Con l’inizio del nuovo anno è diventata completamente applicabile la normativa europea per il bail-in. Intanto si trascinano gli effetti dei provvedimenti straordinari varati lo scorso novembre per la risoluzione di quattro banche locali (Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca delle Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti).
Che cosa è accaduto dopo la risoluzione? La vicenda ha suscitato – come noto – fortissime proteste da parte di decine di migliaia di risparmiatori, che hanno visto ridotto (cioè azzerato) il valore dei loro investimenti in azioni e in diciassette emissioni di obbligazioni subordinate.
Ciò ha proiettato un cono d’ombra sugli aspetti positivamente evidenziati dell’operazione, ovvero il salvataggio delle banche e, con esse, del tessuto economico dei territori su cui operano.
Sono emerse in modo dirompente abitudini spregiudicate nel collocare prodotti “della casa”, nonostante regolamenti e vigilanza. Nel frattempo ministero delle Finanze, Banca d’Italia e Consob hanno pubblicato alcuni documenti, specialmente per sostenere le scelte fatte. Il governo, con la legge di stabilità, ha previsto un fondo di solidarietà di 100 milioni di euro, che dovrebbe offrire un risarcimento ai risparmiatori in possesso delle obbligazioni subordinate, acquistate direttamente dalle banche fallite, ma “ridotte” ad agnello sacrificale da consegnare alle temute istituzioni europee.
Che cosa si potrà fare con il fondo di solidarietà? Il fondo non sarà sufficiente a restituire l’intero investimento in obbligazioni subordinate acquistate da 10.559 clienti, per un controvalore stimato in 329,2 milioni di euro. D’altronde, non sarebbe stato forse opportuno creare l’aspettativa che i risparmiatori potranno attingere illimitatamente dalle casse pubbliche. Al di là di promesse e facili annunci, sembrerebbe adesso fondamentale, per la messa a punto dei criteri di utilizzo del fondo, l’ancoraggio a criteri oggettivi, contenendo al minimo ricostruzioni speculative sul se e sul come i risparmiatori siano stati tratti in inganno dagli istituti falliti, visto tutto quel che è emerso.
Il ministero delle Finanze ha pubblicato una prima sintesi, individuando: 8.065 risparmiatori con patrimonio oltre 100.000 euro e obbligazioni subordinate entro il 30% (per 208,4 milioni di euro); 1.484 risparmiatori con patrimonio entro 100.000 euro e subordinate entro il 30% (93,4 milioni); infine 1.010 risparmiatori con patrimonio entro 100.000 euro e subordinate sopra il 50% (27,4 milioni). Non sono noti dati più analitici su come siano distribuite le obbligazioni per classi di investimento (quanti clienti hanno comprato obbligazioni fino a 5, 10, 15, 20, ecc. mila euro?), ma l’investimento medio si aggirerebbe intorno ai 30.000 euro.
Per fare buon uso dei 100 milioni stanziati, servirà evitare soluzioni sbrigative e scoordinate. Un risarcimento fino a un massimo di 30-40 mila euro per obbligazionista sarebbe congruo? Potrebbero occorrere molte simulazioni di ciò che accadrebbe sotto varie ipotesi, per i diversi criteri, pesi e parametri. Tra i criteri a cui si sta pensando, per quantificare i risarcimenti, vi sarebbero – oltre alla percentuale del patrimonio investito in obbligazioni subordinate – anche il rendimento previsto e la data di sottoscrizione delle obbligazioni.
Ma se da un lato sembra coerente guardare al rendimento previsto e alla data di sottoscrizione, da un altro lato suscita perplessità quel riferimento alla percentuale di obbligazioni subordinate rispetto al patrimonio finanziario del risparmiatore, specialmente se ciò venisse usato per qualificare come particolarmente sventurato, e da risarcire integralmente, chi abbia recentemente investito “tutto” in quei titoli – somme superiori a 50, 100 o addirittura 200 mila euro. Il buon senso avrebbe dovuto suggerire l’adozione di molte cautele nel comprare (analogicamente, si sarebbe comprato un piccolo immobile “alla cieca”?). Del resto, se la frode è stata perpetrata in modo evidente, come in qualche caso è già emerso, ci sono le autorità giudiziarie per richiedere ciò che non verrà rifuso.
Sembra dunque condivisibile la fissazione di un limite massimo di risarcimento e la surroga del fondo “nel diritto dell’investitore al risarcimento, nel limite dell’ammontare della prestazione corrisposta”. D’altronde, un certo sacrificio, anche tenuto conto delle sbandierate richieste dell’Europa, era da mettere in conto.
Si potrebbe convenire su un insieme di ulteriori criteri, che sembrerebbero ragionevoli, tra cui, per esempio: risarcimento, ovviamente, non superiore al prezzo d’acquisto (perché il fondo di solidarietà dovrebbe regalare una plusvalenza?); decurtazione, ai fini del ristoro, degli interessi percepiti (se si sono incassate “generose” cedole al 12, all’8 o al 7% per n anni, perché non ridurre i rimborsi?); ulteriore decurtazione se le sottoscrizioni sono avvenute dopo l’applicazione delle norme Mifid (non era una spia che qualcosa stesse cambiando, a seguito di scandali finanziari internazionali?); decurtazione – anche pesante – se le autorità di vigilanza avevano direttamente avvertito i risparmiatori sui rischi (come sarebbe avvenuto per obbligazioni di Banca Etruria), o se la banca era già commissariata al momento dell’acquisto.
Se speso bene, il fondo potrebbe insomma soddisfare quasi pienamente un gran numero di obbligazionisti vittime della cattiva governance bancaria.
(Virgilio Dantini)