Sappiamo che vorrebbe cestinare un’intera classe dirigente perché obsoleta, che sa comunicare, parla bene, gira in camper ed è giovane. Ecco, sappiamo soprattutto che è giovane. Da quando il sindaco di Firenze ha ufficializzato la sua candidatura alla primarie del centrosinistra, in molti continuano a porsi al medesima domanda: al di là del dato anagrafico, cos’ha Renzi in più, in meno, o di diverso rispetto all’avversario, Pierluigi Bersani? Che darà anche un’impressione tutt’altro che di freschezza, né può dirsi che irradi luce, entusiasmo o energia. Ma, per lo meno, sappiamo chi è, cosa vuole e come intende cambiare l’Italia. Abbiamo chiesto quindi, a Tommaso Nannicini, l’economista di fiducia di Renzi, come il sindaco di Firenze intenda operare se dovesse vincere le primarie e le elezioni.
Pensa che l’Italia dovrebbe accedere alle risorse del Fondo salva stati?
Credo che l’argomento sia prematuro. Si tratta di una situazione da valutare strada facendo. Di certo, fin da subito, l’Italia dovrebbe mettersi nelle condizioni di non doverli richiedere. Insistendo, cioè, in quell’operazione di recupero di autorevolezza iniziata dal governo Monti, volta a convincere i mercati della nostra capacità di saldare i nostri debiti.
Come si connoteranno i vostri rapporti con i principali attori europei, con Francia e Germania, in particolare?
La ritrovata credibilità del nostro Paese in ambito europeo non risiede unicamente nel prestigio del premier, ma anche nel tentativo di indicare una via italiana per l’uscita dalla crisi dell’euro: i Paesi del centro non intendono aiutare quelli periferici, mollando la corda sulle tensioni inflazionistiche, perché temono che poi non rispetteranno i patti; i paesi periferici, dal canto loro, temono che facendo i compiti a casa, si determinerà una situazione di rigore senza sviluppo che inasprirà la fase recessiva. Ebbene, per uscirne è necessaria, da una parte, l’accettazione di maggiore condizionalità nelle politiche di bilancio in cambio, dall’altra, della concessione di una strategia di sviluppo. Ciascuno, in sostanza, deve cedere su qualcosa.
Quindi, che fare per rilanciare lo sviluppo?
Occorre una terapia shock in termini di riduzione della pressione fiscale per chi crea ricchezza, quindi per le imprese; recuperare produttività sul fronte della burocrazie e delle istituzioni, attraverso l’implementazione di seri criteri di valutazione e selezione in seno alla scuola, all’università e alle amministrazioni pubbliche; completare il percorso di riforme inaugurato dal governo Monti. Tenendo presente che la capacità del nostro Paese non proviene da politiche industriali o da scelte politiche ma dalla capacità di rimettere al centro, per usare un termine di una recente mostra della Fondazione per la Sussidiarietà, quell’imprevedibile istante in cui la persona supera la paura di rischiare e ritrova la voglia di innovare e investire sulla proprie capacità.
Sappiamo che Bersani introdurrà una patrimoniale. Voi?
Siamo convinti, anzitutto, che la patrimoniale, in Italia, già c’è. Si tratta dell’Imu e del prelievo sui conti titoli e depositi. In ogni caso, credo che si tratti di una questione che sposta l’attenzione sulla battaglia elettorale interna che su quello che effettivamente serve al Paese. Intendo dire che occorre un riequilibrio del carico fiscale da chi crea ricchezza verso chi la detiene, avendola spesso accumulata anche all’ombra di decenni di debito pubblico. L’operazione è stata compiuta, dal governo Monti, al 50%, proprio attraverso lo spostamento del carico sui detentori di ricchezza. L’attenzione, ora, va concentrata sul restante 50%. In sostanza, finora, il governo Monti non ha potuto abbassare l’imposizione di lavoratori e imprese a causa della necessità di superara l’azione dei mercati sul nostro debito pubblico.
In tal senso, avete proposto di detassare di cento euro le buste paga di ogni lavoratore che prende meno di 2mila euro netti al mese
Si tratterebbe di una misura non strutturale, ma di forte impatto, in grado di dare un forte messaggio alle famiglie, specialmente quello con redditi più bassi, incrementando il loro potere d’acquisto, particolarmente penalizzato dalla crisi.
Quanti soldi servirebbero?
Dieci miliardi?
Dove pensate di trovarli?
Attraverso una riorganizzazione dei sussidi discrezionali alle imprese, e agendo sulle spese per acquisti e forniture ingiustificate della pubbliche amministrazioni.
Qualunque governo, in un modo o nell’altro, deve avere rapporti con la Fiat. Voi, se vincerete le primarie e le elezioni, come li imposterete?
Giudico positivamente il tentativo di interlocuzione del governo Monti. Continueremo su questa linea. Senza alcuna volontà di interventismo, e chiarendo che non c’è alcuna volontà di ingerenza, ma la voglia di comprendere la strategie di medio periodo dell’azienda.
(Paolo Nessi)