Dice il professor Luigi Campiglio: «Il bisogno aguzza l’ingegno». Esperto economista, docente di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, Campiglio cerca di guardare, in questa concitazione e confusione politica italiana, quello che potrebbe rappresentare il “bicchiere mezzo pieno”. È abbastanza strano, dopo “l’urgano politico”, dopo lo tsunami che si è abbattuto sugli equilibri di potere, avere la forza di cogliere anche gli aspetti positivi in una situazione come questa. Ma è anche vero che non serve a nulla sottolineare continuamente che l’incastro politico italiano assomiglia a un puzzle irrisolvibile e indecifrabile. Dietro alla “tempesta perfetta” del 24 febbraio 2013, c’è la realtà da affrontare, quella della recessione economica che incombe sempre, quella di mercati che si muoveranno guardando a un’Italia dove c’è il concreto rischio dell’ingovernabilità. C’è la necessità di cambiare rotta, di uscire da una spirale di depressione, di decrescita o di stallo permanente. E il problema che l’Italia ha svelato in modo così esplosivo non è solamente un problema italiano, è un problema europeo.
Quale prospettive vede professor Campiglio?
Occorre prendere atto di ciò che è avvenuto, di quello che è andato configurandosi in questo periodo, di quello che è saltato fuori da questo voto italiano e bisogna avere il coraggio di valorizzare anche gli aspetti positivi, che di certo non sono molti. Allora, detto in parole più semplici: se queste elezioni sono state una sorta di referendum sulle politiche di austerità per l’Italia e per l’Europa, occorre prendere atto che queste sono state bocciate, respinte. Del resto, mi permetto di aggiungere che questa politica di austerità non funzionasse sul piano economico, per i suoi effetti sociali e politici, non è più un’opinione, ma un’evidenza.
A questo punto?
Credo che di fronte a questo, qualcuno dovrà pure arrendersi e cambiare rotta. L’Italia non è un Paese marginale, ma è la terza grande economia europea. Se un Paese risponde in questo modo, mi pare che la correzione di scelte di politica economica siano inevitabili.
A suo parere quindi, tutto quello che sta accadendo non riguarda solo l’Italia?
Intendiamoci bene, bisogna essere d’accordo su questo punto. Questa è una partita europea, è una partita che riguarda tutta l’Europa. Possiamo dire che siamo di fronte a un evento politico italiano, ma c’è un evento, economico che riguarda tutta l’Europa. Occorre guardare a quello che è stato fatto e a quello che non è stato fatto. E io sto guardando alla funzione che può avere la Banca centrale europea, al peso che può assumere in un momento come questo.
Dovrebbe avere più poteri a suo parere?
Facciamo un breve ragionamento. È stata la Bce, con Mario Draghi, nel luglio scorso con il discorso di Londra, a dare una svolta all’Europa. Ha fatto una dichiarazione da grande “pokerista”, se mi è concessa questa metafora, quando si è impegnato nella difesa a tutti i costi dell’euro. È prevedibile che adesso qualcuno, sui mercati, sempre per usare la metafora del “poker”, abbia la tentazione di andare a vedere le carte che la Bce ha in mano. La mia impressione è che in questo periodo la Bce si sia dotata di poteri aggiuntivi. E ora occorre vedere di che consistenza siano questi poteri aggiuntivi. Credo che ne stiano parlando, ne stiano discutendo. Penso che abbiano in mente di dare, ad esempio, ossigeno alle imprese che sono in grande difficoltà. In pratica, di fare un intervento mirato sulle imprese.
Come potrebbe concretizzarsi questo aiuto?
La Bce potrebbe garantire, scontare direttamente alle imprese i debiti che hanno gli Stati nei loro confronti. Questo sarebbe un passo concreto e importante.
Ritorniamo al panorama italiano professore. Quale è il passaggio più delicato che lei vede in futuro?
Qui non si tratta del futuro, si tratta dei prossimi tre mesi. C’è una scadenza di estrema importanza: l’elezione del Presidente della Repubblica. Il ruolo che ha il Presidente nella nostra Costituzione, soprattutto in un momento come questo, è di estrema importanza, vorrei dire di straordinaria importanza per i poteri che la nostra Carta costituzionale gli assegna. È necessario guardare bene due cose: come viene eletto il nuovo Presidente e chi è. Di fronte a un quadro politico che è un rompicapo, la figura del Presidente diventa decisiva.
E osservando la situazione economica del Paese, che dire?
Innanzitutto si corrono dei rischi. Chi nel mondo oggi ha un po’ di liquidità può arrivare a comperare dei “gioielli” a prezzi stracciati. Poi c’è la sofferenza sociale, l’impoverimento che si vede guardando i dati dal 1992 a oggi. Nel 1992 la capacità di reddito delle famiglie italiane era il 74%, ora è ridotto al 66%. Il risparmio era al 24%, ora è all’8%. Questo scivolamento è avvenuto continuamente, anno dopo anno, e comporta una stato di incertezza e di ansia notevole. Si aggiunga a ciò l’impatto che hanno avuto le imposte indirette: il rincaro delle bollette, ad esempio, l’assicurazione sull’auto. In più il rincaro del costo della vita, dei generi alimentari soprattutto, che in Italia crescono in media più che in tutti gli altri Paesi europei.
C’è chi pensa che bisognerebbe fare un taglio alla spesa pubblica e abbassare contemporaneamente la pressione fiscale.
Personalmente sono scettico sui tagli alla spesa pubblica. Io credo che il vero taglio alla spesa pubblica sia costituito da un’amministrazione che funziona. E’ questo il vero salto di qualità: creare una amministrazione pubblica che funziona, che abbia qualità. Alla fine, sarebbe proprio questo che potrebbe portare anche a una diminuzione della pressione fiscale. Tenendo presente che qualche cosa, sulla pressione fiscale, si può già fare con l’avanzo primario che abbiamo raggiunto.
(Gianluigi Da Rold)