La scelta del tracciato ferroviario di attraversamento della Valle di Susa nell’ambito del progetto comunitario fra Lione e Torino ha assunto nel corso degli anni un connotato simbolico della politica delle infrastrutture di trasporto. Il progetto è stato inserito nella ristretta lista delle tredici opere prioritarie dell’Unione Europea già nel 1994 ed è da allora che sono stati avviati confronti con il territorio, a tratti anche violenti, senza riuscire a giungere ad una soluzione condivisa.
L’opera ha una valenza economica molto rilevante sotto quattro aspetti:
1. Contribuisce alla competitività del tessuto economico del Nord ovest nel contesto italiano, europeo e mediterraneo, riducendo i costi di trasporto verso tre delle prime cinque economie con le quali l’Italia ha i maggiori scambi internazionali;
2. Costituisce una “porta di accesso” per l’area metropolitana torinese, che viene così inserita in una rete di comunicazione fra grandi aree economiche di alto livello (Lione e Parigi in particolare) ed è uno strumento di riordino urbanistico e territoriale attraverso il ridisegno delle linee su scala regionale, migliorando le connessioni per i pendolari, ma anche per i turisti delle montagne olimpiche;
3. Valorizza il ruolo strategico del settore ferroviario, dove è in corso un processo di liberalizzazione sia nel settore passeggeri sia nel comparto merci, dopo oltre un secolo di rigidità monopolistiche;
4. Costituisce uno strumento di politica dei trasporti e dell’ambiente, se saranno attuate le adeguate politiche di incentivo del trasporto sostenibile sul modello svizzero, con l’obiettivo della riduzione del traffico stradale a vantaggio della ferrovia.
Chiarita la rilevanza dell’opera, perché si è impiegato così tanto per giungere ad almeno una condivisione fra i diversi livelli di governo (europeo, nazionale, regionale e locale) degli obiettivi concreti e del metodo di lavoro per poter giungere ad un progetto preliminare?
La risposta è da cercare a tutti i livelli: i progettisti di RFI che hanno inizialmente offerto solo le soluzioni più semplici dal punto di vista tecnico, gli ambientalisti che hanno portato avanti solo l’idea di un’opposizione dura, le incertezze della politica europea e nazionale in materia di liberalizzazione dei trasporti ferroviari e di politiche per la mobilità sostenibile hanno minato la credibilità dei dati di traffico futuri e quindi la valenza economica del progetto e l’incapacità dei politici locali di esprimere chiaramente le esigenze del proprio territorio (connessioni regionali, integrazione con le infrastrutture esistenti).
L’idea di avviare un Osservatorio Torino-Lione, guidata dall’architetto Virano, i cui lavori sono terminati nei giorni scorsi dopo oltre 70 settimane di confronti e con oltre 300 audizioni, è stata la svolta concreta che ha permesso di non considerare più quest’opera come un simbolo del “non fare”, bensì un esempio di un metodo di concertazione e di confronto che potrà essere replicato in altri contesti.
L’Osservatorio ha permesso di affrontare il tema del tracciato sotto tutti i punti di vista: ingegneristico, trasportistico, ambientale, territoriale, urbanistico, ma anche sociologico e strategico, costringendo al confronto continuo per comprendere a fondo quale modello di sviluppo economico può rappresentare un’opera come la Torino-Lione per la Valle Susa.
Dal confronto è emerso un progetto preliminare totalmente diverso rispetto a quello inizialmente previsto, considerato sotto molti punti di vista obsoleto come concezione. È stata inserita una stazione intermedia a servizio dell’ampio bacino turistico delle Alpi piemontesi, disegnato un nuovo ruolo per l’interporto di Orbassano e un sistema di accesso a Torino più complesso. Inoltre, le linee di fondo valle avranno servizi di tipo regionale molto più moderni, la nuova linea affiancherà le esistenti quando possibile in modo da evitare aree occluse e ridurre al minimo l’impatto urbanistico e gli effetti barriera.
I risultati dell’Osservatorio, sebbene siano solamente propedeutici all’avvio della progettazione preliminare, risultano assai rilevanti dal punto di vista del metodo e soprattutto perché possono permettere di iniziare a lavorare concretamente a questa grande opera, che in ogni caso non verrà conclusa prima del 2023. A quando un Osservatorio per l’autostrada tirrenica fra Livorno e Civitavecchia e per il ponte sullo Stretto di Messina?