Io non sono un esperto di psichiatria: diciamo pure che ne so poco o nulla. E quindi non posso che meravigliarmi quando scopro qualche forma di delirio che non conoscevo. In fondo ne conosco solo una, quella nota come “delirio da onnipotenza”. Ma nei giorni scorsi ne ho scoperta un’altra; non so se abbia un nome, ma io la chiamerei “delirio da ignoranza”.
Primo caso. Il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Maria Elena Boschi afferma: “Dobbiamo porci il problema di come incentivare l’utilizzo della moneta elettronica in Italia. Valutare leggi fiscali che possano aumentare in una prima fase l’utilizzo della moneta elettronica”. Bene, brava. Ma poi prosegue: “E dobbiamo porci il problema di come aggredire il contante che è presente nelle case”. Il contante presente nelle case? E a quanto potrebbe ammontare, tanto da suscitare l’interesse del governo?
Lo hanno detto i titoli di alcuni siti internet in questi giorni; Il Sole 24 Ore: “Contanti tesoro da 200 miliardi”; Wallstreet Italia: “Rispunta ipotesi condono per cash, tesoretto da 200 miliardi”; Qui Finanza: “Contanti un tesoro da 200 miliardi rispunta ipotesi sanatoria”. A me piacerebbe sapere una cosa semplicissima: se, secondo il bilancio della Banca d’Italia, le banconote in circolazione ammontano a circa 150 miliardi, come fanno a esserci nelle case degli italiani 200 miliardi in contanti?
Oltretutto l’idea, del ministro Padoan, non è per nulla nuova e lui stesso l’aveva accennata proprio un anno fa, proprio in occasione delle discussioni sulla scorsa finanziaria. La cosa non andò in porto proprio perché delirante e senza alcun costrutto.
Secondo caso. Nell’ultimo bollettino della Bce si legge: “Nell’area dell’euro nel suo complesso durante la ripresa l’immigrazione ha dato un ampio contributo positivo alla popolazione in età lavorativa, riflettendo soprattutto l’afflusso di lavoratori dai nuovi stati membri dell’Unione europea. A sua volta ciò ha verosimilmente avuto un effetto considerevole sulla forza lavoro, in particolare in Germania e Italia, ma anche in altre economie minori dell’area”.
Se le parole hanno un senso, un conto è dire che “gli immigrati” hanno dato un contributo positivo (per forza, se lavorano!) alla (presunta!) crescita; un conto completamente diverso invece è dire che “l’immigrazione ha dato un ampio contributo positivo”, perché proprio non si capisce che razza di contributo positivo possa essere. Anzi, l’immigrazione per l’Italia ha avuto e continua ad avere un pesante costo finanziario, di oltre 4 miliardi di euro.
La Bce sembra anche lei colpita da quel virus culturale che obbliga a pensare all’immigrazione come una risorsa. Ma questo è solo un aspetto di una realtà molto complessa, che non tiene conto prima di tutto dell’origine di questa immigrazione e poi non tiene conto della reale volontà di integrazione e di lavoro di questi immigrati. Ma anche accettando che l’immigrazione sia una risorsa economica e lavorativa, ipotizzando (come in fondo fa anche la Bce) che questi immigrati siano in gran parte qualificati e pronti a lavorare, quindi proprio delle risorse preziose, allora bisognerebbe considerare anche l’altra faccia della medaglia: vi sono tanti paesi nel mondo, soprattutto nel terzo mondo, che stanno perdendo delle risorse umane di valore inestimabile. E per questi paesi e per le loro popolazioni si tratta di una vera e propria catastrofe sociale ed economica, che impedirà per almeno una generazione una reale capacità di sviluppo dei paesi sottosviluppati.
Di questa catastrofe nessuno parla. E la faccenda che la Bce invece parli in materia è piuttosto grave. Vuol dire che ha smesso di fare solo politica monetaria. Sta facendo politica e basta. Ma questa non è democrazia, perché quelli della Bce nessuno li ha eletti.