“Al Sud, a livello di collegi uninominali, il testa a testa tra centrodestra e M5s è molto serrato e nel 90% dei casi il centrosinistra è fuori dai giochi, essendo la terza forza. Qualche sorpresa potrebbe venire dalla Lega di Salvini, mentre la “quarta gamba” sfiora il 3%, anche se resta un partito più di territorio che di appartenenza ideologica, e quindi sempre un po’ sottostimato. Comunque gli indecisi, che oscillano intorno al 32-33%, e i giovani, il cui tasso di astensione è vicino al 37%, potrebbero essere decisivi nello spostare gli equilibri. E secondo me più che lamentarsi dell’astensionismo i partiti dovrebbero fare un esame di coscienza: gli elettori per decidere hanno bisogno di confronti, e i loro leader invece si sottraggono, tanto che questa è una campagna elettorale molto fredda e distante dalla gente”. Antonio Noto, fondatore e direttore di IPR Marketing, un istituto indipendente specializzato in ricerche e analisi di mercato, studi sull’opinione pubblica, ricerche sociali e istituzionali, dalla sua sede di Napoli, è un osservatore attento del Sud, non solo sotto il profilo delle dinamiche elettorali.
Ma partiamo dai sondaggi. Per molti osservatori il Sud sarà l’area decisiva. Come è oggi la situazione dei vari schieramenti?
A livello di collegi uninominali, proprio al Sud, c’è un testa a testa serrato tra centrodestra e M5s. Nel 90% dei collegi il centrosinistra è fuori dai giochi, essendo la terza forza. Il centrodestra è molto forte come coalizione, mentre il M5s in alcune zone di Campania, Puglia e Calabria viaggia intorno al 37-38% e ha più possibilità di vittoria.
Che cosa ci dicono i trend elettorali?
Gli ultimi flussi di voto danno in crescita centrodestra e M5s, mentre sono in calo centrosinistra e Liberi e Uguali.
E la “quarta gamba”?
Essendo i partiti di centro una formazione politica di territorio e di relazioni, dove cioè contano più gli uomini che l’appartenenza ideologica, è più difficile testarne la reale consistenza. In genere queste forze sono sottostimate, ma in base ai nostri sondaggi sono abbastanza vicine alla soglia del 3%, avendo proprio al Sud dei buoni bacini elettorali di riferimento.
Quanto pesano gli indecisi al Sud?
Il “partito degli indecisi” qui oscilla intorno al 32-33%, una percentuale più alta rispetto al Nord, dove i valori si attestano sul 27-28%. È importante ricordare che in Italia gli indecisi sono circa 10 milioni e che in massima parte rimarranno tali fino ad almeno tre-quattro giorni dal voto. Dal momento che i sondaggi rilevano solo le scelte chi ha già deciso, alla fine il loro peso sarà determinante e potrebbe sovvertire alcune previsioni.
Parliamo delle coalizioni. Nel centrodestra quanto può pesare la Lega?
Il peso della Lega sta diventando più consistente. Nel Meridione, negli anni precedenti, era praticamente ferma all’1-2% al massimo; in queste elezioni potrebbe anche superare il 4%. Ovviamente, non su tutto il territorio del Sud, perché la sua incidenza è a macchia di leopardo. Dalle nostre rilevazioni, per esempio, emerge che in alcune aree della Campania ci sono collegi in cui la Lega può arrivare al 5-6%. E i voti della Lega vanno a detrimento di Fratelli d’Italia, erodendo proprio in Campania una delle loro roccaforti. Insomma, il partito di Salvini non arriverà a risultati a due cifre, ma la Lega potrebbe raccogliere diverse soddisfazioni.
È una questione di uomini o di programmi? E la Lega non viene più percepita come un partito anti-meridionalista?
Qui al Sud i candidati leghisti sono poco conosciuti. E’ vero che c’è ancora una quota rilevante di elettori che li percepisce come anti-meridionalisti, ma l’azione di Salvini per renderla una forza più nazionale sta sortendo qualche effetto. E poi il tema dell’immigrazione è una tematica aggregante anche al Sud.
Il centrosinistra, si diceva all’inizio, è in calo. Una scivolata o uno smottamento?
Il calo del Pd non è un trend nuovo. Se lasciamo da parte l’exploit delle europee, quando anche al Sud il partito di Renzi arrivò al 40%, l’erosione di consensi è un fenomeno non nuovo. A novembre, alle regionali in Sicilia, il Pd si è fermato al 13% e alle ultime amministrative a Napoli viaggiava intorno al 10-11%. A questa discesa non è finora stato posto rimedio. In più, l’elettorato che lascia il Pd tende non a migrare verso LeU, che infatti è anch’esso in discesa, ma preferisce accasarsi con i 5 Stelle.
Veniamo proprio ai grillini. Come stanno andando?
Il M5s sta recuperando terreno, proprio più al Sud che al Nord. Il voto ai grillini non è tanto sulla fiducia o come premio al loro progetto politico, è ancora un voto dato per protesta.
Ma le difficoltà a livello amministrativo in alcune grandi città, come Roma o Torino, non frenano questa attrazione?
Non tanto. Il voto ai 5 Stelle resta sostanzialmente un voto di rabbia, un messaggio chiaro sulla volontà di resettare questo sistema, di protestare anche contro i propri partiti storici di riferimento.
Il M5s sta conquistando le simpatie del ceto medio del Sud?
Il Meridione non è diverso dal Nord, dove pure i grillini stanno conquistando consensi tra la borghesia più che tra la classe media. Anche perché i voti in fuoriuscita dal centrosinistra, che siano del ceto borghese o di altre classi sociali, non vanno tanto al centrodestra, quanto al partito di Di Maio. Il M5s è il loro sbocco naturale.
Anche al Sud l’astensione dei giovani sarà molto alta?
Sì. L’astensione nella fascia di popolazione che voterà per la prima volta raggiunge il 37%, quasi dieci punti in più rispetto alla percentuale che si registra a livello di popolazione complessiva. Ma la colpa non è tanto dei giovani e degli elettori in genere. Bisognerebbe riflettere sul fatto che questa campagna elettorale è molto fredda, distante dalla gente. Non tanto perché non ci sono comizi o manifesti. Il fatto è che non ci sono confronti tra i leader. In Francia o negli Stati Uniti il confronto tra candidati è un fatto di “galateo” istituzionale e politico, non ci si può sottrarre, e agli occhi dei cittadini-elettori è un appuntamento che attira e interessa molto, è un po’ come il Festival di Sanremo per noi italiani. Sottraendosi ai confronti, dunque, i nostri politici è come se “maltrattassero” gli elettori, i quali invece per poter esprimere il proprio voto vogliono il confronto, tra leader, idee e programmi.
(Marco Biscella)