta, quindi, «se ritenesse che ci fossero i presupposti, potrebbe sollevare l’eccezione davanti alla Corte». Analogo ragionamento, ha spiegato ancora Violante, può farsi innanzi alla Corte di giustizia europea. Abbiamo chiesto a Cesare Pinelli, costituzionalista, cosa ne pensa di una simile prospettiva.
Le parole di Violante vanno intese come apertura politica o come, semplicemente, il parere di un giurista a cui è stata rivolta una domanda?
In entrambi i modi. Sicuramente, le sue affermazioni hanno una plausibilità giuridica ma, considerando il contesto in cui si collocano, è chiaro che lasciano intendere come la riunione del 9 settembre potrebbe non consistere in una semplice presa d’atto. Ci potrebbero essere, effettivamente, dei problemi giuridici da affrontare secondo le forme dovute.
L’obiezione di costituzionalità è una strada verosimilmente percorribile?
Occorre capire se la Giunta abbia o meno facoltà di sollevare un’obiezione presso la Corte. E’ un’ipotesi attualmente in discussione. Non risulta che, ad oggi, vi siano state eccezioni di legittimità costituzionale sollevata da essa.
Quando la Corte esprime un giudizio di legittimità in via incidentale (quando, cioè, nel corso di un processo il giudice chiede alla Corte di vagliare la legittimità costituzionale di una norma di legge che deve fare applicare), lo fa, normalmente, su richiesta del giudice di un tribunale. In questo caso, chi è il giudice?
E’ proprio questo il problema. La nozione di giudice a quo, ovvero di giudice cui spetti la facoltà di sollevare la questione di fronte alla Corte, è ampia, e non si può risolvere ritenendo che tale figura debba appartenere esclusivamente alle magistrature ordinarie. A certe condizioni, per esempio, la Corte dei Conti può essere ritenuta giudice a quo.
Chi è che decide che la Giunta possa essere ritenuta giudice a quo?
La Corte costituzionale stessa. D’altra parte, in un numero enorme di casi, pressoché sempre, nel momento in cui un’autorità ha ritenuto di essere giudice a quo, la Corte ha poi dovuto stabilire se lo fosse o meno. In caso contrario, il ricorso, è inammissibile.
Posto che l’obiezione sollevata dalla Giunta sia ritenuta ammissibile, è possibile che la Corte giudichi illegittima la retroattività della decadenza senatoriale prevista dalle legge Severino?
No. Da questo punto di vista non sussistono fondamenti. La legge Severino non stabilisce sanzioni penali, né amministrative, ma tiene conto di una sentenza e incarica la Giunta di valutare se tale sentenza corrisponda al caso fissato dalla legge stessa. Si dà il caso che il principio della non-retroattività si applichi esclusivamente alle pene e alle sanzioni. La decadenza da senatore, invece, è un effetto della legge Severino. Ovvero, la legge qualifica come incandidabili coloro che sono stati colpiti da una sentenza di condanna definitiva a più di due anni di reclusione, laddove la pena minima prevista non sia inferiore ai 4 anni.
Violante ha anche affermato che la Corte Europea può essere «interpellata perché dica se in base alla normativa europea, applicabile anche in Italia, la legge Severino dà luogo a pena, non retroattiva, o a un semplice effetto sulla condanna»
La questione si ripropone nei medesimi termini. Anche in tal caso, non vedo perché la Corte, benché sia ammissibile il diritto a farvi ricorso, dovrebbe applicare il principio della non retroattività ad un effetto e non ad una pena.
(Paolo Nessi)