È preoccupato l’ex ministro della Difesa, Mario Mauro, alla vigilia del risultato delle elezioni europee. Ma la preoccupazione non si traduce in rassegnazione o rinuncia. Nel corso di una conversazione telefonica con ilsussidiario.net, Mauro parla di un impegno per “una lunga marcia”, di una “sfida generazionale”, di “nuovo pensiero politico” da fondare, da divulgare, da porre in alternativa con lo schema di una ripetizione del provinciale “bipartitismo imperfetto” italiano, che questa volta si ridurrebbe a una contrapposizione tra “sistema e antisistema”.
Andiamo con ordine. Senatore Mauro, non le sembra che i toni finali di questa campagna elettorale si siano rivolti soprattutto al “cortile di casa” e non abbiamo invece avuto, come era doveroso, la visione di una politica europea?
Devo dire che sono di ritorno dall’Ucraina, dove non si sta svolgendo una “guerra civile”, come si favoleggia da queste parti, ma è ormai in corso una guerra. E dove purtroppo si intravede un durissimo braccio di ferro tra la Russia e gli Stati Uniti. Potrei fornire i particolari di quello che accadendo e di quello che si vede. Ecco, proprio guardando la situazione dell’Ucraina, mi chiedo se in Italia, ma anche in Europa, ci sia la consapevolezza di quello che sta accadendo. Che cosa altro occorre all’Italia e all’Europa per avere questa consapevolezza, per comprendere che l’Europa è l’unica realtà dove si possa trovare un senso compiuto a politica e democrazia? E invece qui si continua a parlare del “cortile di casa”, oppure ci si mette in fila per dire che si andrà a Bruxelles ad andare a battere i pugni sul tavolo per soluzioni e scelte alla fine contraddittorie. Quel tavolo alla fine, se si va avanti in questo modo, si sfascerà.
Come giudica questo dibattito italiano che ha potuto ascoltare in queste ultime battute di campagna elettorale?
È un dibattito perdente, limitato. Un dibattito rinunciatario, che non si pone neppure l’ambizione di guidare l’Europa verso il ruolo decisivo che può avere, quello appunto di dare un senso alla politica e alla democrazia. Si continua parlare di altro, in modo quasi grottesco, come quando ci si pone la domanda se uscire o restare nell’euro, forse dimenticando che il 70 percento dell’export italiano si realizza nell’Eurozona. Ma dove si finisce in questo modo?
Lei è l’anima di un nuovo gruppo, “Popolari per l’Italia” e avrebbe voluto costituire con altri gruppi di centro una Coalizione popolare, ma al momento questa operazione non è riuscita. Nel frattempo, l’attenzione mediatica si è concentrata sui “tre caballeros” che venerdì sera hanno tenuto banco sugli schermi televisivi. Matteo Renzi, Beppe Grillo e Silvio Berlusconi.
Renzi ha fatto una campagna politica quasi solitaria, senza coinvolgere molto il Pd. E il punto chiave della campagna elettorale di Matteo Renzi si è concentrata sugli 80 euro nella prossima busta paga di una fascia di italiani. Che cosa c’entra tutto questo con l’Europa e una nuova politica europea? E’ legittimo che Renzi dica queste cose, ma alla fine sembra ripetere una politica berlusconiana. Complessivamente però, tra la sua proposta, l’ansia di rottamazione e la campagna elettorale solitaria, emerge che il Partito democratico non ha saputo elaborare una autentica politica europea, una visione europea.
I 5 Stelle?
Il Movimento 5 Stelle voleva discutere di Europa, aveva parlato di sette punti che sembrano piuttosto misteriosi e irresponsabili. Il referendum sull’ euro? Che cosa significa esattamente e come si può realizzare? Poi si ripiegato sul solito “tutti a casa”, un tradizionale messaggio del qualunquismo italiano. Infine Berlusconi, con il suo discorso, che rappresenta veramente un dramma per la politica italiana, perché i suoi voti sono praticamente congelati, perché il centrodestra creato da Berlusconi è finito e finirà con Berlusconi e quindi una grande massa di voti resterà senza peso e senza cittadinanza, senza un valore reale. Facendo un bilancio di questa politica, credo di avere detto giustamente che la ripetizione nell’Italicum della ricerca di uno schema bipolare, in una situazione come quella in cui viviamo, alla fine porta a una alternativa tra sistema (Renzi) e antisistema (Grillo). E questo lascia l’Italia in mezzo al guado, in una situazione di estrema difficoltà.
Come si può uscire da questo guado, senatore Mauro?
Proponendo una nuova cultura politica, sfidando questa generazione a considerare che la persona, i suoi diritti, le sue ragioni vengono prima dello Stato, che può avere solo una funzione sussidiaria. È questo il motivo per cui oggi occorre impegnarsi.
Quello che lei sta dicendo è la riproposizione, finalmente, dell’articolo 2 della Costituzione, che non si cita mai e che molti sembrano aver completamente dimenticato. Anche il sottoscritto, che non vota da vent’anni, correrebbe alle urne per sottoscrivere un simile programma.
È la nostra sfida, la sfida per il futuro, che si può giocare soprattutto in Europa. E non bisogna rinunciarci.
(Gianluigi Da Rold)