Di ora in ora, si definisce il senso degli ultimatum che Emma Marcegaglia, da qualche giorno, sta lanciando al governo. Dopo il «se non fa le riforme vada a casa», giunge notizia di un imminente manifesto degli industriali. «Il problema, è che un cambiamento lo impone la realtà della situazione, non tanto le richieste delle parti sociali. Il ministro Tremonti parla di un tagliando per la crescita, di provvedimenti decennali. Ma qui c’è bisogno di misure attuabili in 10 ore!», spiega, Guido Gentili, editorialista, già direttore de Il Sole 24 Ore, interpellato sulla questione da ilSussidiario.net. In ogni caso, il manifesto delle imprese, che a breve i ministri potrebbero ritrovarsi tra le mani, conterrà una serie di proposte che i diretti interessati non potranno ignorare. Oppure potranno?. «Un manifesto può essere utile a condizione che faccia una selezione rigida degli obiettivi indicando tre o quatto punti, al massimo, e il più precisamente possibile. Un’iniziativa generica non avrebbe alcuna utilità, tutt’al più servirebbe ad aprire l’ennesimo tavolo di confronto, per il quale, ormai, il tempo è passato», spiega Gentili. Sembra, quindi, che l’idea degli industriali spinga nella giusta direzione; riforma del fisco, delle pensioni, liberalizzazioni e privatizzazioni: questi i temi principali su cui si concentrerà il documento.
Ma non basta: «E’ necessario – aggiunge – che su questi punti sia assunta una posizione netta e precisa. Sulle pensioni, ad esempio, un nodo centrale è l’aumento dell’età pensionabile sulla scia di quanto sta accadendo in Europa. Sulle privatizzazioni, poi, si dovrebbe suggerire un piano massiccio con particolare riferimento al patrimonio pubblico, che può essere alienato». E ancora: «Perché il tutto assuma concretezza, tuttavia, è necessario che il manifesto non si limiti ad indicare dei concetti; occorre fare proposte alternative e concrete, in termini di numeri, e calcoli ben precisi. Accanto ai capitoli, quindi, vanno indicate le cifre». C’è da chiedersi se, data la situazione di stallo, gli industriali non stiano manifestando la volontà – o la disponibilità, a seconda dei punti di vista – di assumere, in questa fase, una funzione suppletiva nei confronti del governo.
«Non sarebbero i primi», afferma l’ex direttore del Sole. «In molti, nei mesi scorsi, hanno svolto una tale funzione. Basti pensare alla pressione che, in agosto, è provenuta dal capo dello Stato per adottare il metodo della coesione sociale. L’invito, per fortuna, è stato accolto. Le imprese, dal canto loro, hanno realizzato iniziative comuni, presentando dei documenti e aprendo tavoli col governo. Significa che, dalla parti sociali, c’è stato un pressing tale che ha consentito, pur in una fase straordinariamente confusa, di rimettere mano più volte alla manovra».
Una volta presentato il documento, è pur sempre necessario che l’esecutivo ne prenda atto, decida di farne propri i contenuti e di portarli, effettivamente, a realizzazione. In questo, gli aut aut della Marcegaglia potrebbero essere un valido sprone. «Gli ultimatum del capo degli industriali hanno un significato preciso – conclude -: a fronte dell’assenza di nuove proposte concrete, Confindustria abbandonerà i tavoli di lavoro e le sedi di confronto». Il che, in un momento così delicato, al governo non converrebbe per niente.
(Paolo Nessi)