Non solo uccisa, ma “ammazzata due volte dal comportamento della Germania”: Fabrizia Di Lorenzo, la giovane e bella ragazza di Sulmona uccisa barbaramente nell’attentato di Berlino ai mercatini di Natale, non vedrà la sua memoria ricordata nell’aspetto più materiale ma anche più semplice, un risarcimento alla famiglia. «il governo tedesco è stato assente, non ci hanno mai contattati, ci hanno lasciati soli», raccontano i genitori di Fabrizia in una intervista al Corriere della Sera. La beffa arriva per una assurda legge datata 1985, per cui esclude il risarcimento per i danni causati alle vittime di crimini violenti commessi «con un veicolo a motore o un rimorchio», come il 19 dicembre 2016 a Berlino nel vile attentato compiuto da Anis Amri, ucciso poi qualche giorno dopo nel noto blitz “casuale” di Sesto San Giovanni (Milano). «Non c’è importo che possa pagare la morte di nostra figlia ma significherebbe ammettere le responsabilità per non aver fermato un criminale. In quei giorni tragici non ci hanno dato neanche un interprete e ci hanno trattata malissimo come del resto anche le altre famiglie tedesche». Qualche giorno fa hanno incontrato il presidente della Repubblica tedesco, Joachim Gauck, a cui hanno riportato la loro amarezza «per la mancanza di sensibilità e umanità. Lui si è scusato: “Sapevo che le cose non avevano funzionato perfettamente, ma non pensavo fino a questo punto”». Per ora, l’unico risarcimento andrà ai parenti dell’ autista polacco del tir perché è stato ucciso da Amri a colpi di pistola e non sotto le ruote.
, un’impresa di logistica. Quella sera era uscita per comperare i regali da portare a Sulmona; «Come si può equiparare quello che è accaduto a un normale incidente stradale? Ci sentiamo presi in giro da chi non vuole riconoscere di aver sbagliato e non vuole evitare che quello che è accaduto si ripeta in futuro. Vogliamo che i tedeschi ammettano pubblicamente le loro responsabilità», riporta ancora la mamma di Frabizia, Giovanna Di Lorenzo. funzionari dell’ ambasciata italiana si sono curati di loro. «Disponibili per qualunque cosa, con gli amici di Fabrizia ci hanno assistito continuamente, anche perché non parliamo il tedesco. Abbiamo sentito lo Stato con noi», dice Giovanna. «Dovranno passare quasi tre giorni interminabili, senza un aiuto psicologico, soffrendo da matti, senza che nessuna autorità tedesca si presentasse a dirci qualcosa», sottolinea Giovanna convinta che già il 20 la polizia tedesca sapesse che Fabrizia era tra le vittime perché la 4 flow aveva fornito una foto di lei e una collega aveva trasmesso i suoi dati, ma «ci hanno lasciato con le altre famiglie nell’ angoscia, nella vana speranza di poterla ritrovare ferita, ma almeno viva». Il 22 il risultato, nefasto, del Dna. «Ci siamo abbracciati e abbiamo pianto», ricorda papà Gerardo sempre al Corriere della Sera. Un caso avvero incredibile che sottolinea una volta di più che non sempre l’Italia è “terribile” nella gestione delle emergenze, e nell’attenzione verso famigliari e vittime, come si evince dalla triste vicenda tedesca…