«L’acquisto di Windjet e Blu Panorama da parte di Alitalia prepara l’addio di Rocco Sabelli da amministratore delegato e la vendita della compagnia di bandiera ad Air France/Klm già a partire da gennaio». Lo spiega Gianni Dragoni, inviato de Il Sole 24 Ore, che commenta le voci sulle dimissioni di Sabelli, che per l’esperto «non sono solo voci», l’ipotesi di fusione tra Cai e le due piccole compagnie italiane e anticipa quanto avverrà nel corso del cda del 24 febbraio sui conti del 2011.
L’acquisto di Windjet e Blu Panorama da parte di Alitalia sarebbe un fatto positivo per il mercato italiano?
No, perché diminuisce la concorrenza, già molto ridotta da quando Cai, la nuova Alitalia, è nata assorbendo il suo ex concorrente Air One. La decisione dei vertici di Alitalia di preparare l’acquisizione di Windjet e Blu Panorama mi ha in parte sorpreso, perché queste ultime sono comunque molto piccole e in condizioni economico-finanziarie piuttosto deboli. Siccome entrambe le compagnie sono presenti soprattutto in Sicilia, è evidente che l’obiettivo di Alitalia è rafforzarsi sull’intera isola. Acquisendo inoltre slot nonostante in questi anni abbia perso quote a vantaggio di concorrenti come Ryanair, Lufthansa, Easyjet e delle stesse Windjet e Blu Panorama. Alitalia sta dunque cercando di ricreare un monopolio nazionale che stava perdendo. E questo in vista di creare un pacchetto più appetibile quando potrà vendere ad Air France all’inizio del 2013.
Per quale motivo, nella prospettiva di una vendita, è necessario ricreare il monopolio di Alitalia?
La nuova Alitalia ha perso quote di mercato, anche nei voli nazionali. E questo benché sia partita con una serie di agevolazioni, incluso il divieto dell’Antitrust di intervenire sul monopolio sulla Roma-Milano o su tutte le rotte da Linate dove ha una posizione fortissima. Alitalia sta cercando di rafforzarsi per essere più appetibile agli occhi di un potenziale acquirente, offrendo così un migliore controllo del mercato italiano.
Cai era nata per evitare la vendita ad Air France. Non è una contraddizione che l’obiettivo della dirigenza della nuova Alitalia sia proprio questa cessione?
Eppure questo sarà l’approdo non appena gli imprenditori della cordata potranno permettersi di farlo, e cioè dal 13 gennaio 2013. L’intera operazione della nuova Alitalia, che era stata presentata all’insegna del mantenimento dell’italianità, è stata solo un’operazione politica di Berlusconi per le elezioni del 2008. Sul versante economico/finanziario invece è stato un sacrificio inutile, costato alla collettività tra i 3 e i 4 miliardi di euro. Con un’operazione che ha lasciato i debiti allo Stato e oltre 7mila esuberi in cassa integrazione più mobilità per almeno sette anni a carico delle finanze pubbliche. Mentre all’epoca c’era un’offerta di Air France, che fu respinta da Berlusconi e dai sindacati e che era più vantaggiosa per tutti: per lo Stato, per gli azionisti, per i creditori e per i dipendenti.
Quando si tratta della principale compagnia di bandiera, l’italianità è solo un valore retorico o anche un valore economico?
Per come è stata applicata in questo caso, si è trattato soltanto di retorica. Sono stati chiamati 20 azionisti “patrioti”, che io ho definito “capitani coraggiosi”. Se si esclude Toto, che ha venduto Air One tenendo poi una quota azionaria della nuova Alitalia, gli altri imprenditori provenivano da settori ben diversi. Sono stati chiamati per un disegno politico, da Berlusconi, ma anche dal mondo della sinistra, e non dimentichiamoci che a guidare la cordata con Roberto Colaninno c’era anche Corrado Passera, l’attuale ministro dei Trasporti. In cambio, questi imprenditori hanno ottenuto la promessa di compensazioni su altri tavoli, come le tariffe autostradali per i Benetton e Gavio. L’italianità ha quindi avuto un valore economico per i “capitani coraggiosi”, ma non per la collettività.
In che modo lo Stato poteva difendere gli interessi italiani?
Un interesse italiano si potrebbe conseguire al contrario senza imporre il controllo della proprietà in mani italiane, ma dettando a un vettore straniero il mantenimento di una serie di collegamenti con l’estero di lungo raggio e una serie di investimenti, con delle penali per chi non mantiene le promesse. I contratti consentono di specificare tutte queste clausole, ma lo Stato italiano ha dimostrato di non essere presente a questo livello.
Come valuta le voci sulle dimissioni di Sabelli?
Non sono solo voci. Sabelli è a fine mandato, e le sue dimissioni potrebbero essere il segno che non c’è un pieno accordo per rinnovare il suo incarico. Se non lo pregheranno di rimanere con la fiducia di tutti, abbandonerà quindi l’incarico da Amministratore delegato. Lo stesso Sabelli conosce bene le difficoltà che gli riserverebbe il futuro se restasse. Ha sempre cercato di fare apparire i risultati di Alitalia nel 2011 come un pareggio operativo, che non corrisponderebbe comunque a un pareggio effettivo, ma a una perdita: in realtà, non ci sarà neppure quello. I conti nel 2011 sono peggiorati rispetto al 2010, e credo quindi che se Sabelli, come sta lasciando trapelare, non sarà confermato, questo sarà anche il segno delle difficoltà nella navigazione della compagnia. Oltre che del fatto che a gennaio gli imprenditori che compongono la cordata pensano di vendere ad Air France. L’unica cosa incerta è ormai il prezzo a cui questo avverrà.
Davvero ritiene che non ci sia un’alternativa alla vendita di Alitalia ad Air France?
L’alternativa può sempre esserci. Se si tratta di un’alternativa straniera, per esempio Lufthansa, sarebbe però difficile smantellare gli accordi già presi tra Alitalia ed Air France a partire dal 2001. L’unica alternativa percorribile quindi, dal momento che sta tornando in auge l’intervento pubblico mascherato attraverso la Cassa depositi e prestiti o il Fondo strategico italiano, potrebbe essere un intervento di questo braccio dello Stato. Sarebbe però sorprendente se si decidesse di rinazionalizzare una società dopo che era stata realizzata un’operazione di privatizzazione costosa per la collettività, “regalandola” a dei soci privati.
Che novità emergeranno dal cda di Alitalia del 24 febbraio sui conti del 2011?
Il cda ufficializzerà i risultati dell’anno scorso. Da quanto conosciamo in via ufficiosa, la perdita netta della società dovrebbe essere intorno ai 100 milioni di euro. Da documenti interni che ho potuto consultare, la compagnia ha però compiuto delle entrate eccezionali o dovute ad accordi commerciali particolari, incamerando dei proventi diversi. Sono quindi entrate una tantum, che hanno consentito di ridurre le perdite vere della gestione. La perdita effettiva potrebbe quindi anche essere intorno ai 200 milioni di euro.
(Pietro Vernizzi)