«La vittoria di Tsipras non è un rischio per l’Italia ma per Renzi. Il segretario del Pd si trova con le spalle al muro, perché ora non potrà dire che Syriza ha ragione e nello stesso tempo fare l’esatto contrario in Italia». È l’analisi di Oscar Giannino, giornalista economico, dopo il successo del partito di sinistra alle elezioni in Grecia. Ieri il nostro ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in audizione di fronte al Parlamento europeo ha dichiarato, riferendosi alla governance economica dell’Eurozona: “A mio avviso il bilancio non è soddisfacente”, in quanto “serve una più chiara e decisa complementarietà tra decisioni Ue e nazionali”.
Quali saranno le conseguenze per l’Italia della vittoria di Tsipras in Grecia?
Quanto è avvenuto non riguarda solo l’Italia, bensì l’intera famiglia socialista europea. L’affermazione di Tsipras mette con le spalle al muro i grandi partiti socialisti tradizionali: il Pd in Italia, i socialisti francesi di Hollande e la Spd tedesca. È importante partire da questo dato politico. Molti degli economisti che stanno dietro a Tsipras sanno bene che il loro programma elettorale è impraticabile. Sanno però anche che i grandi partiti socialisti europei fino alla vittoria di Tsipras in Grecia non sono stati capaci di prendere una decisione politica.
Quali sono state le responsabilità di Pd, Spd e socialisti francesi?
Non solo nel 2011 fu impedito alla Grecia di tenere un referendum, ma nessuno si è mosso di un millimetro quando Samaras si è alzato dal tavolo dei partner europei dicendo: “Voglio di più o andremo a elezioni anticipate”. E questo nonostante pochi mesi fa fosse in corso una trattativa molto inoltrata con il premier uscente Samaras per un ulteriore slittamento dei tempi di pagamento e un pacchetto di sostegno per il versamento degli interessi. Ora Tsipras scopre le carte e lancia una piattaforma dura e pura come se questa trattativa non ci fosse, chiedendo un ulteriore abbattimento del 50% del debito.
Con quali conseguenze?
Questo fatto mette i grandi partiti socialisti alle corde. Riconoscendo le richieste di Syriza come fondate, dovranno rivedere le politiche nei loro stessi Paesi. Il Pd con le sue leggi di stabilità finora ha sostenuto una linea completamente diversa, accrescendo ulteriormente il prelievo fiscale quando è già al 44% del Pil. Mi domando come farà Renzi a dire che ha ragione la Grecia quando considera insopportabile una pressione fiscale di dieci punti inferiore.
Renzi potrà quantomeno fare il mediatore tra Grecia e Germania?
La mediazione in realtà era già avanzata e riprenderà entro qualche mese dal punto a cui era arrivata. Tsipras ora tenterà di utilizzare la leva che si ritrova in mano nei confronti della famiglia socialista europea per indurla a dei cambiamenti strutturali nel modo in cui quest’ultima affronta il tema della cooperazione negli accordi europei. Se fossi nei greci, non consentirei quindi a Renzi o Hollande di prendersi il merito di una mediazione se non in cambio di regole strutturali diverse. Questo per i leader socialisti europei, Renzi incluso, è un bel problema.
A che cosa punta davvero il governo greco?
C’è chi dice che i greci si accontenteranno di un’ulteriore protrazione dei tempi di pagamento e chi afferma che punteranno a qualcosa di più strutturale. La vera questione però è che l’Italia finora ha seguito una linea completamente diversa rispetto a Tsipras, perché ha assecondato programmi strutturali di correzione molto profonda, che non hanno riguardato soltanto la finanza pubblica, ma anche la stessa produttività. E lo stesso è avvenuto anche in Spagna e Portogallo.
Syriza seguirà una direzione opposta?
Sì, in quanto ha annunciato che migliorerà la produttività in un secondo momento, quando le cose andranno meglio, perché il nocciolo del suo programma elettorale accantona la questione. Syriza fa marcia indietro su privatizzazioni , liberalizzazioni e riforma del lavoro. Scommette invece su nuove assunzioni pubbliche e sussidi di sostegno sociale attraverso la spesa statale. È una linea completamente opposta a quella seguita finora da Renzi, Hollande e Spd, che hanno condiviso il fatto che il rischio sovrano europeo rendesse necessario un recupero di produttività.
E perché Renzi, Hollande e Spd non fanno come Tsipras?
Se i socialisti europei cambiano linea, la difficoltà starà nello spiegarlo ai propri elettori. Se gli aiuti fossero stati proporzionati al Pil, sulla base di quanto ha ricevuto la Grecia, l’Italia avrebbe dovuto ottenere 1.200 miliardi di euro, e invece non ne ha ricevuto che una porzione infinitesima. Non sarà facile spiegare agli italiani che diamo ragione ai greci, rinviamo la produttività, “abboniamo” la metà del debito pubblico detenuto dai Paesi dell’Eurozona. È vero anche che a volte nella storia si arriva a delle decisioni di rottura senza troppa coerenza con quanto si è fatto prima.
Quali sono le sue aspettative nei confronti della situazione che si è creata con la vittoria di Syriza?
Mi auguro che Tsipras tenga duro, in modo da capire se attraverso questo evento arriveremo a un punto di svolta rispetto a un pezzo di Europa cooperativa oppure no. Se la risposta è no, il grande rischio non è l’uscita della Grecia dall’euro, anche se Atene andrebbe verso una fase di controllo selvaggio dei capitali, di stretta enorme su molti beni primari e di diminuzione assoluta delle importazioni. Ma soprattutto sarebbe un enorme punto interrogativo sul fatto che l’euro rimanga effettivamente in piedi.
L’euro rischia di dissolversi?
Le crisi servono proprio a rimarcare quando un’area monetaria non è ottimale, e l’euro non lo è. La moneta unica è comunque segnata, e non per colpa dei tedeschi, bensì perché non si è unito il sistema dei beni e servizi, adottando un meccanismo a vasi comunicanti come quello che caratterizza gli Stati Uniti.
(Pietro Vernizzi)