Stop ai superbonus dei supermanager bancari. Proprio uno stop, no. Una sforbiciata, più che altro. Sempre che l’accordo raggiunto tra Parlamento europeo e presidenza di turno irlandese si traduca in provvedimento legislativo. In sostanza, l’intesa prevede che sui bonus pagati nel 2015 si applichino nuove regole: non potranno superare la retribuzione fissa, salvo che almeno il 66% degli azionisti che possiede almeno metà delle azioni della società voti altrimenti. E, in caso di voto favorevole, non potranno comunque superare il doppio dello stipendio. Emilio Colombo, professore di Economia internazionale presso la Bicocca di Milano, ci rivela luci e ombre dell’operazione.
E’ quello di cui c’era davvero bisogno?
Rispetto ai problemi creati dalle banche sullo scenario internazionale si tratta, obiettivamente, di una quisquilia. L’Europa si sta dimostrando ancora una volta incapace di cogliere il punto della questione. Mi spiego: che il sistema bancario vada riformato è evidente a tutti. Basti pensare a Cipro: è chiaro che una realtà così diversa in termini di trasparenza, imposte e controlli non possa coesistere con i sistemi bancari di Francia, Germania o Italia. Tanto più in un contesto in cui c’è un’unica valuta. Ebbene, tutto ciò non si affronta di sicuro modificando i tetti a i bonus dei manager.
Come valuta, di per sé, l’intesa?
Diciamo che, effettivamente, esiste un problema di congruenza tra la remunerazione dei manager e quello che, realmente, fanno. Un tempo l’entità dell’importo era giustificata in base al fatto che, siccome le banche diventavano sempre più grandi, gestirle imponesse elevate capacità che andavano adeguatamente ricompensate. Tuttavia, la realtà ha dimostrato che la dimensione degli assets degli istituti è stata gonfiata a dismisura dalla finanza creativa che essi stessi avevano posto in essere.
In ogni caso, secondo lei è giusto che una persona riceva cifre stratosferiche?
Non c’è da scandalizzarsi. Le “superstar” esistono, e vengono pagate milioni di euro o di dollari. Dobbiamo chiederci, casomai, se chi guadagna così tanto vale i soldi che percepisce. Ovvero, le sue performance sono commisurate alla sua remunerazione? Spesso, obiettivamente, si assiste a un omologazione verso l’alto di bonus e stipendi. Il talento è giusto che venga remunerato. Il problema è che, sovente, viene remunerata in maniera analoga la mediocrità.
Come si fa a determinare le capacità di un manager?
E’ estremamente difficile. Spesso, infatti, le stesse banche non dispongono della controprova fattuale, ovvero: come sarebbero andate le cose se ci fosse stato un altro manager? Oppure, capita che si valutino i risultati a breve termine, invece che quelli legati alle strategie di medio-lungo periodo.
Quindi?
Non esiste la formula perfetta per valutare la giusta remunerazione di un manager per prestazioni di questo genere. In generale, ci dovrebbe essere più trasparenza e meno compiacenza da parte dei Cda nei confronti dei manager, cui viene in sostanza conferita la facoltà di agire come gli pare e piace. Specialmente in Italia.
Cos’ha di particolare l’Italia?
Nelle banche italiane la politica ha un peso rilevantissimo. Questo fa sì che i manager spesso non siano lì per capacità proprie, ma perché garantiscono equilibri preesistenti.
(Paolo Nessi)