Le parole di Matteo Renzi sul referendum costituzionale e sull’Italicum hanno di nuovo acceso un vespaio: il voto sulle riforme e la legge elettorale nuova di zecca sebbene la maggioranza voglia tenerle separate continuano ad intrecciarsi con lo snodo politico che rimane un tutt’uno. I fatti in ordine: la Consulta rimanda il voto d’esame sull’Italicum al 2017 per permettere molto probabilmente un “voto senza condizionamenti”. L’’M5s allora presenta una mozione in parlamento per la modifica della legge elettorale, o meglio, per la sua totale cancellazione per poter reinserire un metodo proporzionale con le note “preferenze”. E poi ci sono le parole di Renzi da New York: «Cambiare la legge elettorale prima del referendum? “La discussione parlamentare viene gestita dal Parlamento – risponde il premier – Il governo ha data massima disponibilità, ma tocca al Parlamento decidere». Il referendum, ha ribadito, «non riguarda la legge elettorale e questo la Consulta lo ha chiarito». La bufera però scoppia dopo queste parole già sottili in cui vengono richiamate tutte le opposizioni principali: «Noi siamo totalmente disponibili a cambiare, per M5s il ballottaggio è antidemocratico, non credo che Appendino e Raggi siano d’accordo, se no, non sarebbero state elette. Ora aspettiamo Berlusconi e Salvini così tutte le posizioni sono in campo e poi faremo le modifiche». Il centrodestra per ora nicchia sulle possibili modifiche e attende di vedere cosa succede con la mozione M5s che va in totale e opposta direzione a quella del Pd: lo scontro potrebbe crescere come spegnersi del tutto a seconda del risultato del referendum: così sicuri ancora che i due nodi politici non siano in realtà uno solo? (Niccolò Magnani)