L’ultimo motivo di lite è il Monte dei Paschi di Siena. Mario Monti che punzecchia il Pd e le sue innegabili responsabilità nel dissesto della banca senese, e i democratici che rispondono piccati, ma non troppo, con un diluvio di dichiarazioni dei loro generali e colonnelli. Ormai è un rosario quotidiano di scambi polemici fra il centro e la sinistra, praticamente su ogni tema, dall’economia ai temi etici, come le coppie omosessuali. Nichi Vendola, Stefano Fassina e la Cgil sono i bersagli preferiti del premier ormai da mesi, cordialmente ricambiate.
Divergenze sì, ma non troppo accentuate. Una scelta precisa e volontaria, probabilmente da entrambe le parti. Monti, almeno, lo ha ammesso candidamente, passeggiando ieri per corso Buenos Aires a Milano: affondare il coltello, anche in una vicenda oggettivamente imbarazzante per Bersani come quella della banca senese, ma senza eccedere perché “l’Italia ha bisogno di collaborazione”.
Certo, il rischio di eccedere è sempre in agguato dietro l’angolo, ad esempio quando Bersani sostiene che il Professore sta cominciando ad assomigliare sempre più a Berlusconi. Ma è proprio il Cavaliere che sta facendo le spese di questo duetto Monti-Bersani. L’effetto è infatti quello di tagliare fuori dal dibattito politico il leader del centrodestra. Farlo sembrare marginale nel dibattito pre elettorale costituisce una manovra fondamentale per impedirgli un recupero che, seppur lento, c’è stato, quantomeno dallo show da Santoro in poi.
C’è dunque un interesse comune a tenere Berlusconi “lontano dalla palla” per usare una espressione calcistica. Del resto, se il leader del Pdl si impossessa del centro della scena è ben difficile scalzarlo. Negli ultimi giorni però ha avuto il suo bel da fare nel chiudere – non senza difficoltà – le liste elettorali, e gli avversari ne hanno subito approfittato con una manovra a tenaglia cui dovrà reagire al più presto, senza attendere. La fase finale della campagna elettorale per cavar fuori dal cilindro quel “colpo a sorpresa” che terrebbe in serbo per una chiusura con il botto, stile 2006, quando promise nell’ultimo confronto tv l’abolizione dell’Ici.
Certo, i suoi due avversari più accreditati cercheranno in ogni modo di marginalizzarlo, secondo quel paradigma che Pierferdinando Casini ha teorizzato sin dal momento dello scioglimento delle Camere, e cioè che la scelta di fine febbraio è solo fra Monti e Bersani.
Centro e sinistra si scambiano reciproci attestati di legittimazione, anche perché la prospettiva di una collaborazione obbligata dopo il voto si fa sempre più concreta. Entrambi gli schieramenti sperano in un Berlusconi marginalizzato, e trovano molte sponde anche nei grandi giornali, dove nei titoli di apertura il Cavaliere appare da giorni solo per questioni legate alla giustizia. Basta scorrere con attenzione Repubblica, Stampa, Corriere della Sera, Sole 24 Ore e Messaggero per accorgersene.
A questo punto, a quattro domeniche dal voto, il piano potrebbe riuscire, contenendo la rimonta berlusconiana (26-28% contro il 34-36% del centrosinistra). Il Cavaliere deve inventarsi in fretta qualcosa per invertire questa tendenza e recuperare il centro dell’attenzione. Soprattutto, deve incunearsi nell’asse Monti-Bersani e farlo saltare. A sua volta, deve tornare ad avere come unico avversario il leader della coalizione “Italia bene comune”, non colui che l’ha sostituito a Palazzo Chigi. Ma Bersani non ci sta, preferisce Monti, e questo si potrebbe vedere ancora più chiaramente quando si tratterà di organizzare i confronti televisivi delle prossime settimane.
Berlusconi avrà buon gioco se gli sarà concesso il confronto a tre, dove cercherà di schiacciare i suoi due contendenti, facendo di tutto per farli apparire due facce della stessa medaglia. Questi però potrebbero tagliarlo fuori e accettare solamente il confronto fra di loro. Sarebbe molto più conveniente per entrambi.
Una cosa però è certa sin da ora. Ancora una volta sarà la televisione L’Arena decisiva in cui si deciderà l’esito finale del confronto elettorale del 24 e 25 febbraio.