L’economia italiana, che dipende per circa il 30% del Pil dall’export sia nel mercato globale, sia verso la Germania che a sua volta è dipendente dalle esportazioni per oltre il 50% del Pil, è tra quelle potenzialmente più danneggiate dall’inasprirsi della montante guerra dei dazi. La scorsa settimana Washington ha imposto dazi pesanti a centinaia di merci cinesi e Pechino ha reagito in modo simmetrico. Ma nei confronti dell’Ue il conflitto è ancora limitato, pur con Trump minaccioso a parole.
Il mercato lo ha notato e sta scommettendo sulla tenuta di un sistema euroamericano che manterrà sufficientemente aperto e dinamico il mercato internazionale. Per tale motivo le Borse non hanno mostrato cali, anzi. Il conflitto tra Washington e Pechino ha come causa più la volontà statunitense di frenare l’espansione della potenza cinese che il riequilibrio commerciale, come la guerra antica tra Roma e Cartagine, totale. Per vincerla l’America avrà bisogno di alleati e ciò rende probabile che limiti la frizione con l’Ue e che cerchi una riconvergenza con la Russia.
Potremo capire se ciò è vero nelle prossime settimane, in particolare nel summit Nato dell’11-12 luglio e nell’incontro Trump-Putin di fine mese. Ma già ora è chiaro che la Germania è in difficoltà perché vuole una Ue neutrale per mantenere gli accessi nei mercati sia cinese, sia americano. Trump sta concentrando la dissuasione su Berlino proprio per mostrare che ciò sarà impossibile. Parigi, meno sensibile all’export, persegue in modi irrealistici una Ue terza forza globale capace di trattare alla pari con Cina e America.
La Cina, poiché dipendente dall’export, cercherà soluzioni diplomatiche, ma senza arrendersi. Infatti, sta contenendo la svalutazione dello yuan che è un’arma per contrastare i dazi, ma segnalando che potrebbe farlo, destabilizzando il globo. L’America non si farà intimidire da tale minaccia.
In questo scenario incerto l’interesse economico dell’Italia per evitare guai, tuttavia, è chiaro: spingere l’Ue a una convergenza euroamericana perché il mercato statunitense è più importante di quello cinese e a riaprire l’accesso a quello russo per compensare eventuali riduzioni degli scambi con la Cina. Ciò è in sintonia con l’interesse statunitense, in forte divergenza con l’idea francese di sovranità europea, ma è più rilevante la posizione di Berlino. Pertanto una forte scelta atlantica di Roma è la chiave per convincere Berlino a collocare l’Ue in una posizione geo-economica meno rischiosa.