La norma anti-scorrerie è sopravvissuta nelle discussioni sulla manovra correttiva per qualche giorno prima di venire uccisa dall’ex primo ministro Renzi, che l’ha accusata di essere una legge ad aziendam; la norma, copiata pari pari dalla legge francese, prevedeva solamente soglie al possesso azionario raggiunte le quali l’investitore deve dichiarare i suoi obiettivi. Nel caso di Mediaset, Vivendi sarebbe stata obbligata a dichiarare i proprio obbiettivi appena sorpassata la soglia del 5%. A prima vista potrebbe sembrare un ostacolo debole contro le scorrerie, ma in realtà è uno strumento potente perché dilata i tempi del rastrellamento delle azioni, dando tempo alla politica di muoversi, e perché evita che nell’equivoco iniziale si nascondano i reali obiettivi. La norma avrebbe riguardato anche Telecom Italia, dove Vivendi ha chiesto il controllo e dove da mesi si rincorrono i rumour di una quota già destinata alla ex France Telecom, si applicherebbe anche a un terzo del sistema bancario italiano – le ex popolari oggi società perfettamente scalabili -, a Generali e a moltissimi altri dossier strategici. In sostanza sarebbe una mano enorme a un governo che si volesse assicurare che gli azionisti di alcune aziende particolarmente strategiche non siano degli speculatori, ma siano sinergici rispetto alla politica industriale di un grande Paese come l’Italia che deve risollevarsi da dieci anni di crisi economica.
Non si comprende come una norma così innocua, copiata dalla legge francese e così palesemente utile al Paese sia stata accantonata con una scusa veramente debole; è chiarissimo che questa norma avrebbe un’applicazione decisamente più ampia della sola Mediaset, in cui, tra l’altro, l’azionista Vivendi non è capitato per caso ma invitato nell’affare Mediaset Premium. Oggi per la cronaca assistiamo a una vera invasione del sistema Paese francese su quello italiano: la prima società di telecomunicazioni italiane, la prima società televisiva privata, la prima assicurazione, la prima banca, oltre a innumerevoli società alimentari, della grande distribuzione o del lusso portano la firma indelebile della Francia.
Vorremmo qui svelare una piccola grande voce che gira da molti mesi sul mercato italiano; una voce che in realtà viene data quasi per scontata tra gli investitori. L’arrendevolezza e il laissez faire del governo italiano su un numero così grande di dossier così strategici non sarebbe un’imperdonabile dimenticanza o una clamorosa incapacità, ma la conseguenza di un accordo di massima tra il primo ministro italiano Renzi e il Presidente francese Hollande, che prevede l’entrata di società francesi in società italiane e viceversa, dove le società italiane “vendute” sarebbero però di primissima fascia mentre quelle francesi di seconda.
Non sapremo mai se questo accordo esista o meno, ma quello che sappiamo è che se esistesse tutto si spiegherebbe alla sua luce. Si spiegherebbe come mai la Francia entri in Italia in modo così sfrontato in sostanziale opposizione al governo italiano, con Vivendi che chiede alla Commissione europea di riconoscere il controllo su Telecom Italia mentre scala Mediaset, con amministratori delegati francesi nella prima banca italiana che vendono il risparmio degli italiani alla francese Amundi, con gli scambi azionari in Acea, ecc. In nessun Paese del primo e anche del secondo mondo si sarebbe verificata questa colonizzazione e nessuno avrebbe osato tanto se non fosse stato certo di un sostanziale assenso.
In questo partita anche Fincantieri compra i cantieri navali di Stx France, ma il governo francese non permette allo Stato italiano di avere più del 50%, ma soprattutto la strategicità è molto diversa. Ci si dovrebbe chiedere quale sia la contropartita per il governo italiano; questa sarebbe l’aiuto e “l’amicizia” della Francia in sede europea per allentare o rimandare le richieste di rientro del debito e di diminuzione del deficit. Richieste che non sono compatibili né con i bonus elettorali, né tanto meno con manovre finanziarie lacrime sangue che sono la prova di un completo fallimento in sede di programmazione economica e un grandissimo ostacolo nella campagna elettorale; infatti, bisogna ricorrere ancora alle privatizzazioni. In pratica, l’eredità degli italiani venduta per un piatto di bonus elettorali.
È tutta fanta-finanza, ma scommettiamo che fino alle prossime elezioni nessuno fiaterà su nessun dossier “francese” in Italia e anche norme innocue e di assoluto buon senso come quella anti-scorrerie verranno seppellite sotto venti metri di decreti invece completamente inutili?