Il diavolo è nei dettagli. Ed è dando uno sguardo al complicato mosaico delle candidature di Pd e Forza Italia oltre che delle “controllate” liste centriste che si capisce che il governo Renzusconi è già nato.
Le caratteristiche sono più che simili. Intanto liste del capo, che disegnano l’ampiezza dei loro cerchi magici contemplando l’arruolamento dei vertici del vecchio Milan e di Mediaset nel caso di Berlusconi. E blindando con complicate alchimie la corte renziana in quel del Pd.
Nessuna pietà per i diversi. Tanto nelle opinioni quanti in modo più radicale arrivando all’esclusione di Sergio Lo Giudice promotore della legge sulle unioni civili ma orlandiano, sostituito dal condirettore di Repubblica Tommaso Cerno, già dirigente dell’Arcigay ma con un passato in An e Udeur e perciò più disponibile al nuovo corso.
Già, i direttori dei giornali. Cangini del Quotidiano Nazionale e Mulé di Panorama per Forza Italia in aggiunta al già citato Cerno. Le larghe intese hanno bisogno di disciplinati cantori. E poi tante figurine acefale necessarie per un risultato già scritto che mette la parola fine ad un finto dibattito politico in cui i venditori di pentole si sono alternati ai predicatori d’odio in una danza frenetica che si conclude ritrovando sul palcoscenico tutto nella posizione di partenza.
Sarà infatti ancora un parlamento con Casini e D’Alema, immarcescibili e non rottamabili. Lorenzin, screditata ma indispensabile per il fritto misto. Fassino e Bersani old style. Qualche miss di contorno. E AstroSamantha che da lontano, oltre l’atmosfera terrestre, guarda la marea montante dei 5 Stelle gonfiarsi sempre di più. Dopo un breve Renzusconi, giusto il tempo di invadere i consigli di amministrazione delle grandi aziende partecipate e spartire il bottino tra Silvio e Matteo, si ripartirà per un nuovo casting. Con volti nuovi. Cesa e Tabacci, per esempio.