L’impressione di fondo che si ricava dalla lettura di giornali anche molto accreditati è che qualcuno invada territori che non sono i suoi. Detta in parole povere, con il dialetto milanese, si traduce in “ofelè fa il tò meste”. Ci scusiamo con i puristi del milanese e soprattutto con il grande Carlo Porta. In sintesi, ognuno deve fare il suo mestiere. Quindi, sono gli analisti finanziari, i trader che possono consigliare acquisti di titoli di Stato, Btp, Bot, oppure provare diversificazioni di portafoglio con l’acquisto di titoli di altri Stati, non i giornalisti che dovrebbero invece limitarsi a fare la cronaca di quanto accade sui mercati.
Fatta questa premessa, che ci pare doverosa, vediamo quello che può succedere a un modesto cliente retail di una banca italiana, uno che è capace di risparmiare e investe in titoli di stato del suo Paese. È evidente che affidando i suoi risparmi, o magari un piccola somma per un lavoro extra, a un titolo di Stato non investa sul rischio contro il suo Paese. Insomma, pensa che il suo Paese non fallirà.
Fatta questa considerazione, che dovrebbe valere soprattutto per quelli che un tempo si chiamavano “Bot people”, in un momento come questo il suggerimento minimo che si potrebbe dare è quello di “stare in campana”. Tenere i titoli sul conto corrente e aspettare tempi più felici, se mai verranno. Infatti non si deve essere ingannati dal maggiore rendimento che in questi giorni assicurano Bot e Btp. Se sale il rendimento di un titolo significa che quel titolo diventa più rischioso. Si pensi che in questo momento, con i mercati sotto pressione, i grandi acquirenti e venditori di titoli, per centinaia di milioni di euro, non riescono più a governare la situazione.
Ora, il problema è che quando l’economia va male, l’indice dell’oro sale e il consiglio più spassionato che si potrebbe dare a un amico è quello di comprare un lingotto se hai dei risparmi consistenti, oppure, se puoi andare più in là prendi un pezzo di terra, che magari di assicura una zuppa di patate alla sera.
Altre soluzioni, se sono difficili per i grandi investitori, immaginatevi quanto possono essere realistiche a facile per un investitore retail di una banca italiana. Ieri, ad esempio, il Btp quinquennale è salito a un rendimento del 5,6%, quota sbalorditiva, il massimo da quando esiste l’euro. La lettura corretta è che il rischio è aumentato, cioè hai fatto un prestito allo Stato che ha un prezzo di rischio superiore. Mettiamo il caso che questo Btp, per i contraccolpi del mercato in questo momento vada al 7%, oppure al 10%, il rischio viene prezzato in modo ancora maggiore. Ma se, per caso, il cliente retail deve smobilizzare, cioè vendere, per sue necessità, deve vendere a prezzo di mercato. Quindi deve fare i conti con delle perdite inevitabili.
Certo è meglio investire (ma sia chiaro che non è un consiglio da esperto) sui Bot a tre mesi o a sei mesi, che hanno raggiunto rendimenti record al 4,1% lordo, che diventa un 3,3% nelle tasche dei clienti al netto del fisco, della commissione bancaria e dei calcoli sull’inflazione. Ma anche in questo caso, ci si guardi bene, in un momento come questo dal suggerire qualcosa, diffidando magari da chi su queste operazioni ricava buone commissioni e consiglia “spassionatamente”.
È evidente che tutti speriamo e crediamo che i debiti sovrani non sconfinino in default e che la storia dell’euro non termini dopo poco più di una decina di anni. Ma siccome c’è una imprevedibilità assoluta in questi momenti sui mercati e, ripetiamo, nemmeno i grandi investitoti riescono a governare queste cose, la prudenza non è mai troppa. I risparmi si mettano pure in titoli, se non si può sotterrare oro in giardino o non si può acquistare terreni agricoli, lasciandoli sul conto corrente. Lasciamo perdere voli pindarici di differenziane di portafogli o sconfinamenti in realtà che non sappiamo bene come vanno a finire.
Terminiamo ancora con un milanese approssimativo che si diceva ai tempi delle “grida” in piazza Affari: “Stiamo schsci”.