La “ripicca” di Germania e Regno Unito rischia di far fermare i grandi interventi infrastrutturali di cui l’Italia ha estremo bisogno come la Tav, il Mose e la banda larga. Gli Stati del Nord hanno chiesto uno snellimento del bilancio dell’Ue, e potrebbero quindi essere tagliati 2,7 miliardi di euro nel 2013 e 20 miliardi nel periodo 2014-2020. Somme contenute rispetto all’ingente bilancio dell’Unione Europea, ma sufficienti a fermare le grandi opere indispensabili all’Italia. A spiegarlo è Carlo Altomonte, professore di Economia politica all’Università Bocconi.
Qual è il significato del conflitto in corso all’interno del Parlamento Ue?
L’Ue non potrà avere la liquidità necessaria per finanziare le ultime erogazioni previste dalle prospettive finanziarie 2013. A essere coinvolti saranno i fondi per i progetti comunitari e per i fondi strutturali. Ciò non comporterà nulla di drammatico, in quanto queste erogazioni dal punto di vista della cassa non avverranno entro l’anno, bensì nel 2014. C’è però un problema politico, cioè il fatto che gli Stati devono coprire questa cifra che manca.
Si tratta di un caso isolato?
No. Ciò si aggiunge al negoziato in atto per il periodo 2014-2020, che gli Stati membri usano per tentare di tenere in ostaggio la Commissione e il Parlamento Ue. Da un punto di vista sostanziale non succede nulla di drammatico, e soprattutto non è paragonabile rispetto allo shutdown statunitense. Resta però il fatto che c’è un problema politico di distribuzione dei fondi tra Stati nazionali e Parlamento Ue.
Da dove nasce questo problema politico?
Nasce dal fatto che la Commissione e il Parlamento Ue per il periodo 2014-2020 hanno chiesto una serie di dotazioni al bilancio comunitario per le grandi spese europee, le infrastrutture fisiche, il finanziamento della ricerca, i fondi strutturali. Gli Stati invece vogliono comprimere ulteriormente queste cifre. La questione per il momento si è chiusa con un compromesso che ha consentito di iniziare a varare il progetto di bilancio 2014 entro il dicembre di quest’anno. In questo contento si riprodurrà una situazione simile a questa, ma ancora più grave. Il Parlamento sta quindi pressando il Consiglio affinché questa discrasia relativa al bilancio 2014-2020 sia chiusa. Gli Stati membri per il momento non lo vogliono fare, e si vendicano creando questo piccolo problema di liquidità sui fondi 2013.
Quali sono gli Stati che stanno attuando questa ritorsione?
Si tratta dei “soliti sospetti” a Nord delle Alpi, che chiedono un bilancio più leggero. In particolare sono Finlandia, Austria, Germania e Regno Unito, che sono poco propensi a erogare soldi al bilancio comunitario.
Quali possono essere i rischi per l’Italia legati a questa situazione?
Per il 2013 non ci saranno ricadute, in quanto se anche noi spendessimo tutti i fondi strutturali non ci sarebbero disponibilità liquide per ricevere altri fondi da Bruxelles. L’Italia non è però notoriamente capace di spendere i fondi strutturali, e quindi il fatto che non ci pagheranno delle spese che non siamo in grado di fare per noi non è un problema.
E per il 2014-2020?
In questo caso la questione è più delicata, perché sono in corso d’opera i grandi collegamenti infrastrutturali tra l’Italia e il resto d’Europa, cui si aggiungono le reti tecnologiche come la banda larga. L’Italia contribuisce al bilancio europeo più di quanto riceve, ed è opportuno che l’Ue consenta di investire nelle aree in cui noi siamo più in ritardo rispetto al resto dell’Europa. Il rischio è che la costruzione di infrastrutture come Tav e Mose nel periodo 2014-2020 finisca per bloccarsi. La procedura è stata chiusa e l’accordo c’è, mancano dei dettagli relativi al finanziamento di liquidità che per noi è importante che siano messi in campo al più presto.
(Pietro Vernizzi)