La matassa, qualcuno, prima o poi dovrà ben districarla. Per ora tutto è inamovibile. Il Pd rifiuta i voti del Pdl, che invece glieli darebbe, ma insiste nel corteggiare Grillo, che non glieli darà mai. Bersani ha ancora qualche giorno di tempo per concludere il giro di consultazioni e mettere insieme una maggioranza di governo. Se non ci riuscirà, Napolitano passerà direttamente allo step successivo, saltando il passaggio della fiducia in Parlamento. A quel punto, incaricherà una figura di garanzia. Questo, tuttavia, potrebbe ancora non bastare. Berlusconi, dal canto suo, se sabato tuonava dal palco di Piazza del Popolo chiedendo o un governo Pd-Pdl o elezioni anticipate, ieri ha rilanciato con una nuova proposta: Bersani premier e Alfano vicepremier. Abbiamo chiesto a Giovanni Toti, direttore del Tg4 e di Studio Aperto, quali ipotesi restano in piedi.
Quale strategia sta perseguendo il Pdl?
Come stanno certificando i sondaggi che circolano in questi giorni, se si dovesse tornare alle urne in tempi brevi, Berlusconi vincerebbe. Pure lui lo sa benissimo. La disponibilità del Pdl nel rendersi disponibile a dare un governo al Paese sta sortendo i suoi frutti. Molti tra coloro che hanno ingrossato le fila dell’astensionismo o dell’M5S a causa dei malumori che covavano – anche per colpa di un anno di governo tecnico – stanno tornando ai propri partiti di riferimento tradizionali.
E allora, perché non si limita a chiedere le elezioni?
Perché Berlusconi, nella sostanza, checché se ne dica e nonostante certi atteggiamenti più che altro folkloristici, è un moderato. E, a ben vedere, non sta facendo altro che ripetere la stessa proposta dell’indomani delle elezioni. Il Pdl, cioè, è disponibile, nella forma che non sarà irrispettosa del proprio elettorato, ad entrare un governo di larghe intese. Un sistema sperimentato, del resto, da tutte le principali democrazie occidentali ogni volta che si presenti un’emergenza.
Si, ma il Pd i voti del Pdl non li vuole.
L’alternativa non c’è: Grillo non appoggerà nessun governo mentre Scelta civica (e in particolar modo l’area che fa riferimento a Montezemolo) hanno fatto marcia indietro; probabilmente, non sosterranno il tentativo del segretario del Pd.
Si dice che la Lega potrebbe farlo.
La Lega voterà compatta con il Pdl con il quale governa pur sempre nelle principali regioni del nord. Non vedo cosa Bersani potrebbe promettere al Carroccio per convincerlo a passare dalla sua parte. Nell’ipotesi assurda che ci riuscisse, non avrebbe comunque i voti per votare. Napolitano, dal canto suo, ha chiesto numeri certi in entrambe le Camere. Senza la garanzia di una maggioranza, non manderà mai Bersani in Parlamento a chiedere la fiducia. Quindi, volente o nolente, dovrà dar vita ad un accordo tra Pd e Pdl. Al limite, può trovare una forma che salvi le apparenze.
Ovvero?
Lo chiami pure governo “del presidente”, “di scopo”, “di emergenza nazionale” o “di emergenza economica”, ma la sostanza non cambia. Bersani non ha i numeri. O si accorda con il Pdl, o si torna a votare. Al più presto a giugno. Al più tardi, a ottobre.
L’accordo potrebbe farsi con un governo guidato da un personaggio come il presidente del Senato Pietro Grasso?
Indubbiamente. Avrebbe molto più senso, tuttavia, quello che ha suggerito Berlusconi: Bersani premier e Alfano vicepremier. Aggiungo: con secondo vicepremier che sia espressione di Scelta civica. Un governo del genere, riuscirebbe facilmente a varare in tempo breve le riforme che servono al Paese (abolizione del bicameralismo perfetto, riforma delle legge elettorale, snellimento delle procedure burocratiche e di formazione delle leggi) e di assumere quei provvedimenti economici necessari perché il Paese non collassi.
Il Pd è spaccato al suo interno tra chi ritiene l’accordo con Berlusconi un male assoluto e chi un male necessario. Circola questa ipotesi: il Pdl appoggia un esecutivo di Bersani non sfiduciandolo, per poi varare insieme le riforme istituzionali. Sarebbe un buon compromesso?
Direi di sì. Presumibilmente, è il piano B del Pdl. Purché, a quel punto, il prossimo presidente della Repubblica sia un moderato di centrodestra. Dovrà essere espressione del Pdl, e non un “moderato” generico come Pietro Grasso. Penso, addirittura, che il Pd potrebbe rendersi conto che la soluzione per salvare il Paese consista nel mandare Bersani a Palazzo Chigi e Berlusconi al Quirinale. Avremmo così un governo stabile e forte, in cui le forze storiche e responsabili del Paese riuscirebbero a lavorare insieme. Nel frattempo, il fenomeno Grillo si ridimensionerebbe radicalmente.
(Paolo Nessi)