“Se la sinistra punta i piedi fino in fondo sulla riforma del Senato, Renzi non ha i numeri. E’ una battaglia che rischia di essere distruttiva, portando alla sconfitta tanto la sinistra Pd quanto il premier. Ormai il Pd è talmente legato alla figura e all’opera di Renzi che scommettere sulla sua sconfitta farà saltare il banco”. Lo evidenzia Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera, secondo cui il voto del Senato che ha scelto di non concedere gli arresti per Antonio Azzollini (Ncd) si spiega proprio in quest’ottica. “L’obiettivo – spiega Franchi – è ricompattare la maggioranza in vista della battaglia finale, quella sul Senato, caratterizzando il Pd sempre più come un partito di centro che guarda a destra”.
Secondo lei la politica italiana si sta già preparando per la “madre di tutte le battaglie” sulla riforma del Senato?
Il primo dato di cui bisogna prendere atto è che non bastano neanche i verdiniani per sostituire la minoranza Pd. Se si va allo scontro, messe così le cose per Renzi diventa un bel problema. Sulla riforma costituzionale non si può andare avanti a voti di fiducia, perché in tal caso mi sembra difficile che una parte notevole della sinistra Pd possa non andare allo scontro. Questo per Renzi è un passaggio cruciale carico di rischi. La sinistra Pd del resto per andare allo scontro deve anche stabilire che cosa vuole fare da grande. Se vai alla battaglia su un tema di questo tipo la convivenza sotto lo stesso tetto diventa sempre più difficile.
Eppure la riforma del Senato non mette alla luce uno scontro di potere tra Renzi e sinistra Pd, tale per cui se il primo vince la seconda scompare?
Non c’è dubbio, gli interessi politici sono totalmente divergenti. Il nodo non è tanto sul fatto che la sinistra se ne vada o meno dal Pd, ma su che cosa sia il Pd e se possa essere una casa in cui c’è spazio per tutti. Al momento il Pd è il partito di Renzi, ma con tutte le difficoltà che ciò comporta.
A quale difficoltà fa riferimento?
E’ difficile che sulla riforma del Senato si possa fare marcia indietro, ma mi sembra anche difficile capire quale sia la prospettiva di una sinistra che decidesse di uscire dal partito. Capisco tutto il valore che si annette o si dichiara di annettere alla questione del Senato e al fatto che sia elettivo. Ma è curioso che sia questo il tema fondamentale su cui la sinistra fa la sua battaglia.
La sinistra Pd sta regalando la vittoria a Renzi?
Non ci sono dubbi sul fatto che la sinistra Pd sia messa molto male e non abbia chiare le sue prospettive. Ciò prescinde dalla stessa partita con Renzi sulla riforma del Senato. Del resto se la sinistra punta i piedi fino in fondo, Renzi non ha i numeri. E’ una battaglia che rischia di essere distruttiva, e che se diventa incentrata sugli equilibri di potere del Pd porterà alla sconfitta tanto la sinistra quanto Renzi.
Il Pd imploderà sulla riforma del Senato?
Ormai il Pd è talmente legato alla figura e all’opera di Renzi che scommettere sulla sua sconfitta rischia di fare saltare il banco. Quindi da questo punto di vista è una situazione molto difficile. Non so dire se ci sia il rischio di un’implosione, certo è che quello sarà il momento decisivo.
Il voto su Azzollini va letto nell’ottica di salvare l’unità con Ncd, proprio in vista di questa sfida decisiva?
Questo elemento ha pesato fortemente. Negli ultimi tempi il Pd aveva sempre votato per la concessione degli arresti. Siccome non mi sembra che tutto ciò nasca da un’improvvisa voglia di garantismo, o che si sia vagliato nel merito se e quanto fumus persecutionis ci fosse o meno nei confronti del senatore Azzollini, il desiderio di salvare l’unità della maggioranza ha certamente contato, anzi è stato determinante. Non contesto nel merito la decisione di non concedere gli arresti nel caso di Azzollini. Ma credo che al di là di questo caso specifico, visti tutti i comportamenti precedenti fatico a individuare una motivazione diversa da quella che abbiamo detto.
Per Zanda, “nel Parlamento italiano il voto segreto è diventato un’arma politica, troppo spesso usato strumentalmente”…
Queste sono le tradizionali polemiche dopo un voto che va così, con una parte che dice “sei stato tu” e l’altra che dice “è stato l’altro”. Onestamente però chi siano e chi rappresentano quelli che hanno votato in modo diverso è difficile dirlo. Ci saranno sicuramente quelli che hanno pensato che le carte non erano sufficienti per farlo arrestare.
Quali prospettive apre l’ingresso dei verdiniani nella maggioranza?
In primo luogo è un ingresso nella maggioranza, non nel Pd. E’ comunque una prospettiva che corregge la natura di questa maggioranza parlamentare. Quello di Renzi è sempre più un partito di centro che guarda a destra, proprio come la Dc di De Gasperi era un partito di centro che guardava a sinistra. Sono tutte operazioni che hanno un senso rispetto all’acquisizione di forze parlamentari, ma che sono prive di qualsiasi prospettiva politico-elettorale.
In che senso?
Ciascuno di questi personaggi, con l’eccezione di D’Alema, non portano elettori. Resteranno in conto e in carico alla maggioranza, ma non credo che Verdini e i suoi abbiano un peso specifico elettorale. Sono movimenti di persone, di gruppi di potere e politici. Nel momento in cui Verdini passa dall’opposizione alla maggioranza, ciò accentua sotto al profilo politico e parlamentare la crisi del centrodestra. Anche se questo non è un ragionamento particolarmente significativo sul piano dei comportamenti elettorali. Non credo che per Forza Italia la fuoriuscita dei verdiniani comporterà un calo dei consensi al momento del voto.
(Pietro Vernizzi)