“La sfida di Roma sancirà la nascita del Partito della Nazione di Destra”. Lo evidenzia Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità ed ex parlamentare dei Ds, secondo cui “i voti di Salvini e della Meloni confluiranno sulla candidatura di Virginia Raggi (M5s), così da battere Giachetti e incassare la non belligeranza dei grillini a Milano”. Giovedì i Cinque Stelle hanno ufficializzato la candidatura di Gianluca Corrado come sindaco di Milano, mentre a Napoli la candidata del Pd, Valeria Valente, sta lavorando per ricucire con Antonio Bassolino. Ma è soprattutto quella di Roma la partita più difficile da decifrare. Da un lato l’area di centrodestra schiera ben quattro candidati: Guido Bertolaso, Giorgia Meloni, Francesco Storace e Alfio Marchini. Dall’altra il centrosinistra vede in lizza Roberto Giachetti e Stefano Fassina, ma anche Ignazio Marino all’ultimo potrebbe decidere di candidarsi.
Caldarola, per Francesco Rutelli le comunali di Roma potrebbero diventare il banco di prova di un’alleanza tra Pd e Grillo. E’ una buona idea?
Io penso che sia del tutto inattuabile. Quello di Rutelli è uno dei tanti tentativi che, da Pier Luigi Bersani a Michele Emiliano, molti uomini politici hanno compiuto per snidare M5s. Finora nessuno di questi tentativi ha avuto alcun cenno positivo. A Roma invece stiamo assistendo a un’altra operazione, che io chiamo la nascita del Partito della Nazione di Destra. I voti di Salvini e della Meloni confluiranno cioè al ballottaggio su Virginia Raggi, così da battere Roberto Giachetti. A Milano in cambio M5s schiera un candidato dal profilo minore per favorire Stefano Parisi.
Nel frattempo la spaccatura del centrodestra a Roma è destinata a ricomporsi?
In questa frana del centrodestra agiscono diverse componenti. Avendo più voti di Berlusconi, Salvini non accetta più il comando del Cavaliere e sollecita la Meloni a schierarsi con lui. Il messaggio del leader della Lega è che Berlusconi ormai non è più il dominus del centrodestra, e se vuole partecipare deve accettare le sue condizioni. Il leader di Forza Italia ha pensato invece di proporre il suo tecnico di fiducia, Guido Bertolaso, che però non piace allo stesso Salvini.
Perché a Salvini non piace Bertolaso?
In primo luogo perché Bertolaso è impelagato in vicende non risolte, e inoltre perché una sua affermazione confermerebbe che il deus ex machina del centrodestra rimane Berlusconi. L’ipotesi più probabile è quindi che le cose restino così come sono e che rimangano in lizza le tre candidature di Storace, Bertolaso e Meloni. L’esito di questa dispersione sarebbe un ballottaggio Raggi-Giachetti. L’unica via d’uscita è che Berlusconi con un motu proprio decida di appoggiare Marchini, lasciando tutta la guerra intestina dentro l’area più radicale della destra.
Veniamo a Milano. Sala ha qualcosa da dire alla sinistra?
Quando ha candidato Sala, Renzi immaginava che il centrodestra avrebbe presentato un uomo di partito, cioè di Lega nord o Forza Italia. Sala a quel punto sarebbe stato la figura più forte grazie al suo profilo tecnico lussuoso e al fatto di essere trasversale in quanto non ascrivibile alla sinistra. Il colpo di genio di Berlusconi è stato quello di non fare scendere in campo uno dei suoi tanti colonnelli. La presenza di Parisi ha cambiato i giochi, in quanto è in grado di parlare a un elettorato socialista che a Milano ha una storia lunga, per esempio agganciando Pillitteri.
Parisi può battere Sala al ballottaggio?
Parisi si sta rivelando un concorrente molto serio, che sta inseguendo Sala con molto fiato in corpo. Ha una storia di amicizia con Israele, anche per ragioni familiari. Trovo quindi singolare che accetti di correre insieme alla Lega nord, che a Roma è alleata a sua volta di Casa Pound. Qui può nascere un problema politico-culturale che riguarda molti settori anche socialisti e progressisti, che Parisi vuole intercettare ma che potrebbero essere bloccati da questa questione irrisolta.
A Napoli intanto Bassolino ha detto che “se non si rivota il Pd perde a prescindere da lui”. E’ così?
Questa dichiarazione si può interpretare in un unico modo: Bassolino in questo momento non ha molta voglia di correre da solo. Un’esperienza in solitaria potrebbe andargli molto male, e Bassolino potrebbe essere accusato di avere diviso l’elettorato del Pd. L’ex governatore campano inoltre vede profilarsi all’orizzonte un nuovo successo di de Magistris.
Perché il sindaco di Napoli è così forte?
E’ forte perché dopo una prima fase in cui era stato protagonista della scena mediatica, ha scelto di scomparire. L’amministrazione sta facendo un’azione in città che in un modo o nell’altro non la espone a fenomeni clamorosi come quelli dei tempi dell’immondizia. E poi la grande risorsa di de Magistris è la stessa che Renzi ha tra le mani: esprime un mondo elettorale compatto e contro di sé ha mondi elettorali in disfacimento. Quindi de Magistris vince perché l’avversario è cretino, e non perché sia stato un “signor sindaco”.
(Pietro Vernizzi)