Intervistato recentemente ad “In Onda”, Salvini sembra aver gettato la maschera. Macché leadership del centrodestra. “Alla Lega — citiamo a memoria restando fedeli alla sostanza — interessa prima di tutto continuare a governare in Veneto con Luca Zaia e in Lombardia con la ricandidatura di Roberto Maroni. Poi — continua Salvini e stavolta le parole sono quelle del capo leghista — se alla Lega toccherà anche la candidatura a presidente del Consiglio, io sono pronto”.
Tradotto: se Berlusconi ci concederà la ricandidatura di Maroni, noi non metteremo veti sul candidato premier (sapendo benissimo che il Cavaliere, per la sua attuale incandidabilità, non potrà essere della partita).
Però, astuto il fedel lumbard!
Eppure dietro questo totale passo indietro nei confronti della leadership del centrodestra (a cui Berlusconi non rinuncerà mai), sembra esserci molto altro. Un deciso cambio di strategia. La riesumazione della mai completamente deposta “politica dei due forni”: in Veneto ed in Lombardia con il centrodestra caso mai aperto anche all’odiato Alfano (perché la polpa è sempre la polpa e non bisogna mai mollarla) mentre a livello nazionale “mani libere” .
In fondo il proporzionale apre a molte soluzioni e i corteggiamenti pentastellati hanno il loro fascino.
Un gioco da manuale degno della migliore prima repubblica: la mano destra (del livello locale) non deve sapere cosa fa la sinistra del livello nazionale (forse a 5 Stelle).
Berlusconi è avvertito. Ma troppa acqua ha da passare sotto i ponti e fare il conto (a carte scoperte) senza l’oste è sempre molto azzardato.
Prima della Lombardia saranno i venti di Sicilia a spirare e, nella terra di Montalbano dove la Lega non gioca e gli intrighi sono di casa, chissà mai che qualche sorpresa possa giungere poco gradita per il secondo Matteo d’Italia.