Con l’appuntamento di Chianciano, il partito capitanato da Pierferdinando Casini si è proposto di fatto come il perno di una Lista per l’Italia in grado di coagulare quelle forze sparse che non si riconoscono né nell’evoluzione socialdemocratica del Pd impressa dal segretario Pier Luigi Bersani, né nel ripiegamento berlusconiano del Pdl, o come si chiamerà. Così nasce il partito del Monti-bis, ha scritto ieri sul quotidiano La Stampa l’editorialista Marcello Sorgi. Ma difficilmente il nome dell’attuale premier sarà speso ufficialmente dal partito centrista in gestazione con l’apporto di ministri, imprenditori, esponenti dell’associazionismo cattolico e dirigenti sindacali. Piuttosto – si dice in ambienti centristi – al nome di Monti si ricorrerà in caso di stallo post elettorale. La decisione dell’Udc, con l’abbandono del logo Casini nel simbolo, non ha solo un significato estetico, ha scritto in un corsivo il sito Formiche.net: “In Europa e negli Stati Uniti i partiti sono seri e strutturati e anche dove sono presenti uomini forti, questi non hanno il loro nome impresso sulla scheda. Diverso è il caso delle campagne presidenziali (primarie incluse)”. Insomma, adesso ci sono le premesse per unire il campo del cattolicesimo liberale. “Ma adesso – secondo Formiche.net – tocca agli aspiranti new comers fare un passo in avanti”.
Ad animare uno spazio intermedio fra Pdl e Pd ci sono la montezemoliana Italia Futura e il movimento Fermare il Declino promosso da Oscar Giannino. Si dirà: un pensatoio politico che seppure da posizioni liberali (Italia Futura) asseconda campagne anti Casta e un manifesto turbo-liberista (Fermare il Declino) non troveranno mai sintonie con il liberismo sociale e compassionevole di un partito poco populista come l’Udc. D’altronde, basta scorrere le analisi di uno degli animatori del connubio in corso tra Italia Futura e Fermare il Declino, come l’economista Michele Boldrin, per escludere collaborazioni presenti e future con il partito di Casini.
Invece è un’analisi superficiale. Una frase contenuta in una lettera pubblicata il 15 agosto dal Corriere della Sera prefigura scenari inediti. Hanno scritto i vertici di Italia Futura e Fermare il Declino: “Positivo è il fatto che, a differenza di altri partiti, l’Udc si riprometta di attingere al di fuori dei professionisti della politica per dar vita ad un’offerta rinnovata”. Proprio quello che è stato sancito nel fine settimana a Chianciano.
Il listone centrista e liberale, quindi, si può fare. Certo le differenze non mancano. A partire dal giudizio su Monti e sull’esecutivo tecnico. L’Udc è il partito più montiano, i montezemoliani sono più problematici ma non scettici su un Monti-bis, i gianniniani contrari. Favorevoli, invece, i firmatari dell’appello promosso da Ernesto Auci e Paolo Mazzanti.
Alla fine, insomma, anche nuovisti, araldi dell’anti Casta e del turbo liberismo avranno bisogno con tutta probabilità di un partito vecchio stampa, da Prima Repubblica, per presentarsi alle elezioni: a volte le idee non bastano, servono anche risorse, uomini, ramificazione in periferia e capacità di mobilitazione sul territorio. Casini, di sicuro, ha rinunciato all’aspirazione di candidarsi alla guida di un governo. Per puntare al Quirinale? Si vedrà.
Tra le differenze latenti in campo centrista la contesa per la leadership non è secondaria. Basti un esempio. Dopo la calorosa accoglienza che l’ex presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha ricevuto a Chianciano, è stata notata l’assenza del montezemoliano Nicola Rossi, nonostante avesse confermato la presenza all’appuntamento dell’Udc. E non si è visto Luca Cordero di Montezemolo. Gelosie da audience?