Per descrivere lo scenario attuale occorre partire da alcune osservazioni di carattere generale. La prima, molto importante, è che negli ultimi cinque anni abbiamo vissuto un periodo di eccezionale solidità dell’economia mondiale, superiore anche allo sviluppo degli anni ‘70. Non c’è mai stato, infatti, un periodo in cui la crescita economica sia avvenuta ogni anno e in quasi ogni Paese. Una seconda osservazione è che le crisi finanziarie non sono un fatto nuovo nella storia, anzi, le crisi finanziarie sono un fenomeno frequente. Un terzo punto è che nel corso della storia la crescita economica è andata di pari passo con i progressi nella finanza: la società industriale non può esistere senza un sistema finanziario avanzato.
L’innovazione finanziaria ha promosso una crescita economica maggiore, che a sua volta ha permesso una maggiore innovazione finanziaria. Qualcuno sostiene l’esistenza di un’economia finanziaria e di un’economia reale. Per certi aspetti questo è vero, ma non ci sarebbe l’economia reale senza l’economia finanziaria, e viceversa.
Arriviamo così al ruolo della finanza. Nelle società che non hanno raggiunto standard di vita moderni, la finanza è abbastanza primitiva. La maggior parte dell’attività finanziaria è costituita dalle attività commerciali possedute dalle famiglie, che reinvestono i loro soldi principalmente nello stesso tipo di attività. Il motivo è che non hanno altre opportunità e non possono fidarsi di nessun altro. Per una crescita più veloce, occorre creare un sistema per trasferire i fondi a chi può trovare opportunità per investimenti più vantaggiosi, con modalità che assicurino la trasparenza e, soprattutto, garantiscano i risparmiatori. Per questo vi è bisogno di professionisti che valutino i rischi, i processi di tali operazioni, le opportunità veramente convenienti e che hanno buone prospettive, incanalando così le risorse verso chi ha obiettivi ragionevoli e la capacità per raggiungerli. Questa è la prima funzione di un sistema finanziario.
La seconda funzione è ugualmente importante, ma è anche quella più rischiosa. In qualsiasi momento si può andare a vedere un terreno e acquistarlo: è probabile che sia un investimento molto sicuro, che quindi non darà un rendimento molto alto. Se si desidera di più da un investimento, si devono considerare opportunità che abbiano un più alto tasso di rendimento e quindi un maggior grado di rischio: se il denaro è investito in più tipologie di investimento, questo rischio viene frazionato. Se il nostro portafoglio di investimento è differenziato, avremo bisogno di qualcuno che valuti i rischi assunti e il loro prezzo, prezzo rappresentato, dall’incremento di rendimento rispetto ai titoli di Stato (spread), necessario per pagare il rischio supplementare che si affronta.
I sistemi finanziari si sono sviluppati di pari passo con l’economia reale e l’aumento del reddito pro capite. È importante ricordarlo. Gli studi della Banca Mondiale hanno permesso di rilevare correlazioni sorprendentemente forti fra il grado di sviluppo del sistema finanziario e il reddito pro capite. Col passare del tempo, l’offerta finanziaria è divenuta estremamente articolata, sia per ricchezza di strumenti che per tipologia di operatori, in grado quindi di rispondere a una vasta gamma di esigenze degli investitori, sia società che privati.
L’entità e la qualità del mercato dei mutui costituiscono indicatori importanti per i Paesi industrializzati. Un mercato sviluppato permette a un maggior numero di persone di diventare proprietari della propria abitazione. Alla base della concessione di un mutuo vi è la valutazione dell’immobile dato in garanzia e del reddito del richiedente, effettuata dalla banca cui viene richiesto il prestito e che ne assume il rischio. Ciò richiede una serie di accertamenti che rendono la procedura di concessione del mutuo meno efficiente.
Le banche e altri istituti finanziari cominciarono così a utilizzare su vasta scala la cartolarizzazione dei loro crediti: i piccoli prestiti venivano assemblati così da costituire una massa di una certa dimensione, che veniva poi rivenduta sotto forma di titoli garantiti da attivi patrimoniali (asset backed secutities). All’interno di questi nuovi strumenti furono inseriti anche i mutui, trasformando le banche da prestatori diretti in intermediari. Negli anni ’90 vi fu di conseguenza una grande quantità di cartolarizzazioni e anche il mercato dei mutui conobbe una forte crescita.
Agli inizi degli anni 2000, il mondo venne sommerso da un’ondata di liquidità e i tassi di interesse scesero ovunque a livelli molto bassi, provocando la ricerca di opportunità di investimento per l’ingente quantità di denaro disponibile. I bassi tassi di interesse resero molto appetibile l’acquisto di immobili, i cui prezzi cominciarono a salire creando così sempre più la convinzione che le case fossero un ottimo investimento.
L’abbondanza di liquidità e l’elevato livello della domanda finirono per abbassare la percezione della soglia di rischio. Banche e istituti finanziari cominciarono a chiedere sempre minori garanzie, a porre minore attenzione ai redditi dei prenditori dei prestiti e, perfino, ad abbandonare la richiesta di anticipi per ottenere i mutui. Talvolta, il mutuo veniva concesso per somme superiori al valore della casa e con un tasso promozionale per i primi anni, tasso che in seguito sarebbe stato aumentato.
Gli Stati Uniti stavano diventando una nazione di proprietari di case, che in questo periodo passarono dal 62 al 67%. Tra gli addetti ai lavori, per esempio all’interno del Fondo Monetario Internazionale, si faceva però strada la convinzione che questa situazione non potesse protrarsi all’infinito e che prima o poi i prezzi delle case si sarebbero fermati o i tassi avrebbero cominciato a risalire.
Se qualcosa fosse andato storto ci si sarebbe ritrovati come in quel gioco in cui, quando la musica cessa, non vi sono sedie per tutti e qualcuno rimane in piedi. E qualcosa ha finito per andare storto.
Ci sono alcuni fatti interessanti che non sono stati evidenziati nella tempesta seguita allo scoppio della crisi dei mutui subprime (cioè mutui concessi a debitori con insufficienti garanzie). Uno di questi è il fatto che circa un terzo dei detentori di mutui subprime ha stipulato tali prestiti per abitazioni non di prima residenza. Molti si sono indebitati per seconde case, pensando che fosse un buon investimento e anche sicuro: quando non sono stati in grado di far fronte all’impegno, molti di costoro hanno ceduto la casa, non avendo impegnato in essa alcun capitale.
Il problema è che non si sa quanti si sono trovati o si trovino in questa situazione, così come non si sa quanti sono i mutui a tasso promozionato che andranno in scadenza di questi tempi, con il conseguente aumento del tasso di interesse e il pericolo di nuovi abbandoni del mutuo.
Un altro elemento di estrema incertezza deriva dalle cartolarizzazioni. I “pacchetti” che ne sono derivati sono stati valutati dalle agenzie specializzate in base alla solidità delle banche che ponevano questi prodotti sul mercato, ma senza sapere esattamente cosa vi era dentro. Il punto critico è che alla fine neppure le stesse banche sapevano più chi deteneva cosa. Si veda ad esempio il caso di Paribas, solido istituto francese, che a un certo punto ha dichiarato: “Noi non siamo in grado di far fronte agli impegni, perchè non sappiamo quanto valgano i nostri attivi patrimoniali”.
Vale a dire che le banche stesse non sanno che cosa c’è dentro i loro prodotti, dove sono sul mercato e chi li detiene. Ciò è apparso evidente nel momento in cui il mercato interbancario, in cui le banche saldano i loro conti ogni giorno, si è prosciugato: nessuna banca vuol più prestare denaro ad altre banche, perché non può accertare lo stato reale del suo bilancio.
Questo è il peggiore nemico dei mercati finanziari: la mancanza di informazioni, con la conseguente incertezza che può degenerare nel panico, e a questo punto le cose vanno veramente male. Una crisi del settore immobiliare era ampiamente prevedibile e non sarebbe stata né la prima, né l’ultima. L’aspetto centrale del problema è la tenuta del sistema bancario e, sempre che non vi siano altre sorprese, questo sembra essere quanto sta succedendo, anche con l’aiuto della Federal Reserve. In tal caso, potremmo anche concludere che è stata una lezione, durissima ma salutare. Infatti, da essa dovremmo avere imparato quanto possa essere pericolosa la sottovalutazione dei rischi e la ricerca acritica di alti rendimenti, con spread quasi inesistenti rispetto ai titoli di Stato per operazioni che comunque comportavano un rischio. La ripresa di una corretta valutazione del rischio e del suo prezzo non può che essere positiva per tutta l’economia.