È la Germania il cuore del problema europeo, parola di George Soros. “La Germania si è addolcita”, consentendo una minima flessibilità nell’applicazione delle norme rigoriste, che però restano intatte. “Ormai tutte le istituzioni finanziarie e gli esperti concordano che l’Ue vivrà una lunga stagione di stagnazione, cioè di non crescita economica” che, secondo Soros, “porterà a una serie di crisi politiche, senza escludere la deflazione e altre crisi finanziarie”. Insomma, per Soros “il pericolo disintegrazione dell’Ue è più che reale”.
Gli fa eco Tito Boeri, che in un’intervista dice che “l’addolcimento tedesco porterà a una variazione possibile dello 0,2% della crescita. Un dato che non serve a niente visto che l’Italia per centrare gli obiettivi dovrebbe arrivare a una crescita intorno al’1,7% annuo”. Con la situazione corrente e alla luce degli ultimi preoccupanti dati macroeconomici l’Italia non riuscirà neppure a raggiungere lo 0,8% che il governo stimava per il 2014. Secondo Boeri, l’unica cosa che si può fare è che “l’Italia e la Spagna sostengano il socialista francese Pierre Moscovici per prendere il posto di commissario per l’Economia e le Finanze dell’Ue”. Rispondendo alle autoesaltazioni di Matteo Renzi dopo il Consiglio europeo, Boeri aggiunge che nel testo finale “a essere sinceri la flessibilità non si vede. Si dice soltanto che le regole sono già flessibili, e in effetti sono già flessibili. Gli strumenti esistono, come i project bond, ma il punto centrale riguarda il ruolo della Germania nell’interpretazione delle regole che ci sono e che resteranno”.
Ieri a Bruxelles si è tenuto un dibattito per la presentazione del libro di George Soros, “La tragedia dell’unione europea. Disintegrazione o rilancio?”, al quale hanno partecipato il presidente uscente dell’Ue, Herman van Rompuy, e l’ex ministro francese Pierre Moscovici. L’impressione era che fosse un modo per lanciare quest’ultimo per un ruolo di prestigio a Bruxelles. D’altra parte, Moscovici era stato il direttore della campagna per l’elezione del presidente francese Hollande nel 2012, e quando nel recente rimpasto governativo ha dovuto lasciare l’incarico di ministro dell’Economia e Finanze, il presidente ha promesso di compensarlo.
Europeista della prima ora è stato tra gli artefici della realizzazione dell’euro quando nel 1997 era ministro degli Affari europei nel governo di Lionel Jospin. Da sempre convinto keynesiano, si è battuto perché il patto di stabilità fosse comunque orientato alla crescita. In tutti i suoi incarichi europei e nazionali, Moscovici è sempre stato un attento tessitore dell’asse franco-tedesco, e spesso si è trovato in aperto disaccordo con le sue controparti britanniche. Il francese starebbe mirando al posto di commissario europeo agli Affari economici e monetari che sarebbe anche capo dell’eurogruppo, ma voci di corridoio lo vedrebbero bene anche presidente dell’Ue al posto del belga van Rompuy.
George Soros è stato molto chiaro: “Senza il mantenimento rafforzato dell’asse franco-tedesco non può esserci Unione europea”. Un assist per Moscovici ben calibrato anche con l’aggiunta che l’Europa ha bisogno di crescita che si deve raggiungere “senza cambiare le regole che ci sono”. La soluzione che Soros suggerisce, e che piace a Moscovici, è di “creare i project bond europei”, cioè dei titoli di debito pubblico europeo per aumentare la spesa pubblica comune purché sia finalizzata alla crescita. In pratica, i project bond porterebbero alle solite ricette di più infrastrutture, ricerca, energia, ecc… Per la gestione del debito pubblico nazionale, tutti i partecipanti hanno convenuto con Soros che “esso deve restare nazionale”, cioè si esclude ogni possibile mutualizzazione del debito pregresso. In pratica un no secco agli eurobond.
Interessante il commento che Soros ha dedicato al cancelliere tedesco Merkel: “La Germania è cambiata e sta evolvendo in una direzione politica positiva. (…) La Merkel ha dimostrato di accettare il pensiero critico e la flessibilità”. Questo, ha aggiunto, è anche “merito dell’attivismo del giovane premier italiano Matteo Renzi”. Un messaggio cifrato che implica una certa minacciosità nei confronti del cancelliere tedesco, ma anche la strumentalità del governo italiano nel costringere la Merkel ad “addolcire” le sue posizioni.
Sembra quindi che il grande finanziere veda la nascita di un triangolo franco-tedesco-italiano per salvare l’Ue dalla disintegrazione. Ciò rafforzerebbe le possibilità per il francese Moscovici super commissario economico europeo oppure presidente dell’Ue, l’italiana Mogherini agli affari esteri e sicurezza (Seae) – per salvare la faccia rispetto al “Mediterraneo” che resta inevitabilmente un problema del Sud Europa – e Juncker, tra breve confermato dal Parlamento, il candidato tedesco a presidente della Commissione.
Sulla questione britannica, il presidente van Rompuy ha detto che “la storia dell’Europa non può esistere senza il Regno Unito, specialmente in considerazione del tributo di sangue versato nelle due guerre mondiali”. Dopo questo scoop di retorica, su questo stesso tema è intervenuto Soros che ha ricordato “quanto per il Regno Unito sia necessario restare comunque agganciato all’Ue”. Evocando la crisi della sterlina del 1992 – ricordiamo che Soros speculò sia sulla sterlina che sulla lira – ha ribadito che il Regno Unito fuori dall’Ue sarebbe esposto a “difficoltà indifendibili”.
D’altra parte, il Regno Unito potrebbe trovare molto conveniente gestire gli accordi commerciali europei – per i quali ha già avanzato la richiesta di un commissario competente per materia – e gestire gli “aspetti finanziari” dei project bond europei. Un piatto piuttosto gustoso che secondo van Rompuy piace ai britannici che intravedono lucrosi affari nella conclusione del patto commerciale transatlantico (Ttip) e nella gestione dei derivati in materia di fonti energetiche “nuove”, come il gas e il petrolio di scisti, europeo e americano. Dalle parole rassicuranti di van Rompuy, sembra che questo compromesso sia già stato raggiunto.
Infatti, dopo il Consiglio europeo il premier britannico Cameron ha avuto una lunga conversazione telefonica con il presidente designato Juncker. Secondo il think tank Open Europe (Soros), “il pragmatismo sta tornando in forza sia da parte britannica – con Cameron che dice di essere pronto a mettere da parte le sue differenze con Juncker – sia sul continente e in particolare in Germania”. “Se possiamo metterci d’accordo sul fatto che ci stiamo dirigendo, a velocità diverse, verso la stessa direzione, allora possiamo fare affari” con Juncker, ha detto Cameron.
Andrew Lansley, favorito per la nomina di commissario cameroniano nell’esecutivo Juncker, dovrebbe ricevere un portafoglio economico strategico come il Mercato interno, i Servizi finanziari o la Concorrenza. Juncker sarebbe pronto a fare di un britannico il più alto “civil servant” della sua Commissione: l’ex portavoce di Romano Prodi e attuale direttore generale del Mercato interno, il bravo e potentissimo Jonathan Faull, potrebbe assumere il ruolo di segretario generale della Commissione europea. Ruolo che sembra “riservato” agli anglo-irlandesi, com’è stato da quasi 20 anni.
Anche sulle relazioni con la Russia, van Rompuy ha sorpreso dichiarando che “il dialogo e la cooperazione continueranno”. Evidentemente ha recepito le richieste italiane e tedesche. Inoltre, van Rompuy ha ricordato che “quando ho incontrato il presidente ucraino Yanukovic non ho creduto a una parola di quello che egli diceva in merito alle sue intenzioni di aderire all’Ue. Infatti, quando non lo ha fatto è scoppiata la rivoluzione”. Ho sentito dire, ha concluso van Rumpoy, che l’Ue avrebbe sbagliato con la sua politica di partenariato orientale, ma “non è così e la storia delle ultime adesioni ci da ragione” (Moldavia, Ucraina e Georgia, ndr). Sulla questione Ucraina, Soros ha insistito che “salvare l’Ucraina significa salvare l’Europa (dalla disintegrazione, ndr)”. “Si deve insistere sulla società civile ucraina”, ha aggiunto, “che per l’Ue deve essere una questione esistenziale”. “L’Ue deve offrire tutte le garanzie economiche e di sicurezza all’Ucraina contro i continui tentativi russi di destabilizzarla”.
Sulla Russia Soros ha detto che “come dopo la Seconda guerra mondiale la Russia rappresenta una sfida per l’Europa, perché essa agisce con due potenti strumenti: l’ideologia nazionalista (rivitalizzata da Putin, mdr) e l’uso della forza”. Dobbiamo però capire, ha concluso Soros, che “per Putin è impossibile accettare di aver perso l’Ucraina perché potrebbe far implodere la Russia stessa con una serie di forze centrifughe”.
Concludendo, appare evidente che le decisioni europee sono dettate da interessi oligarchici europei ed extraeuropei, e che della volontà popolare e dei sui rappresentanti non si vede traccia. Il Parlamento europeo si conferma un’inutile quanto necessaria benché costosa istituzione, un contentino per mettere la maschera democratica all’oligarchia. George Soros, un esponente di questa oligarchia che pesa 20 miliardi di dollari di patrimonio personale, non ha dubbi che si “debba procedere a sciogliere ogni sintomo di sovranità nazionale per accedere al mondo fluido post-nazionale”. Un progetto che in Europa sta avendo un discreto successo, anche culturale, particolarmente in quell’area socialdemocratica e progressista, ma che incontra detrattori e acerrimi nemici proprio negli Usa.
Questa posizione di Soros fa capire perché la Germania è “il problema europeo”: si tratta, infatti, della sola grande Kultur Nation, oltre alla Russia, che interpreta la sua espressione di potenza nel formalismo giuridico e costituzionale. Entrambe sono infatti Gemeinshaft, cioè società di popolo unite dallo scopo identitario. Per un finanziere speculatore sono chiaramente due nemici da abbattere. Il prototipo della Gesellshaft mondiale, la società aperta, cioè la società di capitali il cui scopo è il profitto, è per Soros l’Italia, mentre il Regno Unito è il necessario raider finanziario, pragmatico, efficiente e flessibile che geneticamente più gli rassomiglia.