Nella riunione del Consiglio dei ministri di ieri, la prima dopo la breve pausa di ferragosto, alcune dichiarazioni hanno lasciato intravvedere un miglioramento, una sorta di “uscita dal tunnel” di questa crisi epocale, indubbiamente la più dura e la più lunga dopo quella del 1929. Il tema di questa riunione è rimasto sempre quello legato agli strumenti, ai mezzi da ricercare per favorire la crescita. Si è parlato delle “start-up” per i giovani imprenditori, di altri meccanismi di incentivazione, di abbattimento del debito e di liberalizzazioni. Ma qui è come andare a sbattere contro il muro, contro una scogliera che è rappresentata dalla situazione oggettiva dell’economia mondiale, che è molto più complessa e problematica di quella contenuta nelle dichiarazioni e dettata dalle speranze. Il vicepresidente della Fondazione Edison, Marco Fortis, ci richiama un po’ alla realtà, facendo il punto sullo stato dell’economia mondiale.
Valuta realizzabili, in un momento come questo, le misure per la crescita?
Le riforme che si fanno, i meccanismi, gli interventi che si studiano o si predispongono possono produrre nel futuro dei risultati positivi. Ma attenzione: quanto si sta seminando adesso darà i suoi frutti in tempi molto lunghi. Tutto questo non può al momento favorire la crescita. La crescita, con questa austerità, non può esserci.
Tutto ciò riguarda solo l’Italia o la situazione in generale?
E’ senza alcun dubbio una situazione mondiale, di cui occorre prendere coscienza e che bisogna spiegare all’opinione pubblica, che è magari legata alla teoria dei icli economici che si alternano in alcuni mesi o anni, con momenti negativi e positivi. Noi siamo invece sempre nella stessa crisi dal 2008. In questo quinquennio abbiamo subito una distruzione repentina di ricchezza come mai è accaduto nell’ultimo dopoguerra. Non ci si può fermare certo all’Italia. Ma se la Germania, che in questo momento sembra il “Paese guida”, il Paese più competitivo, crescerà dello 0,7%, di che crescita parliamo? La verità è che anche la Germania si sta fermando. Gli olandesi, del resto, fanno i conti con una contrazione dei consumi che dura da quattro anni. La Finlandia, che si mette a fare la voce grossa, ha la Nokia sull’orlo del fallimento. Poi che cosa si produce in Finlandia, anche se si può vantare un rapporto debito/pil del 50%?
Anche la situazione americana non pare brillante
L’anno venturo dopo le prossime elezioni, chi vincerà dovrà decidere se mettere mano agli incentivi fiscali, e tagliare le spese. Da un punto di vista economico e finanziario l’orizzonte americano è molto incerto. Non c’è punto del mondo dove si possa guardare con delle certezze, anche perché ormai l’economia mondiale è tutta collegata. Siamo entrati nella grande depressione come dopo il 1929, siamo in presenza di un’anemia economica senza precedenti. Si può affermare che l’economia mondiale è in “frenata libera”, questa è la realtà dei dati. Angela Merkel farà un viaggio in Cina, sperando di poter aumentare il suo export in quel Paese, dato che il mercato europeo non è certo favorevole. Non so come lo possa immaginare, dato che anche il motore cinese comincia a rallentare.
Si possono immaginare vie d’uscita?
A livello europeo, già mi accontenterei degli EuroUnionBond. Questa sarebbe una soluzione possibile e positiva per lo meno per l’Europa. E, con la proposta di mettere in garanzia degli asset, si risolverebbero anche i problemi di sovranità. In più ci sarebbe vera unione e compattezza. Ecco, in questo caso, potremmo dire che l’unione fa la crescita. Purtroppo credo che dovremo aspettare lo stillicidio delle elezioni tedesche, con tutte le contorsioni delle posizioni all’interno della Germania. A livello mondiale basterebbe almeno un po’ più di collaborazione, come ci si aspettava dopo il G20 del 2008, dopo lo scoppio della crisi dei subprime. Tutto questo non è avvenuto e si sono lasciate incancrenire le cose: la Grecia, la bolla immobiliare spagnola, lasciata sottotraccia per quattro anni, mentre dovranno fare la famosa bad-bank, la mancata riforma del sistema finanziario internazionale. Quello che fa più impressione è la “Babele” di comunicazioni economiche che arrivano da tutti i Paesi, tutte voci una differente dall’altra, in contrasto l’una con l’altra.
Non si può certo imputare questo al governo di Mario Monti
Assolutamente no. Il problema è di tale portata che in questo momento, mi si lasci la battuta, né Monti, né il mago Zurlì, né Nembo Kid sarebbero in grado di promuovere e favorire una crescita. Certo, l’Italia ha soprattutto i muscoli, ha fatto vedere di saper riparare al deficit, di imporre una tassazione che se applicata in Grecia o in Spagna provocherebbe immediatamente una rivoluzione. Questo ci ha portato lodi e consensi dall’estero, tanto è vero che adesso sembra scoppiato quasi un idillio con le agenzie di rating; ma il Paese è in depressione. Quindi la sostanza non cambia rispetto alla crescita che non si può fare. Perché oggi una famiglia dovrebbe consumare? Perché dovrebbe spendere quando non sa ancora quante tasse dovrà pagare nel prossimo anno? Perché qualcuno dovrebbe investire ? E senza consumi e senza investimenti, si può anche aprire un’azienda con un euro, ma non si va da nessuna parte rispetto ai problemi della crescita.
Quindi, cosa resta da fare al governo?
Può realizzare delle riforme, e raccoglierne, in futuro, i frutti; realizzare un avanzo primario “monstre”, con il quale fare aggiustamenti necessari per gli esodati, in materia di riforma del lavoro. Ma per favore lasciamo perdere i sogni di crescita.
(Gianluigi Da Rold)