Tanto rumore per nulla. Questo in sintesi il senso di due settimane di tam tam mediatico in cui il Presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta è stato “ospite d’onore” (come piace tanto a lui) delle prime pagine di giornali e Tv. E adesso quella che appariva una tempesta che avrebbe dovuto travolgere irrimediabilmente lui e il suo cerchio magico, sembra improvvisamente sedata, quasi come accadde alla barca di Pietro sull’orlo del naufragio: lì fu necessario svegliare Gesù che “dormiva”; qui non è stato necessario neanche chiedere l’intervento esplicito di Renzi perché le acque si placassero.
Crocetta, entrato giovedì da imputato senza speranza di assoluzione a sala d’Ercole, sede di quella Assemblea Regionale che lo aveva chiamato a rendere conto del suo operato, ne è uscito tra gli applausi dei deputati.
Ma come è potuto accadere, si chiedono coloro che credono ancora che quando un politico viene unanimemente definito incapace di governare dovrebbe lasciare il campo? La risposta è semplice. Coloro che si pongono tali “ingenue” domande credono ancora che esista la politica e che quindi se un “politico” non è in grado di governare debba essere mandato via. Ma questi sono retaggi del passato, quando i governi duravano meno di un anno e in una legislatura di 5 anni se ne susseguivano anche 6 o 7. Ma adesso non è più così. Chi ha un mandato frutto di una elezione diretta, a partire dai sindaci fino al nostro Crocetta, sanno che niente e nessuno li può scalzare da quella poltrona (anche in barba alle tante dichiarazioni beffarde fatte sull’argomento).
E quindi, perché Crocetta avrebbe dovuto dimettersi per una telefonata di due anni fa, della esistenza a tutt’oggi dubbia e dai contenuti penali non rilevanti? Ma per nessun motivo! Ci hanno creduto solo coloro, la stragrande maggioranza dei siciliani, che pensavano ingenuamente che questo “incidente” avrebbe potuto sostituire l’atto politico per antonomasia: le dimissioni. Ma le dimissioni per motivi “politici” avrebbero richiesto l’ammissione della più grande fra le responsabilità: l’incapacità a governare e questo avrebbe significato far rientrare il campo la politica. Ma la politica non esiste più né nei palazzi del Governo (gli assessorati) né nel palazzo dell’assemblea legislativa (l’ARS), sostituita dal oltre due anni da decisioni schizofreniche, approssimative, spesso in violazione di legge, senza una strategia complessiva.
La prova di tutto ciò sta nell’intervento che Crocetta ha svolto (per la prima volta il testo è stato letto e non recitato a braccio) in Assemblea Regionale. E’ stato un riassunto delle esternazione fatte ai cronisti da quando decise di rompere il “silenzio stampa” che si era imposto, senza alcun riferimento alla situazione politica in cui la Sicilia si dibatte ormai da anni. Unica novità: ha tirato in ballo la Massoneria, che finora era stata esclusa dei suoi nemici. Solo un accenno ai temi politici per dire che se ne sarebbe parlato dopo e altrove: ma a che serve allora riferire all’Ars? Nessuno glielo ha chiesto, meno che mai i deputati presenti.
Né il dibattito successivo ha aperto alcun tema politicamente “rilevante”. Nessuno dei parlamentari ha chiesto, dopo l’ennesimo elenco di cose non fatte o fatte male, di mandarlo a casa, perché si è preferito parlare di intercettazioni false piuttosto di dar seguito ai fatti che sono sotto gli occhi di tutti: le migliaia di disoccupati create durante gli anni del suo governo, i tagli alle pensioni dei regionali, gli unici a “contribuire spontaneamente (sic)” al deficit regionale che cresce, malgrado il suo rigorismo moralistico, i 38 assessori cambiati in 33 mesi di governo (per il prossimo è questione di ore). Mentre in aula si aggirava lo spettro di una finanziaria di cui non si sa come far quadrare i conti. Insomma si è parlato di tutto tranne che dell’efficacia e della competenza dei tre governi crocetta in meno di tre anni.
Cosa resta di questa ennesima sceneggiata? I morti e i feriti sul campo: prima tra tutti l’assessore alla Salute, Lucia Borsellino che ha lasciato a testa alta un assessorato in cui hanno cercato (in primis Crocetta e i suoi) di farle piegare la testa ripetutamente. Poi il medico di Crocetta, Tutino, che dovrà occupare in futuro molto del suo tempo per dimostrare l’estraneità a fatti (penalmente rilevanti) noti da tempo a molti e ora conosciuti da tutti. E ancora – forse – la fine dell’antimafia in stile crocettiano, fatta di proclami e velate minacce, sempre in attesa di conferme, di cui Manfredi Borsellino ha scoperchiato il pentolone nel giorno dell’anniversario della morte di suo padre.
Rimangono anche quelli che si pensava non dovrebbero esserci più: innanzitutto il segretario generale della Presidenza della Regione, Patrizia Monterosso, che con sentenza definitiva della Corte dei Conti dovrà restituire 1,3 milioni di euro per somme spese extra budget negli anni in cui era dirigente generale dell’assessorato alla Formazione per fondi assegnati a enti di formazione in aggiunta a quelli previsti dal Prof 2007.
Poi Antonino Ingroia che nel breve spazio di un mattino è passato dalla sfida a Napolitano alle scartoffie di Sicilia e-Servizi, società regionale in cui è riuscito a far assumere personale pur in presenza di un dissesto finanziario, per risanare il quale era stato inviato lì proprio da Crocetta. Per precisione va aggiunto che a essere “rinviato a giudizio” dalla Procura contabile e a essere sotto indagine dai magistrati palermitani, è lo stesso Crocetta, che poche settimane fa ha dovuto rispondere alle domande dei pm.
E poi gli assessori “politici” stirpe maledetta per Crocetta che ne ha sempre negato l’esistenza, fino al punto da far credere che Franco Battiato o Antonino Zichichi fossero di stirpe superiore e che ora pian piano, in forza della “pace coatta” stipulata con Roma, rientrano alla chetichella nel suo Governo.
Già, la pax romana!. Era stata siglata prima delle sue dichiarazioni in Ars, ma pubblicizzata con suo ennesimo e ultimo proclama: datemi alcuni mesi per risolvere i problemi più urgenti e poi toglierò il disturbo. Questo il senso delle conclusioni del suo discorso. Ma si sa, in politica le decisioni assunte prima delle ferie estive a Roma si prendono a fine settembre, in Sicilia prima di Natale, ma poi viene Natale ed è meglio rimandare tutto a Pasqua, o forse dopo, comunque prima dell’estate. E così sarà trascorso un altro anno. Quello necessario per consentire ai novanta deputati di finire di pagare i debiti contratti per essere eletti e tentare di tornare a Sala d’Ercole dove, lo sanno bene, troveranno 30 seggi in meno.
E dunque se questo è il vero rischio, il vero problema, il vero nodo da sciogliere ecco la soluzione prospettata da Crocetta come chiusura magistrale del suo intervento: “Il futuro di questa legislatura dipende dalle vostre scelte, spero non condizionate da Roma”. Ed ecco sedata con una battuta la finta tempesta. Io non posso dimettermi per il bene dei siciliani perché il mio compito salvifico non è concluso. Potete farlo voi, liberamente, senza diktat imposti da Roma, solo se lo volete. Ma chi crederà mai a 90 deputati che hanno sempre sostenuto il governo Crocetta che non ha mai avuto una sua stabile maggioranza, fin dal suo insediamento? Quindi si prosegua sulla strada tracciata, perché come si dice in Sicilia, per minimizzare la gravità di un avvenimento oggettivo: “nienti ci fu”!