La controreplica sul caso migranti-Tunisia arriva ancora dal Ministro Salvini che dopo neanche due giorni deve provare a chiudere uno spinoso caso diplomatico scoppiato per le sue frasi rilasciate in Sicilia: «C’è la più ferma disponibilità a incontrare il mio omologo tunisino per aumentare e migliorare la cooperazione nel reciproco interesse sul fronte sicurezza, immigrazione e contrasto al terrorismo», spiega il vicepremier leghista, sempre rimanendo nel pieno silenzio l’altro collega di Governo ancora “assente” dalle polemiche immigrazione di queste ore. Ora sarà probabile che nelle prossime settimane si potrà tenere il vertice italo-tunisino non solo per risolvere l’incidente diplomatico ma anche per discutere nel dettaglio tutti i possibili piani per accordi bilaterali – sulla scia di quelli firmati dal precedente ministro Minniti con le forze politiche della Libia. Per fare questo però occorre un buon rapporto diplomatico e una buona disponibilità da entrambe le parti: l’incidente di queste ore, a maggior ragione, deve terminar il prima possibile per evitare qualche complicazione in più.
TUNISIA: “STUPITI PER LE FRASI DI SALVINI”
Il Governo della Tunisia si dice del tutto esterrefatto e colpito dalle frasi detterei dal ministro Salvini rispetto al grande tema dell’immigrazione (“E’ un Paese libero e democratico che non sta esportando gentiluomini ma spesso e volentieri esporta galeotti. Parlerò con il mio omologo tunisino”): per questo motivo e per queste frasi Tunisi ha convocato l’ambasciatore italiano Lorenzo Fanara per spiegazioni ufficiali. «La Tunisia esprime il suo profondo stupore per le dichiarazioni del ministro degli Interni italiano sul dossier immigrazione. Le dichiarazioni di Matteo Salvini non riflettono la cooperazione tra i due Paesi nel campo della gestione dell’immigrazione», spiega in una nota del ministero degli Esteri di Tunisi. Non solo, secondo la diplomazia tunisina, le parole di Salvini denotano una profonda «mancanza di conoscenza dei vari meccanismi di coordinamento stabiliti tra i servizi tunisini e italiani responsabili della lotta contro la migrazione irregolare». Dopo due giorni di Governo c’è già il primo scontro diplomatico istituzionale..
ATTACCO DELL’ONLUS MALARICA
Le dichiarazioni e le linee guida di Matteo Salvini per contrastare l’immigrazione hanno trovato la replica e le polemiche dell’opposizione e di numerose Onlus. A fare scalpore in particolare l’affermazione “per i clandestini è finita la pacchia”, con il ministro dell’Interno che è finito in una spirale di critiche. La Onlus MamAfrica ha commentato così su Facebook le dichiarazioni del segretario della Lega, in relazione al tragico assassinio di un bracciante del Mali in Calabria: “”È finita la pacchia, comincia il tiro al bersaglio! Ammazzato in Calabria un bracciante del Mali attivo nelle lotte con USB. Lunedì 4 giugno sciopero generale dei braccianti”. Queste son le conseguenze del continuo clima d’odio che stiamo respirando. È finita la pacchia”. Questo, invece, il commento sulla dichiarazione riguardo i 5 miliardi di euro da eliminare per i migranti: “Il ministro Salvini sbaglia calcoli: la spesa-accoglienza è 2 miliardi in meno Fact checking: Salvini ha annunciato di voler tagliare 5 miliardi, ma la cifra per la sola assistenza dei migranti è inferiore”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
“AL VIMINALE IN PUNTA DI PIEDI”
Nell’intervista a Rtl 102.5, Matteo Salvini ha aggiunto di non voler entrare con “la gamba tesa” nei lavori e nei processi già in atto al Viminale dopo l’arrivo di Minniti due anni fa: «Non arrivo al ministero dell’Interno con la clava a cambiare a tutto – ha spiegato ai colleghi in radio -. Arrivo in punta di piedi per studiare, per ascoltare,per capire. Sull’immigrazione c’e’ tanto da fare: ci sono accordi di riammissione con alcuni Paesi, con altri non ce ne sono, alcuni invece non li rispettano». Per il leader della Lega insomma, al netto degli slogan e dei comizi, «non ci sono bacchette magiche. Occorre lavorare sulla riduzione dei costi, perché non è possibile che l’Italia sia il Paese europeo che paga di più coloro che soggiornano qua e fanno domanda di asilo politico: Occorre lavorare sui tempi perché non è ammissibile che ci si mettono due anni e mezzo dallo sbarco alla chiusura della pratica di asilo politico», ha rilanciato il neo Ministro dell’Interno che ha sottolineato come ad oggi lo status di rifugiato politico viene concesso a 6 immigrati su 100, secondo le statistiche. L’appello finale è di nuovo all’Ue e con toni non esattamente distensivi: «Le parole non bastano più: occorre un intervento economico e giuridico, l’Italia non può essere trasformata in un campo profughi a nome e per conto del’Europa».
“MINNITI HA FATTO UN DISCRETO LAVORO”
Nuovo Governo M5s-Lega, tiene banco la questione migranti. Matteo Salvini, neo ministro dell’Interno, ha indicato la strada da seguire nel corso delle interviste e dei comizi delle ultime ore, sottolineando che l’Italia non è il campo profughi dell’Europa. E sono giunte anche parole di stima nei confronti del lavoro svolto nel corso degli ultimi mesi da Marco Minniti, al Viminale per il governo di Paolo Gentiloni, ma il leader della Lega è stato chiaro: o ci sarà l’aiuto dell’Unione europea o verrà seguite altre strade. Intervistato da RTL 102.5, trasmissione Non stop news, il segretario del Carroccio ha commentato: “Lavoreremo per sensibilizzare i nostri vicini, l’Italia non può essere trasformata in un campo profughi: mi auguro di essere all’altezza, vorrei dare più sicurezza ai cittadini italiani, a partire dalle donne e dagli uomini delle forze dell’ordine”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
“NON SIAMO CAMPO PROFUGHI UE”
Parlando dall’hotspot di Pozzallo, il Ministro dell’Interno ha ricordato al proprio partner di Governo del M5s che la prossima settimana «diremo no alla riforma del regolamento di Dublino e a nuove politiche di asilo, occorre ricontrattare in Unione Europea». Nelle ultime ore sul fronte migranti – mentre imperversano le notizie terribili dei naufragi in Tunisia e Mar Egeo – sia Francia che Germania hanno dato piena disponibilità e solidarietà alle situazioni di ingente difficoltà cui è sottoposta l’Italia da anni per l’accoglienza dei migranti e rifugiati da mezza Africa. Salvini accetta gli aiuti ma sottolinea, «Aspettiamo che passino dalle parole ai fatti». Ha poi fatto riferimento anche al mancato controllo che spesso si evidenzia negli stati di Tunisia e Marocco, in particolar modo sui primi denuncia «E’ un Paese libero e democratico che non sta esportando gentiluomini ma spesso e volentieri esporta galeotti. Parlerò con il mio omologo tunisino», ha ricordato ancora Salvini. Prima Pozzallo poi Riace, i sindaci lamentano le parole molto dure usate dal leader leghista nelle scorse ore sull’emergenza immigrazione e la necessità di superare il concetto di Sicilia “campo profughi dell’Europa”. «Non sono stato severo col sindaco di Riace, se mi dice che per ripopolare il proprio paese sono necessari i migranti, credo che non sia la soluzione migliore. I borghi e i paesi non si ripopolano con i migranti», ha rilanciato ancora il Ministro dell’Interno davanti ai giornalisti di Modica.
SINDACO DI POZZALLO: “NOI CITTÀ DI ACCOGLIENZA”
Nella sua discesa in Sicilia, Salvini ha fatto visita a Catania dove ha rilanciato il tema dei migranti prima di incontrare il sindaco e la comunità di Pozzallo nell’hotspot della città ragusana tra i più frequentati dai flussi migratori in questi ultimi due-tre anni. Un confronto acceso e dove i giudizi e le idee sono risultate assai diverse tra il primo cittadino Roberto Ammatuna e il neo Ministro degli Interni Salvini: «Ho detto al ministro che Pozzallo vuole essere una città di accoglienza e legalità. Non ho condiviso le sue parole di ieri ma l’incontro è stato rassicurante», ha spiegato al Giornale di Sicilia il sindaco esponente del Pd. Sul timore che Salvini, assieme all’accordo con Di Maio, possa arrivare a chiudere l’hotspot di Pozzallo, è ancora Ammatuna a raccontare il suo diretto pensiero: «Non penso che il ministro possa pensare di chiudere una struttura così fondamentale. Spero che l’interlocuzione virtuosa che c’era con Minniti continui ma il ministro mi è parso molto aperto». La proposta della comunità è quella di costruire più banchine per l’attività commerciale visto che con l’arrivo di barconi, Ong e Guardia Costiera, hanno diminuito drasticamente i mezzi per la pesca e le attività commerciali della zona. Salvini aveva invocato l’intervento anche dell’Europa per non trascinare la Sicilia in un «immenso campo profughi», ma il sindaco prova a replicare a livello pubblico, «La Sicilia non è un campo profughi d’Europa, qui ci sono spiagge piene e turisti».
“MIGRANTI? LINEA DEL BUON SENSO”
In una intervista esclusiva a Tg Com24 il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha voluto precisare le prime parole riportate ieri sera nel comizio di Vicenza: sceso a Catania per sostenere il candidato sindaco del centrodestra, Salvo Pogliese, il leader della Lega ha spiegato che la linea del Governo sul fronte immigrazione non sarà dura ma “del buon senso”. «Sui migranti non terremo una linea dura, ma di buon senso: non è mai la violenza la risposta per risolvere alcun tipo di problema. Voglio lavorare per cambiare le leggi perché troppo spesso puniscono persone perbene e premiano i delinquenti». Salvini ha comunque aggiunto che non rimarrà immobile nel vedere l’ennesima estate di sbarchi in Sicilia e ha spiegato, davanti alle nuove tragedie avvenute nelle scorse ore sul Mar Egeo e in Tunisia, «Oggi altri morti in mare: il Mediterraneo è un cimitero. C’è un unico modo per salvare queste vite: meno gente che parta, più rimpatri. La vita è sacra e per salvarla bisogna evitare che salgano sulle carrette del mare. Da ministro farò di tutto, lavorando con quei governi, per evitare le partenze di quei disperarti che pensano che c’è l’oro in Italia. Non c’è lavoro per gli italiani, non c’è nulla di semplice. Al governo non ci sono né Batman né Robin». Ci vogliono meno sbarchi per poter salvare più vite: questa è la linea del “buon senso” impostata da Salvini e portata come avviso a quel Viminale che nelle scorse ore ha frenato sui “rimpatri di massa” evocati da Salvini stesso nel comizio di ieri sera.
MINNITI, “L’ITALIA NON È L’UNGHERIA DEL MEDITERRANEO”
Dopo le distanze evidenziate tra il Ministro Salvini e lo stesso Viminale, giungono critiche “importanti” al neo inquilino degli Interni dal suo appena ex predecessore: Marco Minniti in una lunga intervista al Corriere della Sera ricorda che l’Italia ha «sempre coltivato il dialogo tra Est e Ovest, ma non è mai stata un Paese dell’Est al confine con l’Ovest. Non possiamo diventare un’Ungheria al centro del Mediterraneo», ribadendo la necessità di accoglienza mista alla regolamentazione e non solo di “rimpatri di massa”. L’ex inquilino del Viminale chiede a Salvini di non distruggere l’attuale modello anti-terrorismo e anti-sbarchi portato faticosamente avanti dopo anni di insuccessi e problemi. «Quello attuale è Il governo dell’ignoto, Il contratto, le dinamiche di costruzione della squadra, il profilo politico: tutto dà l’idea di un vuoto davanti a noi», spiega preoccupato Minniti che evidenza la forzatura di Salvini e Di Maio che decidono su tutto, ben al di là del premier Conte. Sul tema migranti, ad esempio, Minniti sottolinea che «i flussi migratori non si possono cancellare, si possono governare. È quel che abbiamo fatto. Siamo all’undicesimo mese consecutivo di riduzione degli arrivi. Rispetto al primo luglio del 2017 sono arrivati 122 mila migranti in meno».
SALVINI, “CLANDESTINI, LA PACCHIA È FINITA”
Primo giorno da Ministro degli Interni e primissima polemica sollevata: Matteo Salvini nel suo primo comizio da Vicenza dopo la formazione del neo-Governo gialloverde ha parlato della questione centrale del suo Dicastero e di tutta la campagna elettorale leghista di questi ultimi anni. «Per i clandestini è finita la pacchia, devono fare le valigie, con calma, ma se ne devono andare»: parole nette, chiare e durissime sul fronte migranti dopo che il Governo Renzi-Gentiloni ha forse perso larga parte della sfida politica proprio su questo tema (assieme a Lavoro e Scuola). Non solo, Salvini rilancia anche contro le tante ong presenti nel Mediterraneo, non tutte con “buoni fini umanitari”: «Stiamo lavorando sul tema e ho le mie idee: quello che è certo è che gli Stati devono tornare a fare gli Stati e nessun vice scafista deve attraccare nei porti italiani». In due punti “scacco” al politicamente corretto sul fronte immigrazione, attirandosi le prime critiche da Ministro per gli slogan utilizzati ancora da “campagna elettorale” benché ora sia un componente ufficiale del Governo italiano. La “sparata” da Vicenza prepara la prima visita ufficiale a Pozzallo (Ragusa) dove è avvenuto lo sbarco di migranti qualche ora fa: «Voglio andare in Sicilia per monitorare gli sbarchi. Adesso si sono un po’ calmati, ma solo perché c’è il mare mosso..».
LA “REPLICA” DEL VIMINALE
Poche ore prima del comizio di Vicenza, Salvini aveva partecipato ad un primissimo vertice ufficiale al Viminale dove i vari funzionari tecnici degli Interni avevano illustrato al vicepremier l’interezza dei problemi a 360°, oltre ad una sorta di bilancio della gestione appena lasciata da Marco Minniti. Un’eredità importante nella quale i funzionari hanno ricordato a Salvini che è attualmente impossibile impostare dei rimpatri di massa. «Oltre a essere molto costosi, circa 5.800 euro a espulsione, spesso non hanno successo perché non ci sono gli accordi di rimpatrio con i Paesi coinvolti. E anche il divieto di attracco non è plausibile, perché il regolamento sulle Ong è stato approvato in sede europea», avrebbero riportato gli alti tecnici del Viminale al leader leghista. Il problema resta e Salvini dovrà cercare con la sua squadra di Governo di continuare nel segno di Minniti e provare anche a fare meglio: «Voglio migliorare gli accordi con i Paesi da cui arrivano migliaia di disperati per il bene nostro e loro – aveva detto ancora Salvini ieri nella parata del 2 giugno. In Italia «non possiamo permetterci né per loro né per noi di continuare a mantenere alcune centinaia di migliaia», aveva poi proseguito Salvini con toni più concilianti. «Dobbiamo andare in Tunisia, da dove parte la maggior parte di chi sbarca, in Marocco, in Egitto, in Libia anche se la situazione è complicata, a concordare che le partenze devono diminuire nell’interesse di tutti. Dobbiamo aiutare, anche economicamente questi Paesi, in modo che crescano le aziende, si aiutino le famiglie, e non partano più barconi», conclude il neo ministro della Lega rispondendo a “tono” al suo stesso Viminale.