Problema: un pizzicagnolo investe 40 milioni di euro in una compagnia aerea piccola e malconcia e dice di voler raggiungere (anzi: di essere sicuro di raggiungere) entro quattro anni la bella cifra di 10 milioni di passeggeri trasportati nei dodici mesi con 25 aerei che dovrebbero diventare gradatamente 50. Un altro pizzicagnolo ha 118 aerei, ha appena investito 600 milioni di euro e non si sa se potrà farcela? E si deve aspettare trepidanti che qualcuno investa altri soldi per lui?
Soluzione del problema. Auguri al primo pizzicagnolo, difendiamo il secondo dalla speculazione. Il primo è Meridiana, il secondo è Alitalia. Sul primo si sono concentrati i piani di Qatar Airways, che ne comprerà il 49% con 40 milioni di euro. Sulla seconda ci sono gli interessi di una cordatona tra EasyJet, Air France-Klm, Delta Airlines e il fondo di investimento Cerberus e, in concorrenza, del colosso tedesco Lufthansa. In entrambi i casi, ovviamente, grandi e forti rivali di Alitalia nei cieli, che certamente sarebbero preziosi per assicurare alla compagnia italiana il supporto necessario per non scomparire, ma probabilmente la fagociterebbero con chissà quali e quante garanzie non solo per le sue maestranze, ma anche per la centralità delle sue rotte da e per l’Italia rispetto al traffico aereo mondiale. A naso, la cordata a quattro sembrerebbe più complementare con la parte migliore della storia recente di Alitalia, che potrebbe restare nell’alleanza Sky Team, mentre con l’opzione tedesca diventerebbe una “subsidiary” come un’altra… ma tant’è. Si vedrà.
Certo è che sarebbe molto importante se il futuro governo, sempre ammesso che un governo riesca a uscire dalla tornata elettorale del prossimo 4 marzo, si occupi del caso Alitalia non con lo spirito di chi deve disfarsi di una patata che scotta – e ha l’unico obiettivo di non risultare goffo e di non mettere la propria firma sotto un piano di ristrutturazione selvaggia -, ma con lo spirito di chi sa di avere un asset prezioso da amministrare al meglio, senza escludere in partenza alcuna opzione: nemmeno il prolungarsi di un commissariamento che è riuscito dopo anni a non generare perdite e a vincere il record della puntualità; nemmeno – scandalo! – una nazionalizzazione dell’azienda, se nessuna delle opzioni diverse si rivelasse rispettosa del patrimonio di clientela, reputazione e competenze che in quella compagnia, e nonostante tutto, si trova racchiuso.
In questo senso davvero il piccolo caso Meridiana è interessante: perché conferma una volta di più, se mai ve ne fosse stato bisogno, quanto possa essere appetibile la presenza nei cieli italiani per chi voglia fare business con l’aerotrasporto. E anche perché – va detto – battezzare Air Italy una compagnia aerea italiana è talmente assonante col brand storico di quella “di bandiera”, appunto Alitalia, da suscitare scalpore…
Certo, proprio in Italia altri arabi – quelli emiratini di Etihad – sono usciti con le ossa rotta dal loro tentativo di rilanciare Alitalia. Ma le vicende successive, queste della buona gestione commissariale, dimostrano che rimettere in quota di crociera l’azienda non è un miracolo, o meglio se lo è è gestionale, ma si può fare: quindi forse sono stati incapaci quelli di Etihad e il loro mentore italiano, Luca Cordero di Montezemolo, e non c’era alcuna mission impossible da compiere…
Di buono va rilevato, in quel che si sa del piano Qatar Airways per la vecchia Meridiana ora Air Italy, che sono previste 1.500 assunzioni: di questi tempi, che con il caso Embraco dimostrano come troppo spesso gli investitori stranieri vengano in Italia solo per fare i propri interessi e non certo per investire seriamente nel Paese, è davvero una notizia confortante. E, si sa: il Qatar ha bisogno di reputazione internazionale, e questo interesse oggettivo fa sperare che la sua non sia un’attenzione di mera facciata.