Renzi accusa D’Alema di essere il regista della scissione del Pd; Bersani dice che la colpa è di Renzi. Nel frattempo, secondo Peppino Caldarola, non deve sfuggire quanto l’ex premier ha detto in tv a “Che tempo che fa”: “Le elezioni sono previste nel 2018, se Gentiloni vorrà votare prima lo deciderà lui”. Un messaggio politico del quale l’ex direttore de l’Unità ci dà una sua personale chiave di lettura.
Caldarola, cominciamo dal congresso. Quali chance possono avere due personalità come Emiliano e Orlando?
I margini sono diversi nelle due procedure congressuali. Una è quella degli iscritti, il cui tesseramento finisce domani (oggi, ndr). In questo caso è facile immaginare che chi controlla l’organizzazione abbia fatto più tessere. Inoltre Franceschini e Delrio sono stati molto attivi in periferia, idem per Emiliano in Puglia.
Orlando?
E’ più in difficoltà: poteva contare sugli iscritti di sinistra, ma se questi se ne vanno la faccenda si complica.
E alle primarie?
Le primarie sulla terna di candidati alla leadership sono più un voto di opinione e come tali favoriscono Renzi. Tutto sta a vedere se, come e in che misura la sua immagine di leader risulterà usurata. Parlarne è prematuro, ma se ci fosse una svolta sarebbe clamoroso.
Però lei nel suo blog “Mambo” scrive che Renzi politicamente ha chiuso.
Se non ci limitiamo al congresso, sì, e lo dico sulla base di due semplici considerazioni. La prima è che nella logica proporzionale la qualità di un leader è la capacità di fare coalizioni; ma se questo leader non sa tenere insieme il suo partito, come fa a unirsi ad altri? La seconda è che Renzi continua a non proporre nulla di nuovo. I suoi elettori lo voteranno per ragioni di fedeltà, ma se dovessero cambiare idea la partita di Emiliano e Orlando diventerebbe interessante. Non tanto ai fini di un’improbabile vittoria, ma perché potrebbero impedire a Renzi di superare il 50 per cento del consenso.
La nuova formazione, Democratici e progressisti – Articolo 1 (Dp) ha subito avanzato una ricetta non molto accattivante: Imu e patrimoniale.
L’Imu va differenziata: prime case da una parte e proprietari con due, tre o quattro case dall’altra. Anche la patrimoniale è un tema ricorrente, sia a sinistra sia nel centrodestra. Non è necessariamente punitiva: in presenza di un piano serio da un milione di posti di lavoro, per esempio, il suo finanziamento via imposta patrimoniale sarebbe sensato.
A Dp Renzi ha risposto domenica sul Messaggero, lanciando un nuovo welfare basato sul lavoro (non sul reddito) di cittadinanza.
Purtroppo non è andato oltre e non ci ha detto in che cosa consiste. Il punto su cui tutti si stanno arrabattando è abbastanza semplice ed è fatto di due questioni di fondo. La prima: quanta parte del Pil, anche aumentando il debito, può essere destinata alla creazione di nuovo lavoro e con ciò all’aumento del Pil?
E la seconda?
Come si può venire incontro alle nuove povertà e alle generazioni che vivranno di lavori precari? A mio modo di vedere, nella situazione attuale non si può uscire dallo schema rooseveltiano. Lo stato deve impegnare risorse per creare lavori utili a migliorare il sistema Italia, dalla cultura al territorio, fino ai prepensionamenti per assumere nuovi giovani. Oltre, ovviamente, al taglio della spesa pubblica improduttiva. Tutto questo negli States è stato fatto.
Vuole dire che Renzi è andato nel posto sbagliato?
Non è andato nel posto sbagliato, ma i paesi vanno studiati, non visitati in tre giorni. Io al posto suo sarei andato a vedere più da vicino il mondo che ha votato Trump. Per capire di più la California bastava rimanere in Italia e leggere gli articoli di Federico Rampini.
Se Renzi ora accelerasse sulla legge elettorale mettendosi d’accordo con Berlusconi su una soglia di sbarramento che esclude i fuoriusciti del Pd?
Lo può fare, ma è un’ipotesi che presenta due ostacoli. Si può non volere in Parlamento una forza dell’1 per cento, ma escludere il 3 per cento vuol dire tagliare fuori un milione e forse più di voti. E’ il nodo della rappresentanza, su cui il proporzionale insiste di più. Se Renzi mette una soglia del 5 per cento per fermare un partito, non solo reca uno strappo alla democrazia, ma può star sicuro che quel partito supererà la soglia.
Renzi è tornato da Fazio. “Le elezioni sono previste nel 2018, se Gentiloni vorrà votare prima lo deciderà lui”. Secondo lei che cosa significa?
Apparentemente dice che sarà Gentiloni a decidere quando si vota: ma è sbagliato, perché le elezioni anticipate le decide il presidente della Repubblica. E questo lo sa anche Renzi.
Dunque?
E’ un messaggio dal sapore ricattatorio: sai tu quando dimetterti. Anzi: tu ti devi dimettere perché questo è l’accordo che c’è tra di noi. Come dire: a giugno non si può più votare, ma tu ricordati del nostro patto.
Di quale patto, Caldarola?
Gentiloni ha la schiena dritta e per questo io lo stimo. Però gli accordi in politica vanno mantenuti, e se un accordo c’è, e io credo che ci sia, non lo si può disattendere… Anche perché Renzi ha una fretta maledetta di entrare in Parlamento.
Per quale ragione? Mi sono dimesso da tutto, sono un uomo libero, ha detto l’ex premier. Ha l’agenda zeppa di impegni.
Vero; ed è saggio usare questo tempo per studiare e per girare l’Italia. Ma Renzi è anche circondato da magistrati che indagano il papà e gli amici. Tiri lei le conseguenze.
(Federico Ferraù)