Uno dei punti più contestati della stesura originale della manovra finanziaria, quello che riguarda l’aspetto pensionistico, ha subito diversi ritocchi in fase di stesura definitiva del testo. In particolare, l’emendamento che prevede la correzione del congelamento dell’indicizzazione delle pensioni al costo della vita. Per il biennio 2012-13 sale dal 45 al 70% l ‘adeguamento all’inflazione delle pensioni medie, cioè fino al triplo degli assegni minimi (attorno ai 1.428 euro al mese). IlSussidiario.net ha chiesto al professor Cazzola dell’università di Bologna un parere sul testo definitivo riguardante le pensioni.
Tra i vari punti che toccano le pensioni quello che inizialmente ha suscitato più polemiche era l’indicizzazioni delle pensioni minime. Il testo definitivo apporta dei cambiamenti, come li giudica?
Va detto che è necessario capire bene il meccanismo della manovra, perché in verità è scritta in modo alquanto complicato. Io espongo come lo interpreto, credo sia quanto di più corretto possibile rispetto al testo ed è bene che i cittadini si rendano conto in cosa consiste. Andando per ordine: fino a cinque volte il minimo non cambia nulla rispetto alla situazione antecedente il decreto. Fino a tre volte c’è la rivalutazione del 100%; da tre a cinque volte c’è la rivalutazione del 90%. Sopra cinque volte non è concessa rivalutazione per due anni con eccezione della fascia di reddito fino a tre volte, cioè fino ai 1480 euro mensili. Questa a sua volta viene rivalutata del 70%. Dunque si tratta di un testo sicuramente più equilibrato di quello originario, nel senso che fino a 2380 euro non cambia nulla, salvo che per una fascia con pensione eccedente cinque volte il minimo. Possiamo quindi dire che le pensioni sono salvaguardate in pieno, in particolare quelle cosiddette minime.
Le pensioni cosiddette d’oro invece subiscono un contributo di solidarietà pari al 5% per quelle superiori ai 90mila euro e del 10% per quelle superiori ai 150mila euro.
E’ indubbiamente una misura giusta. Va detto poi che si tratta di un prelievo sulla quota eccedente di queste pensioni, che se non sono d’oro, sono certamente di metallo pregiato. Quindi è giusto che diano un contributo importante alla manovra, tenendo conto poi che alla conta dei fatti si tratta di un prelievo di 100, 150 euro al mese.
Passiamo ad analizzare l’innalzamento dell’età pensionabile.
Qua ci troviamo davanti al punto dove il governo ha avuto meno coraggio, specie nel caso dell’innalzamento dell’età pensionabile delle donne, e soprattutto un punto che è antecedente alla manovra stessa. Se le misure che abbiamo analizzato sono misure straordinarie, di carattere temporaneo, quello dell’età pensionabile è un problema esistente da tempo e non ancora risolto con questa manovra. C’è però un particolare interessante. Assistiamo a un allungamento della finestra del tempo necessario per esercitare il diritto di coloro che vanno in pensione con il requisito dell’anzianità contributiva, 40 anni. Questo significa che chiunque abbia cominciato a lavorare dopo la scuola dell’obbligo e cioè intorno ai 16 anni, con 40 anni di contributi può andare in pensione, quindi prima dei 60 anni. Una cosa che farà arrabbiare la sinistra, per la quale la pensione di anzianità è una specie di medaglia di eroismo. La sinistra si era già arrabbiata con la finestra di un anno dove si continuava a lavorare senza un incremento pensionistico. Ecco allora che questa rimane, viene anzi confermata come la via più breve per andare in pensione rispetto all’età anagrafica, con i dovuti 40 anni di contributi ovviamente.
Il giudizio complessivo dunque qual è?
La manovra adesso è sicuramente più equilibrata rispetto alla prima stesura, Tutela i redditi medio e medio bassi, come era prima della manovra stessa, non lascia nessuno senza un minimo di rivalutazione pensionistica, chiede un giusto sacrificio alle pensioni più elevate, stringe in definitiva un po’ i bulloni, ma non fa torto a nessuno.