“L’unico partito a uscire vincitore dall’ultima tornata elettorale è quello dell’astensionismo. Il centrodestra sulla carta è ancora maggioritario ma i suoi voti sono congelati, e per farli uscire dal congelatore ci vorrebbe un leader che non sia né Salvini né Berlusconi”. E’ l’analisi di Fabrizio D’Esposito, giornalista politico de Il Fatto Quotidiano, secondo cui “Denis Verdini e Berlusconi hanno firmato la tregua ma di fatto non è cambiato nulla, e quando si tornerà a votare per il Senato ce ne accorgeremo”. Verdini e Berlusconi si sono incontrati a cena insieme a Gianni Letta e Fedele Confalonieri nel tentativo di trovare un’intesa. A differenza di Raffaele Fitto, che ha lasciato il partito, per il momento Verdini rimanda il momento della scissione. Anche se di fatto è da tempo che minaccia la costituzione di gruppi autonomi alla Camera e al Senato a sostegno del governo Renzi.
Berlusconi e Verdini sono riusciti ad accordarsi su una tregua?
Nonostante la tregua, le posizioni dei due restano lontane e nella sostanza non mi sembra che ci sia stato un riavvicinamento. Verdini ha intenzione di votare comunque a favore della riforma costituzionale, e non so alla fine Berlusconi come la prenderà. Formalmente è stata sottoscritta una tregua, ma nei fatti Verdini non ha avuto garanzie su nessuna delle questioni che gli stanno a cuore come il partito e il cerchio magico. Magari non c’è stato lo strappo che ci si attendeva già per questa settimana, ma dal punto di vista concreto non è cambiato nulla.
Con i ballottaggi il centrodestra può dire di essere tornato a vincere?
Quella del centrodestra alle amministrative non è stata una vittoria rotonda. Su 18 Comuni capoluogo Forza Italia ha presentato il suo simbolo in 12, e dal 22% delle precedenti amministrative, quando era ancora nel Pdl, è sceso a poco più del 6%. La stessa Lega nord totalizza il 7,7% in questi Comuni, e considerando soltanto quelli del Settentrione riesce a toccare il 10%.
Allora chi può dire di avere vinto?
Questa tornata elettorale non è stata vinta né dalla Lega né dal centrodestra. L’Italia ha una vocazione elettorale conservatrice, come documenta la storia della Prima Repubblica, dominata dalla Dc. Gli ultimi risultati ci dicono che il centrodestra non è morto, ma molti elettori potenziali dello schieramento, che comunque sono la maggioranza nel Paese, optano ancora per l’astensionismo. Il primo partito è formato dagli elettori che non votano, e quindi questa vittoria del centrodestra io non la vedo assolutamente.
Che cosa si muove di nuovo nelle file del centrodestra?
Come già avevano messo in evidenza le Regionali, i ballottaggi confermano che Renzi non è invincibile. Ma soprattutto fanno emergere il fatto che è nato l’anti-renzismo. Ai ballottaggi si verifica una convergenza tra centrodestra e M5S perché adesso il nemico comune non è più Berlusconi bensì Renzi.
Come vede la questione della leadership?
Il centrodestra ha la necessità di trovare un leader che non sia Matteo Salvini. Quest’ultimo non può essere a capo di un centrodestra moderato con la vocazione maggioritaria nel Paese. Soprattutto se stiamo parlando di un centrodestra che possa mettere insieme Forza Italia, centristi, Lega nord e Fratelli d’Italia-An. Serve un volto molto più rassicurante, come documenta il fatto che secondo un sondaggio del nostro quotidiano Luigi Di Maio spaventa di meno gli elettori dello stesso Salvini.
L’unità del centrodestra è ancora un fatto scontato?
No. Se le prossime elezioni dovessero sancire una divisione tra il centrodestra rappresentato da Forza Italia e moderati e quello di Lega Nord e Fratelli d’Italia, a quel punto ci sarà la lotta per il secondo miglior posto, cioè per contendersi il ballottaggio con il candidato del centrosinistra. Sempre che in quella posizione non si piazzi l’M5S.
Chi potrebbe essere il nuovo leader del centrodestra?
C’è il “papa straniero” Paolo Del Debbio, che come dice Gasparri “è il nome che va di moda”, ma potrebbe essere anche un “mister X” che ancora non conosciamo. Tutte ipotesi che si devono scontrare con il fattore principale del centrodestra: Berlusconi è ancora lì e vuole essere lui il federatore di quello che riserva il futuro. Il tutto mentre Salvini continua a dettare le sue condizioni. L’auspicio per il centrodestra è che ci sia qualcuno più veloce sia di Berlusconi sia di Salvini, o che comunque si inneschi un processo di selezione dal basso del nuovo nome. La realtà di queste amministrative è che il centrodestra non è morto, ma ha bisogno di un leader per recuperare tutti i voti finiti in astensionismo.
Ieri il Corriere ha intervistato Corrado Passera che si candida a sindaco di Milano. Il suo è soltanto un progetto velleitario o ha delle chances?
Se Berlusconi non riuscisse a convincere Salvini a candidarsi come sindaco di Milano, anche per liberarsene, quello di Passera può essere un nome spendibile. Anzi potrebbe piacere anche a quel laboratorio del centrodestra che non si identifica con il populismo. Diverso è invece se il centrodestra scommettesse su Salvini, o sullo stesso Lupi, e Passera si trovasse a fare il candidato di se stesso.
(Pietro Vernizzi)