Con questo istituto, l’ente pubblico si incarica di tutelare gli utenti, che debbono scegliere, verificando che le organizzazioni che si candidano ad entrare nel mercato dei servizi offrano standard minimi adeguati relativamente alla competenza degli operatori, alle capacità organizzative e alla qualità delle prestazioni.
Il sistema di accreditamento è stato – peraltro in linea con quanto già invalso nel comparto della sanità – disciplinato dall’articolo 2 della legge 328/2000 (legge di riforma dell’assistenza) e dal successivo D.M. 21-05-2001, n. 308, recante Regolamento concernente “Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione all’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell’articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328”. Dalla legge e dal regolamento attuativo emerge un sistema fondato sulla necessaria conformità dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale ai requisiti minimi stabiliti dalle leggi regionali.
Il D.M. in argomento stabilisce alcuni requisiti comuni ai servizi erogati. In tal senso, il soggetto erogatore di servizi alla persona di cui alla legge n. 328 del 2000 deve garantire il rispetto delle seguenti condizioni organizzative, che costituiscono requisiti minimi ai sensi dell’articolo 9, comma 1, lettera c), della medesima legge:
A) presenza di figure professionali qualificate in relazione alla tipologia di servizio erogato, secondo standard definiti dalle regioni;
b) presenza di un coordinatore responsabile del servizio;
c) adozione, da parte del soggetto erogatore, di una Carta dei servizi sociali secondo quanto previsto dall’articolo 13 della legge n. 328 del 2000 comprendente la pubblicizzazione delle tariffe praticate con indicazione delle prestazioni ricomprese;
d) adozione di un registro degli utenti del servizio con l’indicazione dei piani individualizzati di assistenza.
Le normative regionali, in generale, richiedono alle organizzazioni che fanno domanda di accreditamento, inter alia, l’uso di metodologie di rilevazione della domanda di servizi; capacità di attivazione delle risorse comunitarie e del volontariato; capacità progettuale; esperienza; formazione e supervisione degli operatori.
Ci sembra questo un approccio che, almeno in linea di principio, intende privilegiare una misurazione della qualità non fondata su aspetti “quantitativi”, ma di “eccellenza”. Trattandosi di servizi che producono beni relazionali, invero, l’applicazione di procedure e misurazioni di tipo quantitativo rischia di non cogliere proprio quegli aspetti relazionali, in cui si esprime la qualità delle prestazioni nel settore socio-assistenziale e socio-sanitario. Sarebbe, in questo senso, impedita un’effettiva misurazione della qualità e sarebbe favorito il rischio della standardizzazione dei comportamenti dell’operatore, riducendo quella flessibilità e capacità di adattamento che in molti casi è necessaria per soddisfare le specifiche esigenze dell’utente e che definisce, in gran parte, l’agire delle organizzazioni non profit e private.
La finalità a cui l’istituto dell’accreditamento tende è quella di permettere l’esistenza di un gruppo tendenzialmente aperto di concessionari e, quindi, un insieme tendenzialmente aperto di unità di offerta di servizi sociali, evitando così di operare una selezione a monte e immettendo nella rete una pluralità di soggetti accreditati, tutti professionalmente e strutturalmente idonei, tutti potenziali fornitori di servizi sociali corrispondenti agli standard qualitativi definiti dall’Amministrazione, tutti egualmente inseriti nella rete.
In tal modo, la selezione dei soggetti concessionari potrà avvenire nel momento dell’accesso al servizio da parte degli utenti, che sceglieranno l’unità di offerta da essi ritenuto maggiormente corrispondente alle proprie esigenze.
In tema di accreditamento, interessante risulta una recente sentenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato V sez., 05/05/2008, n. 1988), nella quale i giudici amministrativi affermano che il rapporto intercorrente tra strutture private ed enti pubblici preposti all’attività sanitaria deve considerarsi di natura concessoria, “con la particolarità, rispetto al regime giuridico preesistente, consistente nel fatto che nel nuovo sistema si è in presenza di concessioni ex lege di attività di servizio pubblico, di tal che la disciplina di queste convenzioni è dettata in via generale dalla legge, pur con rinvii a norme di secondo grado o regionali. In questo contesto, il Consiglio di Stato, richiamando il modello di accreditamento ex d. lgs. n. 502/1992, che ha introdotto il pagamento a prestazione, sottolinea come detto modello è “ispirato al principio della libera scelta”. A fortiori, dunque, un efficace ed effettivo sistema di accreditamento, fortemente basato sulla qualità non solo delle strutture ma del processo “produttivo” delle prestazioni, assume una notevole importanza, in specie a tutela dell’utenza.