Caro direttore,
Porgo molti auguri ad Angelino Alfano. È una persona intelligente, onesta e anche simpatica che merita di avere successo nelle sue imprese. Ricorda, per certi aspetti, Gorbac’ev. Come lui sembra si stia accingendo a una impresa impossibile. Gorbac’ev voleva un comunismo dal volto umano, Alfano vuole un berlusconismo democratico.
È possibile? I fenomeni politici hanno una loro natura. Il berlusconismo nasce come movimento carismatico in cui più che l’adesione a una visione ideale e a una piattaforma programmatica conta la personale relazione con il capo. Il capo e il sistema di comunicazione e di potere che a lui fa capo e di cui lui è in larga parte proprietario costituisce la principale risorsa comunicativa e organizzativa del partito. Il voto stesso del partito è prevalentemente un voto personale del capo.
È possibile una riforma democratica di un movimento politico che ha questa natura? Io a suo tempo ci ho provato. Ho dato un contributo forse decisivo al superamento delle diffidenze del Partito Popolare Europeo contro Forza Italia. Ci fu allora uno scambio di lettere fra me, Berlusconi e Wilfried Martens in cui Berlusconi si impegnò a costruire un partito effettivamente democratico e a stringere una alleanza privilegiata con i partiti derivati dalla tradizione democristiana. In realtà Forza Italia rimase un movimento carismatico (cosa che va benissimo nella religione ma è dannosissima in politica), si fuse con An (salvo poi espellere Fini) e si scelse la Lega come alleato privilegiato.
Quali sono le ragioni per cui oggi Berlusconi sembra cercare di cambiare parzialmente il profilo del Popolo delle Libertà? Non credo ci sia un grande ripensamento ideale. Credo che i veri motivi siano due.
Il primo è che si è reso conto del fatto che gli sta sfuggendo il consenso popolare. I risultati sia delle ultime elezioni amministrative che dei referendum sono inequivocabili. Gran parte del consenso è andato via e quello che è rimasto è diventato friabile. Molti continuano a votare Berlusconi ma turandosi il naso. Un certo maquillage pare indispensabile per cercare di recuperare consenso.
Il secondo motivo del nuovo corso del partito berlusconiano è che il Cavaliere non ha mai nascosto il fastidio che gli provoca la gestione del partito e il lavoro certosino di composizione delle beghe e delle rivalità personali sul territorio. Per di più adesso che il Cavaliere ha perso l’aureola della invincibilità i perdenti in queste lotte interne manifestano una preoccupante tendenza ad andarsene. Per questo serve qualcuno che gestisca, per così dire, l’Ufficio Contenzioso ed eviti lo squagliamento del Popolo delle Libertà. Miccicchè già se ne è andato e altri mostrano chiaramente di essere tentati di fare la stessa cosa.
Alfano ha lodevolmente tentato di dare alla propria funzione un profilo più alto. Ha parlato della necessità di ricomporre l’unità dell’area moderata in Italia. Il proposito è certamente lodevole, ma il compito non è facile. Anche Berlusconi vuole ricomporre l’unità dell’ area moderata in Italia. La sua ricetta si compendia nelle affermazioni seguenti: io ho sempre avuto ragione e tuttora ho ragione su tutto. Io sono buono di cuore e sono disponibile comunque a garantire un posto nel mio governo all’Udc.
Su questa base la unità dei moderati non si ricompone. Non (solo) perché l’Udc dice di no, ma soprattutto perché questo salta tutti i problemi relativi al radicamento ideale e sociale del partito, alle sue strutture democratiche interne, al suo rapporto con la tradizione cattolico democratica e popolare ecc… Non si può ricomporre l’unità dei moderati intorno a colui che l’ha rotta e non ha mai dato il minimo segnale di pentimento o di ripensamento.
Inevitabilmente il giudizio, nel migliore dei casi, deve rimanere sospeso almeno fino a quando non si delinei una risposta ad alcune domande. Di quanta autonomia politica dispone Alfano? Berlusconi lo ha nominato e voleva che la nomina fosse confermata per acclamazione. Alfano ha detto che Berlusconi sarà il candidato alla Presidenza del Consiglio fino a quando lo vorrà. Non sono premesse incoraggianti. Sarà in grado Alfano di avviare un ripensamento almeno parzialmente autocritico della storia del berlusconismo? Potrà riconoscere il ruolo essenziale che ha nell’area moderata la realtà del Terzo Polo che adesso è in crescita anche numerica?
Si tratta di un rilievo non semplicemente numerico ma politico. Insomma avrà Alfano un ruolo strategico politico e non solo organizzativo? E se, per difficile ipotesi, il Cavaliere fosse tanto generoso da fare davvero un passo indietro, sarebbe poi possibile tenere unito un Popolo delle Libertà che, in assenza di una forte elaborazione ideale e politica, oggi è tenuto insieme solo da Berlusconi?
Sono tutte domande legittime. Se esse (com’è probabile) non ricevessero tutte una risposta positiva la dissoluzione del Pdl sarebbe inevitabile. Ma anche se, per impossibile ipotesi, a tutte queste domande la risposta fosse sinceramente positiva non basterebbe ancora. Non si fa il partito dei moderati semplicemente a partire dalle forze che sono adesso sulla scena della politica. È necessario l’apporto di energie nuove che vengano dal popolo cristiano, dai mondi vitali del sindacato e del ceto medio, dalle professioni e dall’università. E c’è bisogno anche di un partito di tipo nuovo, che offra a queste realtà una rappresentanza di tipo nuovo, coinvolgendole in una grande elaborazione programmatica e portando nelle assemblee elettive i loro esponenti.
È a partire da questa esigenza di nuova rappresentanza che bisogna ripensare anche la legge elettorale (è a questo che serve la preferenza) oltre che la architettura istituzionale dello Stato. A questo comunque si può e si deve lavorare da subito, senza attendere l’esito dell’impossibile compito di Alfano.