«Le critiche di Obama all’austerity della Merkel sono soltanto una messinscena per accontentare le lobby degli esportatori americani. In realtà, la Casa Bianca è molto soddisfatta per le conseguenze della politica economica della Germania, dalla quale a essere danneggiati sono soltanto i paesi dell’Europa Meridionale come l’Italia». Lo afferma Claudio Borghi Aquilini, professore di Economia degli intermediari finanziari all’Università Cattolica, dopo che gli Stati Uniti hanno accusato Berlino di essere responsabile della recessione europea e della disoccupazione di milioni di giovani. In realtà, per Borghi Aquilini, «quanto sta avvenendo nella nostra economia è paragonabile all’ippica, dove si mettono dei pesi ai cavalli più forti per impedire che vincano troppo facilmente. Il problema però è che in Europa c’è un’unica moneta e ciò fa sì che il cavallo italiano porti i pesi anche per conto di quello tedesco, pur senza avere i vantaggi di quest’ultimo».
Professor Borghi Aquilini, perché ritiene che le critiche di Obama alla Merkel siano soltanto una messinscena?
Per comprenderlo bisogna spiegare la situazione che si è realmente determinata. In questo momento l’Europa è diventata esportatore netto. Fino a due o tre anni fa, prima dell’inizio delle severe politiche di austerità, c’erano una Germania che esportava e un’Europa meridionale che importava. La recessione ha però fatto crollare le importazioni di paesi come Italia, Spagna e Grecia.
Quali sono state le conseguenze?
Le bilance commerciali dei paesi del Sud sono andate in pareggio e quelli del Nord hanno continuato a esportare su altri mercati. Il risultato è stato che numerose imprese americane, che in precedenza esportavano in Europa, si stanno lamentando in quanto a causa dell’austerità non riescono più a vendere.
È per questo che gli Stati Uniti hanno attaccato la politica economica tedesca?
Alcune lobby americane hanno chiesto alla Casa Bianca di intervenire, in quanto i fatturati delle imprese esportatrici stanno diminuendo perché italiani, spagnoli e greci non acquistano più. Quest’anima sta premendo Obama, ispirandogli prese di posizione come questa contro l’austerità della Merkel. In America c’è però un’altra anima…
Quale?
Quella più finanziaria, la quale sa benissimo che il fatto che l’Europa diventi esportatore netto fa salire l’euro. La conseguenza è che il dollaro scende, e alla Fed ciò è visto con grande soddisfazione. Quelle di Obama contro la Merkel sono quindi soltanto delle schermaglie per accontentare le lobby interne, ma sotto sotto quanto sta avvenendo in Europa non dispiace affatto al presidente Usa. A subire le conseguenze di quanto sta avvenendo sono infatti soltanto i paesi dell’Europa Meridionale.
Per quali motivi?
Dopo che l’austerity ci ha portati in recessione, adesso dovremo fronteggiare anche l’euro forte. Ciò è ancora più dannoso per le nostre imprese e per la timida sopravvivenza garantita dalle nostre esportazioni. Le cose non sono semplici dal punto di vista geopolitico, e l’unica certezza è che da tutto ciò per l’Italia non viene nulla di buono in nessun caso.
Può spiegare in che modo le esportazioni provocano un apprezzamento dell’euro?
Il fatto che un Paese esporti tanto significa che i suoi prodotti sono molto ricercati. Esportazioni alte significa più domanda, e quindi per comprare i suoi beni che sono così richiesti diventa necessario acquistare la sua moneta. Un rivenditore cinese che vuole acquistare una Bmw deve cioè vendere il renminbi e comprare gli euro. Aumentando la domanda estera di moneta dello Stato esportatore, sale quindi il prezzo della moneta stessa.
Quali sono gli effetti provocati in un secondo momento da questo apprezzamento?
I listini in ascesa riequilibrano la bilancia commerciale, in quanto fanno salire i prezzi dei beni esportati e di conseguenza la domanda cala. Il problema però è che tutto ciò determina un calo degli acquisti dei beni italiani, dovuto paradossalmente alla domanda elevata di prodotti tedeschi. Gli Stati europei si trovano infatti in un’area che subisce gli effetti delle stessa moneta, ma non divide i profitti.
Può spiegarlo con un esempio?
È come quando nelle corse di ippica si mettono dei pesi sui cavalli considerati particolarmente bravi, per evitare che vincano troppo facilmente. Questo peso superiore dipende cioè dal fatto di essere un cavallo forte, in modo da tenere bilanciata la situazione. Il fatto di trovarsi in un’unione monetaria con la Germania comporta per l’Italia di dover sopportare i suoi stessi pesi, nonostante il fatto che siamo un cavallo debole.
(Pietro Vernizzi)