Un Referendum Costituzionale che porti verso il nulla, una riforma che come le altre del governo Renzi che non arrivano a nessun obiettivo reale; le riforme come il Ponte di Messina, non portano a niente. Ebbene, chi ha osato ardire così tanto? Bersani, D’Alema, Cuperlo? O forse Grillo, Salvini e compagnia cantante? Ecco, niente di tutto questo: solo uno dei quotidiani economici più influenti al mondo (che non vuol dire impeccabili, intendiamoci), il Financial Times che ha voluto attaccare a fronte duro il governo italiano che rischia di fare la stessa fine del ponte di Messina, per l’appunto un “ponte verso il nulla, il referendum come tutte le riforme del premier”. Malino, nulla da dire: e come reagisce Renzi mentre cerca di convincere il proprio Pd che l’ingarbuglio con l’Italicum è assolutamente risolvibile? Eccolo, nell’intervista di ieri a Radio Capital: «Per mesi si era detto che c’era una svolta autoritaria, una deriva fascistoide poi si va a leggere il quesito. Nessuno confronto è inutile, ho chiesto al professor Zagrebelski se ci fosse un articolo che potesse far venire il dubbio di una svolta autoritaria ma non c’è. Si scopre che in ballo non è il futuro della democrazia ma della burocrazia». L’attacco è buono, anche se al momento non sembra esserci ancora un argomento forte né sul Sì né sul No che convinca davvero gli astanti cittadini. Renzi però va detto, ci prova fino all’ultimo e l’esempio sul Senato è quantomeno convincente dal punto di vista della resa: «La domanda non è sul mio futuro ma sul futuro delle istituzioni per i prossimi decenni. Si immagina un senatore che nel momento in cui vince il no a quel punto decide di contenere il costo delle istituzioni. Ci sono 60 giorni, ora l’obiettivo di fare il referendum su di me ce l’hanno altri».